Torna (e ritorna) al cinema il re dei reboot della Marvel Studios, ma la prima inquadratura del film è tutta per "Batman"... o meglio, per Michael Keaton, che nel ruolo da Villan si rifà, però, più al suo Birdman. Ma andiamo per ordine.
Abbiamo ormai perso il conto di quanti Spiderman abbiamo dovuto "rivedere" e "rivivere". Come uno scrittore che scrive qualcosa, poi strappa il foglio e ricomincia, e che periodicamente lo rifà, Spiderman ritorna a raccontarci la sua storia. In fondo, però, è sempre stato questo il suo destino, quello dell'eterno-giovane uomo ragno: col passare degli anni i suoi interpreti crescono, diventano uomini ma lui deve restare un ragazzo, così si deve cambiare. Come un computer con poca RAM che bisogna riavviare ogni volta che questa "cresce" troppo. Ogni volta uno Spiderman diverso a secondo del filtro applicato su di esso dalla personalità e dalle idee del suo regista (che naturalmente cambia assieme a lui). Così si è passati dallo Spiderman romantico di Raimi a quello più malinconico e dark di Webb (versione che non mi è dispiaciuta). Ognuna di queste versioni è sembrata cogliere un adolescente diverso, con un carattere differente e uno stile proprio, sottolineando le turbe esistenziali della fase pre-adulta.