Il tema della morte è stato affrontato raramente, con cognizione di causa, nei videogames. Di morti ce ne sono a fiumi in ogni videogioco, molto spesso si tratta di poligoni da distruggere, privi di qualsivoglia caratterizzazione o umanizzazione, altre volte si tratta di personaggi fondamentalmente malvagi perchè è stato deciso che fossero così giá a priori. Nazisti, terroristi, fanatici, assassini, ladri, persone insomma che non abbiamo alcune remora a fare fuori, anche perchè molto spesso resi costantemente sopra le righe e detestabili.
Altre volte invece la morte riguarda personaggi principali, in un particolare momento della trama, e spesso questo funge da "momento commovente" magari come spunto per una probabile vendetta del protagonista. Ma un'opera nella quale lo scopo finale da raggiungere è assistere alla morte dei personaggi non giocanti? Che "ricompensa" è? "Sai che noia". Lo scopo di un prodotto videoludico non è sempre quello di divertire (anche se molti lo pensano, sbagliando), a volte è quello di fare riflettere (di walking simulator basati solo allo scopo di emozionare c'è ne sono a bizzeffe), ma si può scegliere di costruire un gioco sulla riflessione e l'emozionalitá senza rinunciare affatto agli aspetti più ludici dell'esperienza? Spiritfarer ci dimostra che non solo si può, ma si può anche farlo bene.