Il tema della morte è stato affrontato raramente, con cognizione di causa, nei videogames. Di morti ce ne sono a fiumi in ogni videogioco, molto spesso si tratta di poligoni da distruggere, privi di qualsivoglia caratterizzazione o umanizzazione, altre volte si tratta di personaggi fondamentalmente malvagi perchè è stato deciso che fossero così giá a priori. Nazisti, terroristi, fanatici, assassini, ladri, persone insomma che non abbiamo alcune remora a fare fuori, anche perchè molto spesso resi costantemente sopra le righe e detestabili.
Altre volte invece la morte riguarda personaggi principali, in un particolare momento della trama, e spesso questo funge da "momento commovente" magari come spunto per una probabile vendetta del protagonista. Ma un'opera nella quale lo scopo finale da raggiungere è assistere alla morte dei personaggi non giocanti? Che "ricompensa" è? "Sai che noia". Lo scopo di un prodotto videoludico non è sempre quello di divertire (anche se molti lo pensano, sbagliando), a volte è quello di fare riflettere (di walking simulator basati solo allo scopo di emozionare c'è ne sono a bizzeffe), ma si può scegliere di costruire un gioco sulla riflessione e l'emozionalitá senza rinunciare affatto agli aspetti più ludici dell'esperienza? Spiritfarer ci dimostra che non solo si può, ma si può anche farlo bene.
La protagonista del gioco è una novella Caronte, che viene designata come nuova traghettatrice degli spiriti verso "l'ultima porta". Nel frattempo però dovrá provvedere agli ultimi bisogni dei defunti, soddisfacendo i loro desideri e aiutandoli a chiudere le loro faccende in sospeso prima di fargli intraprendere il loro ultimo viaggio. Per fare questo Stella (questo il nome della protagonista) dovrá allestire una barca sempre più grande e piena di comfort, oltre che reperire i materiali necessari per renderla più efficiente e in grado di accontentare i suoi ospiti. Qui viene fuori il lato gestionale del videogioco, che risulterá comunque sempre molto accessibile e chiaro: per fortuna non ci saranno grosse ripercussioni (se non un maggior tempo necessario per "recuperare il rapporto") in caso di poca soddisfazione da parte dei passeggeri e potremmo dedicarci comunque all'attivitá che riterremmo più opportuna (pesca, raccolta dei materiali, esplorazione, minigiochi...). In questo modo, col passare dei giorni di gioco, lo svolgere le missioni, la routine di certi compiti, il conoscere sempre più bisogni e necessitá dei passeggeri ci si immedesima sempre di più e ci si affeziona sempre più a loro. Impariamo insomma a conoscere ogni personaggio, a capirlo e a comprenderne i rimpianti e le sofferenze, i sogni realizzati o meno. Quando arriverá il momento di lasciarli andare sará sempre difficile. Vorremmo tenerli ancora un po' con noi, pur consapevoli che non sará possibile, così come accade per la vita vera.
Insomma Spiritfarer è un gioco nel quale l'incombere della morte è onnipresente pur non essendoci manco l'ombra di un combattimento o di un'uccisione. La morte dei personaggi è giá avvenuta infatti e per cause diversissime tra loro (malattia, suicidio, il destino avverso...). Il nostro compito è scoprire di più sulle storie di questi strani spiriti, come fossimo degli investigatori soprannaturali che devono indagare non su degli omicidi ma sulla complessa natura umana.
Spiritfarer è insomma un connubio perfetto tra lato ludico e riflessivo, le due cose sono totalmente connesse e propedeutiche l'una all'altra. Il farming diventa quindi non una noiosa attivitá ripetitiva che non serve ad altro che ad aumentare le ore di gioco, ma un processo essenziale dell'esperienza oltre che un modo per entrare sempre più in contatto con i personaggi o conoscerne di nuovi. E le loro storie sono tutte molto interessanti e sfaccettate, spesso riservano pure più di qualche sorpresa e colpo di scena inatteso. Avremo sempre qualcosa da fare e tutto quello che faremo sará importante ai fini della trama, anche se in piccolissima parte. Saremo noi però a decidere cosa fare e quando farla, prendendoci il tempo che riteniamo necessario. Non ci sono scadenze impellenti (meccanica che ho sempre odiato nei giochi gestionali o comunque life-sim), gli spiriti ci lasceranno quando loro e noi saremo pronti a farlo.
Spiritfarer è insomma una perla videoludica. La dimostrazione che i videogames possono raccontare storie e intrattenere ludicamente allo stesso tempo, che si può emozionare senza bisogno di calcare la mano sulle scene strappalacrime e si può essere profondi pur risultando semplici e senza tantissimi fronzoli (parliamo pur sempre di un indie, ricchissimo e profondissimo quanto vogliamo, ma non certo di una produzione ad altissimo budget). Un videogioco che fa tante cose e le fa bene, con naturalezza e semplicitá, ricordandoci che una buona storia vale sempre la pena di essere raccontata, non importa il mezzo o il genere di appartenenza col quale viene veicolata.
Voto 8,5
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