mercoledì 30 agosto 2023

Oppenheimer - Christopher Nolan (2023) - distruggere mondi a colpi di cinema


Se c'è un regista che più di ogni altro negli ultimi anni è riuscito a coniugare cinema "alto" con le esigenze di botteghino è Christopher Nolan. Forse per questo non è stato mai davvero capito dalle frange più estreme dei due schieramenti. Per i fan del cinema "colto" il regista inglese utilizza troppi "spiegoni", scene ad effetto, "irruenza sonora" che sottolinea costantemente i momenti clou, per coloro che invece dal cinema cercano solo disimpegno puro, beh, non è difficile capire perchè non lo gradiscano. 
La sua forza sta invece proprio nell'unire due anime, due mondi profondamente distinti, che mai come nei suoi film riescono a trovare un contenitore che li amplifichi entrambi e crei una miscela esplosiva. Si potrebbe dire che quindi Oppenheimer, in un certo senso, simboleggia perfettamente il modo di fare cinema da parte di Nolan. Un cinema ambiguo, ambivalente, proprio come l'uomo che stava dietro il famigerato progetto Manhattan.




In mano ad un altro regista probabilmente ne sarebbe venuto fuori il classico biopic formalmente impeccabile ma privo di personalità. Oppenheimer invece è Nolan puro, laddove ad esempio Dunkirk (pur nel suo utilizzo disinvolto delle meccaniche temporali) era molto più canonico. Oppenheimer è un Inception dove al posto dei livelli di sogno ci sono ipoteticamente i livelli di ambiguità del protagonista, con pure una specie di "trottola finale" che fa sorgere altre domande. La complessità qui però non sta nella trama (Tenet) o nel meccanismo che sta alla base della pellicola (ancora Tenet o Memento) ma nei complicati processi mentali e nell'equilibrismo costante di un uomo con una missione ed un peso sulla coscienza grande quanto il mondo intero. In questo senso è molto intelligente la trovata del "processo", che è il filo costante del film attraverso tutta la sua durata: ci porta ad un costante ripensamento e un ribaltamento continuo di prospettiva nei confronti del protagonista. Non c'è però, come sappiamo, mai una vera soluzione all'enigma Oppenheimer, neppure lui probabilmente in tutto l'arco della sua vita è un arrivato ad una sintesi reale di se stesso. Scienziato che vuole andare al di lá della conoscenza del tempo, senza scendere mai a compromessi, ma anche uomo distrutto dalle sue scelte e segnato da un costante senso di colpa e di ineluttabilità. Un americano che cerca di elevare la conoscenza del proprio Paese ma ideologicamente vicino al comunismo e mai davvero allineato ai politicanti dell'epoca. Ebreo in un mondo pervaso dall'antisemitismo, guardato con scettico disprezzo dalle altre cariche dello Stato. Marito, padre, con una moglie che lo tiene costantemente inquadrato e centrato, ma pure fedifrago che si lascia andare alle sue pulsioni e mostra il suo lato più emozionale.

Oppenheimer è probabilmente il film più complesso del regista inglese (non il migliore per chi scrive, ma probabilmente solo perchè sono un grande fan delle sue opere fantascientifiche) e allo stesso tempo il più semplice. La storia a grandi linee è nota, ma è necessaria comunque una infarinatura su personaggi e situazioni politiche dell'epoca, che potrebbero creare una iniziale confusione (soprattutto nel pubblico non americano). Nolan poi si diverte a sovrapporre continuamente linee temporali e dichiarazioni che si scontrano continuamente tra loro, in un turbinare di dichiarazioni che poi magari vengono smentite dalla scena successiva, mentre i dilemmi morali e psicologici del protagonista vengono punteggiati da immagini psichedeliche e inquietanti che, complice il contrappunto sonoro molto più oscuro rispetto alle pellicole precedenti (ad opera di Ludwig Goransson in luogo di Hans Zimmer), in alcuni frangenti fanno pensare al cinema horror più che ad un biopic. Restiamo così, come il protagonista, storditi e devastati dal boato che rimbomba nelle nostre teste mentre si affollano immagini di persone che si sfaldano, si sciolgono tra le urla ed i pianti. 




I colori ancora una volta sono importantissimi, non solo a livello puramente estetico, ma anche concettuale. Come ha affermato lo stesso Nolan, le scene in bianco e nero ci mostrano un punto di vista oggettivo sulle vicende, mentre le scene a colori ci offrono una visione soggettiva. Un meccanismo che rimanda a Memento e che, allo stesso modo, ci porta a chiederci se e quanto siamo disposti a fidarci del protagonista. La fotografia svolge insomma un ruolo di primissimo piano, alternando immagini calde e dirompenti ad un bianco e nero d'annata, tra immensi deserti squarciati da riverberi atomici e stanzette vuote e monocromatiche. 

Oppenheimer è un film complesso ma non un "mattone", nonostante le sue 3 ore di durata e la sua verbosità. Aiuta sicuramente lo sfoggio di un cast mai così ricco, anche per parti minuscole. Oltre a Cillian Murphy e Robert Downey Jr, che si "sfidano" per tutta la durata del film, abbiamo Matt Damon, Rami Malek, Emily Blunt, Josh Hartett, Gary Oldman e molti altri. A volte basta un solo dialogo, una sola frase, a rendere un personaggio memorabile anche a film concluso, basti prendere ad esempio il discorso del presidente Truman. 
Oppenheimer è un film molto "parlato", con l'azione pressoché inesistente e zero effetti speciali (almeno a sentire Nolan).




Certo, moltissimi si annoieranno. Molto probabilmente quei ragazzini che erano in sala quando sono andato a vederlo (ebbene sì, nonostante il rating molto più stringente rispetto ai precedenti film del regista). Avranno pensato, vedendo la locandina, a qualche nuovo supereroe della Marvel, uno con una sorta di potere legato al nucleare. Ci saranno poi altri che invece non avranno gradito i soliti "spiegoni", la colonna sonora bombastica ecc ecc ecc. Per tutto il resto c'è Nolan. 

Voto 8,5

Nessun commento: