Come volevasi dimostrare, abbiamo faticato persino col Pafos. Giusto per non scontentare nessuno e non fare a chi figli e a chi figliastri. 67 minuti per scacciare lo spettro di un nuovo Maccabi.
Questa era una di quelle partite, alle quali si sarebbe dovuto avere la decenza di non presentarsi affatto, restando a casa, andando alla Scala a vedere Lady Machbeth o qualsiasi altra cavolo di cosa che vi fosse passato per la mente. Perché di riffa o di raffa finisce sempre lo stesso modo, da 7 anni a questa parte. Tanto più ora, che non abbiamo più una squadra, ma un’accozzaglia di scappati-di-casa-ruba-stipendio.
Torna l’isola felice degli ottavi di Coppa Italia, il tempo e il luogo in cui qualsiasi Juve, degl’ultimi disastrosi anni, ha trovato ristoro. Poi la musica finisce, gli amici se ne vanno e come al solito: dopo la festa, dolore di tasca e dolore di testa.
Spalletti o non Spalletti (reazione o non reazione) contro la deficienza offensiva (e l’ingenuità difensiva) di questa squadra, nemmeno i miracoli possono qualcosa. Qualsiasi altra squadra di questa Champions questa partita l’avrebbe stravinta. Non semplicemente vinta. Contro questo pessimo Sporting solo noi potevamo pareggiare. Basta solo dare uno sguardo ai numeri della gara. Impietosi! Ma impietosì per noi, mica per loro; che dopo una gara passata a subire, evadono dallo Stadium lindi e pinti come Andy Dufresne.