Non si può dire che Mike Flanagan abbia paura di misurarsi con i mostri sacri, anzi sembra quasi che la sua sia una sfida, un lavoro di scandaglio alla ricerca delle radici della narrativa orrorifica. Le sue sono riletture personali, a loro modo originali, eppure in un certo senso fedeli alle fonti dalle quali sono ispirate. Se non nella confezione sicuramente nel succo e nell'essenza. Era così per The Haunting, che nelle sue due stagioni riprendeva le opere più fortunate di Shirley Jackson e Henry James (The Haunting e Il Giro di Vite). Opere seminali, destinate ad influenzare quello Stephen King diventato poi vero ispiratore della visione "flanaganiana", tanto che per anni è alle sue opere che il regista ha guardato: non solo nei rifacimenti più espliciti e diretti (Il Gioco di Gerald, Doctor Sleep) ma anche nelle opere più "originali" e personali. Midnight Mass è forse l'esempio migliore: una specie di opera mai scritta dallo scrittore del Maine che però contiene al suo interno tutto ciò che è l'essenza stessa del romanzo kinghiano.
Ma Flanagan, come si è detto, non ha paura di osare e sfossare le tombe dei nostri sacri. E quale autore potrebbe incarnare l'essenza stessa dell'orrore puro, se non il suo pioniere e codificatore per eccellenza? Parliamo di Edgar Allan Poe ovviamente. La Caduta della Casa Degli Usher è uno dei suoi racconti più celebrati ma è anche una metafora, un monito, un concentrato di mistero e fascinazione che in poche pagine racchiude l'essenza stessa della tensione che sfocia nel classico colpo di scena che fa gelare il sangue (riproposto e copiato poi infinite volte).