giovedì 1 aprile 2021

Death stranding - viviamo già nella distopia di Kojima?


Giocare ai videogame, fin dagli albori, é sempre stata un'attività per solitari: un modo per estraniarsi dal mondo, per mostrare, seppur virtualmente, abilità che gli altri non avevano, o semplicemente uno strumento per passare il tempo. Sempre e comunque un qualcosa da approcciare in solitaria, per poi magari vantarsene nel mondo reale con gli amici.

Anche quando, molto dopo, arrivò la possibilità di giocare online o in cooperativa, spostando il campo della sfida su un piano totalmente diverso (non piú essere umano contro macchina ma umano contro umano/umani), non venne mai (o quasi) meno quel fine primario. Il nostro interagire costituiva comunque un altro modo per mettersi in competizione, per prevalere su qualcosa/qualcuno. Cambiavano insomma le dinamiche di gameplay e l'approccio tattico di ogni partita ma lo scopo restava pur sempre il cercare di avere la meglio su un "concorrente". 
E se invece giocare potesse anche essere sinonimo di condivisione invece che di competizione, di collaborazione invece che di "sopraffazione"? Sarebbe davvero noioso questo tipo di approccio?