Il pareggio col Genoa ci dice due cose che sapevamo da secoli.
La prima e che, se sei forte, riesci ad andare anche contro gli episodi sfavorevoli, cosa che questa squadra non è capace di fare. Vittorie come quelle di Monza non avvengono sempre e purtroppo non insegnano niente. Se tiri troppo una corda poi quella si spezza. Ma non sono neppure sicuro che pareggi come questi altri servano di più. Se sei duro di comprendonio, troppo fossilizzato sulla tua mentalità di gioco e continui a fare questi secondi tempi, non andrai lontano e il secondo posto è già un miracolo. Siamo una nazione troppo legata al concetto di sorte soprannaturale, di fortuna e di miracolo. Ma la fortuna è un tiro di dadi casuale, che gira, senza poli e senza versi preferenziali, i miracoli invece (se esistessero) sarebbero cosa rara, il sangue non si scioglierebbe a comando. Una squadra senza attacco (e con un centrocampo mediocre) non può continuare a sperare negli straordinari dei propri difensori. Subire un gol è di fatto una sentenza. La squadra si spegne, non reagisce, diventa prevedibile. Prevedibile come questi inoffensivi secondi tempi, e meno male che non abbiamo le coppe, giusto per rispondere alla solita teoria. Di solito Allegri e uno che incarta l’avversario, in questo caso è riuscito a farsi incartare da un novellino come Gilardino, che ha giocato al suo stesso gioco, curando più la difesa che l’attacco e rinunciando a fare il Monza dopo il pareggio.