Basata sul libro "Mindhunter: La storia vera del primo cacciatore di serial killer americano", Mindhunter è sicuramente una delle novità più interessanti del catalogo Netflix di questo autunno, a cominciare dal suo produttore. Se l'ideatore è infatti è Joe Penhall, dietro al progetto abbiamo un certo David Fincher, che non si limita a produrre la serie ma ne dirige anche 3 episodi (i primi due e l'ultimo). Non poteva che esserci insomma garanzia di qualità visto che il regista statunitense ha sfornato prodotti (basati su personaggi decisamente schizzati o comunque psicologicamente particolari) del calibro di Fight Club, Zodiac e Gone Girl (oltre che il chiacchieratissimo in queste settimane House of Cards). A ben vedere si notano però punti di contatto molto più forti con opere come il, quasi omonimo, Manhunter (Hannibal Lecter, ricordate?) e True Detective.
L'idea del telefilm è quella di analizzare il lavoro dell'FBI da un punto di vista inedito per la serialità televisiva, più psicologico che action (no, siamo lontani dalle americanate alla CSI o Law and Order, qui diciamo che tutto è più "raffinato" e sottile) e farci capire come sia stato possibile arrivare alle moderne metodologie investigative utilizzate dai profiler per la cattura dei cosiddetti killer seriali.