mercoledì 30 agosto 2023

Oppenheimer - Christopher Nolan (2023) - distruggere mondi a colpi di cinema


Se c'è un regista che più di ogni altro negli ultimi anni è riuscito a coniugare cinema "alto" con le esigenze di botteghino è Christopher Nolan. Forse per questo non è stato mai davvero capito dalle frange più estreme dei due schieramenti. Per i fan del cinema "colto" il regista inglese utilizza troppi "spiegoni", scene ad effetto, "irruenza sonora" che sottolinea costantemente i momenti clou, per coloro che invece dal cinema cercano solo disimpegno puro, beh, non è difficile capire perchè non lo gradiscano. 
La sua forza sta invece proprio nell'unire due anime, due mondi profondamente distinti, che mai come nei suoi film riescono a trovare un contenitore che li amplifichi entrambi e crei una miscela esplosiva. Si potrebbe dire che quindi Oppenheimer, in un certo senso, simboleggia perfettamente il modo di fare cinema da parte di Nolan. Un cinema ambiguo, ambivalente, proprio come l'uomo che stava dietro il famigerato progetto Manhattan.

domenica 27 agosto 2023

Serie A 23/24 - 2ª Juventus-Bologna 1-1

 


“Stessa spiaggia, stesso mare, come l’anno scorso… ” cantava Edoardo Vianello. Vittoria per 3-0 all’esordio (Sassuolo/Udinese) e pareggio con una provinciale (Samp/Bologna). Tutto già visto, tutto gia vomitato. Le estati passano ma questa Juventus naviga in balia delle maree, senza né meta né terra in vista, come se per lei il tempo non passasse. Non vinciamo due gare iniziali consecutive dal 2019 (l’anno dell’ultimo scudetto) ma per i burocrati societari continua ad andare bene così.


mercoledì 23 agosto 2023

Painkiller - miniserie (2023)


E' evidente che nella sanità americana c'è qualcosa che non va. Fin dai tempi di Sicko, di Michael Moore, sono stati tanti i film o le serie TV che ne hanno messo in discussione la credibilità e i meccanismi distorti. In una nazione dominata dalle lobby e dalla ricerca forsennata del profitto è pressoché scontato che anche il dolore possa diventare uno spunto per fare soldi. Quando una persona è disperata, soffre, non trova vie di uscita tende a fidarsi di personaggi poco raccomandabili (maghi, truffatori, usurai...). Ma a volte capita che questi personaggi discutibili si nascondano dietro persone stimate, credibili (all'apparenza), legittimate dalla legge e dalla loro posizione di potere. Se un farmaco arriva nelle farmacie vuol dire che è sicuro, legale, soprattutto con pochi effetti collaterali. Non sempre, non in certi ambiti.

"Non è forse vero che la vendita del piacere è essa stessa il piacere?"

Painkiller è la storia della famiglia Sackler e in particolare di Richard, il nipote del fondatore della Purdue Pharma. Così come l'ingombrante parente ha in testa una sola idea: il profitto. Per risollevare la sua azienda troverà infatti un modo piuttosto ingegnoso e perverso: sfruttare il dolore delle persone. Assieme ai suoi dipendenti ideerà quindi l'Oxycontin, un antidolorifico "miracoloso" in grado di estirpare qualsiasi forma di dolore, dal più piccolo al più persistente e invalidante. L'effetto collaterale? Crea dipendenza, parecchia dipendenza. Ecco quindi che, grazie ad abili mosse di marketing, una massiccia campagna di "sensibilizzazione", qualche funzionario corrotto, una massa di dipendenti avvenenti e convincenti, quello che dovrebbe essere un oppioide destinato soltanto ai malati terminali finisce invece per essere venduto a tutti. Fa sparire il dolore, giusto? Quindi funziona. E' questo il senso e il meccanismo alla base del piano di Richard. Se poi quelli che ne fanno uso decidono di diventare dei "drogati" è solo colpa loro (questa è anche una delle strategie difensive col quale si difenderà a processo). Fu così che in quegli anni negli Usa ci fu una sorta di epidemia di persone dipendenti dagli oppioidi, con un bilancio di più di 200.000 vittime e un tasso di criminalità aumentato esponenzialmente nello stesso periodo. Tra coloro che si batteranno per mettere in luce le malefatte dei Sackler ci sará Edie Flowers, che scoprirà però ben presto come mettersi contro la Purdue non sará esattamente una passeggiata.

Painkiller è una serie piuttosto ingegnosa, grazie alla scelta di un cast particolare ma di alto profilo (finalmente rivediamo Matthew Broderick in un ruolo di rilievo che ne esalta la bravura), che si avvale di un montaggio serrato, a tratti sopra le righe, puntellato da un costante accompagnamento musicale che regala alla serie un retrogusto da videoclip. Uno stile che abbiamo già visto nel pioniere La Grande Scommessa e che qui viene riproposto in maniera simile ma non pedissequa. I buoni e i cattivi sono ben evidenziati fin da subito e lo svolgimento è piuttosto enfatico, come accade per molti prodotti dello stesso genere. Ma statistiche, dati, i disclaimer e (soprattutto) le introduzioni ad ogni puntata (dove parlano i veri parenti delle vittime) aiutano a riconnetterci con la cruda realtá della vicenda. Per dirla come uno dei motti della Purdue:"chi vuole fuggire dal dolore cerca il piacere", ma se questo piacere finisce per diventare una condanna a morte non c'è più grossa differenza tra un'azienda farmaceutica ed uno spacciatore, cambia solo il conto in banca.


"Sono stato forse io ad inventare la dipendenza? E' un qualcosa che esiste da sempre e sempre esisterà"

Painkiller è insomma a tratti un documentario, a tratti un stilosa commedia su un personaggio discutibile, un thriller legale, un serie drammatica sulla discesa nel baratro delle dipendenze (ottima l'interpretazione in questo senso da parte di Taylor Kitsch). In ogni caso resta un prodotto di denuncia, che mira a sensibilizzare piuttosto che a scioccare, pur nel suo stile peculiare.

PRO
- Un Matthew Broderick mefistofelico
- Il montaggio serrato e incalzante
- Il mescolare vari generi mantenendo sempre comunque in primo piano il suo essere un prodotto di denuncia

CONTRO
- Non tutti i personaggi sono rilevanti
- Un po' di retorica, necessaria comunque in un prodotto del genere.
- I toni enfatici potrebbero dare fastidio a qualcuno, nonostante non siano mai troppo sovrabbondanti.

Voto 8+

lunedì 21 agosto 2023

Serie A 23/24 - 1ª Udinese-Juventus 0-3 - statistiche random



Riparte il campionato più ipocrita d’Europa e forse il più “pezzente” della storia, perché condotto alle “pezze americane” del mercato estivo. Mentre tutti erano lì, col culo stretto per averla scampata con le plusvalenze (tranne i soliti) gli arabi ci usavano come allevamento di polli da scegliere. Nemmeno le solite telenovele, come quella di Lukaku (che è da inizio estate son sicuro non verrà) riescono ad appassionare i più sgamati. Mezzucci per radicalizzare ancor di più le tifoserie nell’attesa di un ritorno economico dai fanatici, nel nulla cosmico degli acquistucci all’Eurospin. Con le TV che mandano a monte aste e intanto aumentano i prezzi per recuperare i soldi da chi rimane abbonato al prodotto più scarso di sempre.

In tutto questo la Juve riparte da dove ci aveva lasciato, con una vittoria contro l’Udinese ad Udine, ma con lo stesso punteggio della prima col Sassuolo dello scorso anno, sul campo da dove era partita l’anno prima, nell’ultima gara di Ronaldo e delle papere di Szczesny, Ci sarebbe da chiedere all’amico di Sarri una percentuale sulla probabilità di queste statistiche semi-random.

martedì 15 agosto 2023

Lincoln Lawyer (Avvocato Di Difesa) - serie TV - seconda stagione.



C'è qualcosa nel modo di fare di Mickey Haller che potrebbe ricordare Saul Goodman: la sua capacitá di trovare escamotages, di inventare "trucchetti" per salvare i suoi assistiti, di ficcarsi nei pasticci difendendo chi sembra giá condannato. Il personaggio creato da Michael Connelly però ha una caratteristica che lo rende (e rende la serie che lo vede protagonista) molto più "solare": è un avvocato fin troppo accondiscendente con i suoi assistiti, empatico. Il suo farsi trascinare dai clienti finisce quasi sempre per renderlo appetibile (visto che è anche molto bravo) ma anche molto più "manipolabile". D'altronde è un avvocato "di difesa", è il suo scopo cercare ogni mezzo (legale o comunque al massimo al limite dell' illegalità, a differenza di Saul Goodman) per scagionare coloro che deve difendere. Ma ne vale sempre la pena?
A questo l'interrogativo col quale si chiudeva la prima stagione ed è con questo interrogativo che in un certo senso ci trasciniamo anche in questa seconda stagione.

lunedì 7 agosto 2023

The Witcher - serie TV - terza stagione


Ultimamente le serie fantasy di tipo "epico" non se la passano molto bene. Dopo il boom dei primi anni duemila, ascesa durata fino alla fine degli anni 10, negli ultimi tempi abbiamo assistito alla demolizione da parte di una buona fetta di pubblico di qualsiasi grande trasposizione. Tutti ricordiamo il giro a 360 gradi da parte dei fan di Game of Thrones dopo l'ultima stagione. Gli anelli del potere? Distrutto dal review bombing, dalla sua eccessiva ambizione, dai maniaci della purezza dell'opera originale. Pure la terza stagione di The Witcher non è scampata alla mannaia dei puristi del web, a ragione o a torto. Eppure la prima stagione (e in una certa misura la seconda) aveva abbastanza convinto, se non con la totale fedeltà ai romanzi o ai videogames dai quali era ispirata, grazie soprattutto alla convinzione degli attori, alle atmosfere, alle buone scene action, alla costruzione credibile su schermo dell'affascinante mondo creato da Andrzej Sapkowski. Cosa è andato storto qui allora? 
The Witcher, la serie, è sempre stata per i fan sinonimo di Henry Cavill. Inutile girarci intorno. Non è certo l'attore più espressivo o più capace al mondo, anzi, eppure si è dimostrato in grado di entrare perfettamente nei panni del personaggio di Geralt di Rivia. Sará per l'anima da burbero dalle poche parole del Witcher o per il fatto che Cavill è un appassionato di videogames e della saga dello Strigo. Non stupisce quindi che la notizia del suo abbandono alla serie, arrivata in maniera totalmente inattesa ovviamente (motivi mai del tutto chiariti in maniera esaustiva e che comunque alla fine poco contano in un giudizio su una serie TV), sia stata accolta non proprio in maniera serena o pacata, diciamo così. Eufemismi. 


"Chi cavolo è Liam Hemsworth? Credevo mi sostituiste con Chris Hemsworth, è da queste cose che si capisce la bassa considerazione che avevate di me"


"Cavill abbandonerà in maniera naturale", "il finale vi stupirà per la naturalezza della transizione tra lui e il suo successore". Queste più o meno le frasi che gli sceneggiatori, nel tentativo di rassicurare gli spettatori, si erano affrettati a lasciar trapelare. Inutile dire che si sono rivelate del tutto inutili come tentativo di placare gli animi sempre particolarmente agitati dei fan delle saghe fantasy. Aggiungiamoci poi che questa "transizione naturale" tanto promessa era l'ennesima invenzione, visto che se guarderete la serie vi accorgerete che il finale di stagione tutto è meno che un vero "finale" e di transizioni, cambiamenti, mutamenti, non c'è traccia alcuna. C'è da restarne, se non incavolati, quantomeno perplessi. 

Parliamo quindi di una schifezza totale? Una stagione inutile, inconcludente, pessima, che distrugge il sacro spirito dell'opera originaria? A guardare i voti su IMDB verrebbe da rispondere di si (voti perfino peggiori rispetto a quelli de Gli Anelli Del Potere, che per forza di cose si portava appresso un fardello molto più pesante e godeva di una visibilità decisamente maggiore). Da tempo però abbiamo imparato che delle esagerazioni e delle sentenze lapidarie bisogna quasi sempre diffidare. Molto spesso il review bombing è un fenomeno artificioso, pilotato, che parte magari da un fondo di veritá ma viene poi ingigantito da una massa di giudizi "fantasma" (gente che non ha manco visto la serie ma ne ha sentito parlare male da altri che magari ne avevano sentiti altri ancora parlarne male). La terza stagione di The Witcher, ad esempio, a ben guardare è decisamente più aderente ai romanzi della seconda, solo paradossalmente è proprio questo a renderla più problematica. Un paradosso? Non proprio.


"Non puoi riposare, ho solo 8 puntate per insegnarti tutto" 


La serie ha sempre avuto, come detto, il suo punto di forza nella figura del protagonista, nel suo rapporto conflittuale col potere (è uno che non si schiera,che odia la politica e i giochi di palazzo). Geralt è un uomo che non ha legami, che non ha un passato e una vita "normale", che però scopre nell'amicizia con Ranuncolo, nell'amore per Yennefer e nell'affetto paterno per Ciri un nuovo se stesso al quale non è più disposto a rinunciare. Non è più solo un mercenario che uccide per denaro ma un uomo che è disposto a tutto per proteggere chi gli sta accanto. Non stupisce quindi che i momenti nei quali questi personaggi interagiscono siano quelli più riusciti.
C'è però sempre stata un'altra faccia di The Witcher, fino alla seconda stagione non quella preponderante ma che qui invece ha preso la maggior parte dello spazio: la politica. 
The Witcher non è Game of Thrones e, sebbene io non sia un grandissimo fan dei giochi di potere e delle telenovelas mascherate da fantasy, la serie tratta dai romanzi di George R. R. Martin ha affrontato certe tematiche in maniera perfetta. Qui è l'esatto opposto.

Giá dalla prima stagione, chi non conosceva i romanzi o i videogames, ha sempre fatto una fatica immensa a raccapezzarsi tra la miriade di nomi, razze, luoghi, alleanze del mondo che dipingeva. Perchè? Perchè sostanzialmente la serie ha sempre approcciato male a quell'aspetto. Scarsa capacitá di fare percepire i luoghi e le distanze (personaggi che si spostano da un luogo all'altro in pochi minuti, come se tutto il mondo fosse grande quanto il Molise), poca profondità nel dipingere gli intrighi politici (sono tutti sono contro tutti perchè vogliono Ciri, ma allo stesso tempo non lo sono, o forse si: insomma una gran confusione). Non aiuta l'inserimento di personaggi inventati, da fare stare di forza in una storia invece giá nota e con eventi consequenziali, cosa che ha contribuito a numerose forzature. 
E' questo insomma che intendo quando scrivo che paradossalmente il difetto maggiore di questa terza stagione è proprio il suo essere maggiormente aderente ai romanzi originari: riserva uno spazio maggiore a ciò che meno funzionava nelle due stagioni precedenti, le vicende politiche e gli intrighi. La serie non ha mai affrontato bene queste questioni ma finché restavano sullo sfondo si poteva chiudere un occhio. Ora molto meno.


"Non uccidermi, ti sono sempre stato fedele principessa. Certo ho ucciso quasi tutti i tuoi cari ma l'ho fatto senza cattiveria"


Altra caratteristica che colpevolmente la terza stagione sceglie di mettere in secondo piano è l'azione. Pochissime sono le battaglie contro i mostri, ancor meno quelle contro gli umani. Un vero peccato, perchè oltre ad essere state una vera e propria cifra stilistica della serie, le sequenze più action sono tra le cose più riuscite. Cavill ci crede e si vede, ma anche gli altri attori non sono da meno e gli effetti speciali fanno il loro. Non si capisce per quale motivo siano state quasi azzerate, vista anche la scarsa capacitá di costruire, come detto, un intreccio profondo che riguardasse le varie "casate" e che si potevano raccontare le stesse cose in un tempo decisamente minore. La confusione generale sarebbe stata la stessa.

The Witcher è insomma una serie che affascina e si guarda comunque con piacere ma a volte sembra soffrire di una sorta di masochismo che la porta ad affidarsi più a ciò che le riesce meno piuttosto che esaltare i suoi punti di forza. Tanto i personaggi principali e le sequenze più epiche sono riuscite quanto l'intreccio, gli intrighi sembrano artificiosi e mal pensati. Non riesce insomma mai a fare il passo decisivo nella giusta direzione. Eppure basterebbe poco.

PRO
- I 3 personaggi principali
- Le sequenze action non sono molte ma sono avvincenti
- Più aderente ai romanzi che in passato

Contro
- Finale anticlimatico e in controtendenza rispetto a quanto annunciato 
- Troppo spazio dato ad intrighi politici poco interessanti e a personaggi secondari
- Alcune forzature fanno storcere il naso

Voto 7+

martedì 1 agosto 2023

Fubar - serie TV - prima stagione (2023)


Non c'è nulla che in vita sua Arnold Swarzenegger non abbia fatto: bodybuilder, attore, politico, filantropo...Un uomo di non facile catalogazione, che ha sempre cavalcato le etichette e gli slogan, smarcandosene costantemente allo stesso tempo. Eroe roccioso, uomo "che non deve chiedere mai", duro e monoespressivo (Commando, Terminator) oppure omone grande, grosso e un po' impacciato che suscita simpatia (I Gemelli, Un poliziotto alle elementari). La stessa cosa si potrebbe dire della sua carriera politica, vissuta anch'essa in un costante dualismo tra due anime ben diverse racchiuse però in una sola persona. Di recente è giunto un documentario su di lui su Netflix, che ci testimonia ulteriormente la sua natura poliedrica e sfaccettata e ci mostra un uomo che nella sua vita ha cercato di fare un po' di tutto puntando sempre al massimo. Ma le serie TV? In un periodo nel quale gli attori cinematografici più famosi si lasciano convincere dai servizi di streaming lui poteva esimersi? La risposta appare scontata: no.


"Vieni con me se vuoi vivere"


Fubar è una spy comedy, di quelle leggere, anzi leggerissime (direbbero Di Martino e Colapesce). Sembra uscita, per indole e approssimazione, direttamente dagli anni '90, se non fosse per il suo ammantarsi di una costante ironia consapevole (a differenza dei capostipiti del genere, che Swarzy ha contribuito a forgiare) e per le battutacce (molte fuori fuoco o del tutto infantili). Poco Terminator insomma e molto Un poliziotto alle elementari, che però usciva più di 30 anni fa e ora Arnold non ha più esattamente il fisique du rol dell'agente sotto copertura che deve fingere la sua impacciataggine o incapacità. Non a caso qui molte delle battute sono sulla sua età o sul suo essere antiquato. E' un po' come rivedere delle puntate del Bud Spencer imbolsito di Big Man o Extralarge, avete presente? Non è più lui ma è comunque lui. Qui è la stessa cosa sostanzialmente.


"Sei un tipo divertente e simpatico, per questo ti ammazzerò per ultimo"


Mettiamoci poi che per far contenti i fan di Arnold (perchè lui è l'unico motivo per il quale vedrete il telefilm, non giriamoci intorno, gli sceneggiatori ne sono ben consapevoli) innumerevoli sono le citazioni alla sua vita privata (allusioni alle sue origini austriache o alle sue magagne coniugali ad esempio) o al suo passato cinematografico (battute su Danny De Vito o situazioni che richiamano direttamente film come True Lies). Spesso ti vengono spiattellate in faccia senza alcun ritegno, senza il minimo contesto e bisogna prenderle così. Stessa cosa vale per la trama, che fa il suo, è funzionale, classicissima: c'è un pericoloso terrorista che va fermato a tutti i costi. Chi lo fermerà? Lui, ovvio. La variante? Il rapporto di amore/conflitto tra padre e figlia che è alla base delle serie TV. Interessante anche se forse soffre di un po' di ripetitività.
Degli altri personaggi invece sostanzialmente fregherà meno di zero, si viaggia tra l'inutile (Aldon), il mal sfruttato (Barry) e l'irritante (Roo).


"Perchè voglio distruggere il mondo? Sono un villain no? C'è bisogno di un altro motivo?"


Fubar è una serie veloce, sottilissima, vecchia nella concezione. Diverte, strappa qualche risata, non ha momenti di noia ma risulta inconsistente e piena di incongruenze e deus ex machina. Prova insomma ad annegare la sua banalità con la comicità peró spesso si affida a battute stantie e da bar. Ma è comunque una serie interamente costruita su Swarzenegger e ne sfrutta il personaggio mungendone trovate a ripetizione. Se insomma siete fan del muscoloso attore austriaco non potete non guardarla, nonostante tutto. Se non lo siete potete passare oltre.

PRO
- Continue citazioni sul personaggio Swarzenegger
- La trovata del rapporto conflittuale padre/figlia che dona un piccolo tocco di originalità ad una serie classicissima
- Alcune battute vanno a segno

CONTRO
- Trama e maggior parte dei personaggi inconsistenti
- Gran parte delle battute sono più stupide che irriverenti
- 60 minuti a puntata sono troppi per una serie comedy

Voto 6,5