Favola per famiglie e racconto post-apocalittico. Sweet Tooth nel corso delle sue due stagioni si è rivelato uno strano ibrido capace di collegare queste due anime molto diverse, un po' come il piccolo protagonista: per metá cervo e per l'altra metá umano. Mentre l'umanitá infatti, preda di una pandemia che non lascia scampo, si imbarbarisce e si autodistrugge, creando uno scenario non distante da quello di film alla Mad Max, le speranze del pianeta risiedono in una nuova specie, gli ibridi appunto. Tutti piccoli d'etá (il più "vecchio" è proprio Gus, il personaggio principale) ma molto più connessi col nuovo mondo e le sue nuove regole. Un nuovo mondo, plasmato a forma di bambino, un luogo dove le vecchie vestigia dell'umanitá sembrano fuori posto, ridotta ad uno sciacallaggio che non porta da nessuna parte: i vari ceppi della malattia (l'afflizione) hanno ridotto la popolazione mondiale del 99% e quei pochi rimasti si ammazzano tra loro. Ma in che modo gli ibridi hanno a che fare con la pandemia e in che modo possono costituire la soluzione? E' ciò che ci viene raccontato anche in questa seconda stagione, nella quale le varie storie raccontate nei primi 8 episodi arriveranno a confluire e i vari personaggi finiranno per ricongiungersi prima di lottare in una definitiva (?) battaglia per la sopravvivenza.
Dopo aver plasmato una sua mitologia e averci fatto conoscere tutti i vari personaggi e il loro percorso (pre e post pandemia) in questa seconda stagione Sweet Tooth si fa meno racconto di formazione e più classica avventura per famiglie. Svanisce l'effetto sorpresa dato dal voler scoprire i vari misteri di un mondo alla deriva, mentre il piccolo Gus si ritroverá prigioniero del temibile Generale Abbott, determinato a trovare a tutti i costi una cura prima che l'umanità venga definitivamente spazzata via (con modi molto poco ortodossi ovviamente).