L'horror è un genere che si è da sempre sposato bene con il cinema: non si contano i capolavori che hanno spaventato, scioccato, appassionato più generazioni, tanto che ormai viviamo nell'epoca del reboot o del sequel, quando non del remake o del prequel.
Molto diverso invece è il rapporto tra horror e TV: fino a qualche tempo fa l'horror "vero" era quasi assente, a differenza ad esempio del giallo o del poliziesco, molto amati e tradizionalmente presenti giornalmente nei palinsesti. I motivi di questo scarso feeling non sono difficili da comprendere:
1) Il pubblico televisivo da sempre è composto da famiglie, la famiglia ama un prodotto rassicurante, l'horror per sua stessa natura non lo è.
2)L'horror per poter essere scioccante e ad effetto ha bisogno di tempi brevi, riuscire a non essere prevedibili e a spaventare costantemente, cosa molto molto difficile da fare per una stagione intera o addirittura per più stagioni.
L'avvento di internet, il mutare del pubblico televisivo, il moltiplicarsi di canali ed emittenti ha di fatto eliminato il primo problema, ma restava ancora da risolvere il secondo. Con American Horror Story Brad Falchuk e Ryan Murphy creano una serie antologica: ogni stagione racconta una storia (o almeno ci prova) autoconclusiva, nella stagione seguente si mantiene buona parte del cast e si cambia tutto il resto. In questo modo si evita di annoiare (?) il pubblico e si crea un prodotto in grado di risultare sempre fresco, pauroso, misterioso, pieno di suspense.
Più o meno è così che è andata con le prime 2 stagioni della serie: la prima, Murder House, era una classica storia di casa stregata dove ci si divertiva a giocare con i cliché è con l'horror classico, la seconda, Asylum, era molto più ambiziosa e narrava le peripezie e la condizione di alcuni "reclusi" di un manicomio in un epoca ancora piena di pregiudizi.
La terza stagione, Coven, già dal contesto iniziale fa storcere il naso: si parla di una congrega di streghe in lotta con eventi esterni alla ricerca della nuova "suprema" (la strega n.1). Se già dalle prime battute sembra di ritrovarsi in un misto tra Streghe ed Harry Potter, la serie nell'arco delle sue 13 puntate non fa molto per allontanare questo retrogusto da comedy-horror per teenager.
La trama (?) è ne più ne meno quella delle poche righe scritte poco sopra: cambiano i nemici, muoiono e resuscitano protagonisti, cambiano le fazioni in campo, ogni settimana si assiste alla fiera del no-sense e del "voltagabbanismo", non c'è un filo conduttore (una puntata si fa accenno al razzismo, per qualche puntata ci buttiamo una spruzzata di femminismo, un po' di Glee ce lo inseriamo a forza, qualche pubblicità palese ecc) se non quello di stabilire chi sarà la nuova Suprema, compito sbrigato in maniera frettolosa dall'ultima, prevedibilissima, puntata.
Se con Asylum gli autori avevano scandalizzato e stupito, creando però troppe storyline parallele (inserendoci quasi a forza ad esempio il filone sugli ufo), con Coven non si capisce bene dove volessero andare a parare (o meglio lo spiego tra un po' quale era il loro intento). Questa terza stagione è piena di personaggi, molti inutili e inseriti soltanto per accontentare un certo target di pubblico (Evan Peters ottimo nelle due stagioni precedenti qui è di fatto un inutile manichino con una storyline molto simile a quella della prima stagione, segno evidente che volevano accontentare quelli che avevano apprezzano la love story della prima serie), altri ancora sono stati messi per dare un pizzico di qualità al tutto (oltre al personaggio della Lange, in questa stagione fa il suo esordio Kathy Bates, con un personaggio quasi del tutto inutile) visto il cast composto per buona parte da ragazzine non così eccelse a livello recitativo.
In tutto questo dov'è l'horror? Assente, o meglio gli autori per giustificare ancora il titolo della serie hanno pensato bene di inserire ogni tanto qualche scena ultrasplatter, telefonatissima, salvaguardando l'orrido, in modo che il pubblico non lo scambiasse completamente per un telefilm per ragazzini.
Una simile accozzaglia di tematiche lasciate nel vuoto, di trame e alleanze che cambiano con un battito di ciglia, una simile sfilza di morti, resuscitati, di fantasmi che si comportano come persone viventi ed altri no, di streghe con poteri inimmaginabili uccise dal primo che passa, di trash gratuito (e molto poco divertente a differenza delle altre stagioni) avrà avuto il coraggio di guardarla qualcuno? Si, tantissimi, visto che Coven è delle tre stagioni quella più vista.
Gli autori quindi si può dire che sono riusciti nel loro intento: trasformare una serie horror classica e a tratti disturbante (pensiamo alla seconda stagione e al suo giocare con argomenti forti come la pazzia e la religione), ricca di mistero e tensione in una serie su misura per un pubblico adolescenziale, con personaggi bellocci, musica accompagnata a scene da videoclip, a tratti rassicurante e perfino con il lieto fine.
Cosa salvare quindi in tutto questo? Poco e quasi tutto riguarda le interpretazioni degli attori (o sarebbe meglio dire attrici visto il cast quasi tutto al femminile) piuttosto che il pasticcio di trama o la regia pretenziosissima senza motivo.
Brava ancora una volta Jessica Lange (anche se comincia a rifare sempre lo stesso personaggio, gli autori dovrebbero cambiare un po' registro), a tratti la Bates (che sembra in certi frangenti citare il personaggio che aveva in Misery), così così la Bassett, il resto non pervenuto, o quasi. Forse l'unico vero merito di questa stagione è l'averci fatto riscoprire le canzoni di Stevie Nicks e dei Fleetwood Mac, un po' pochino
Per fortuna si può sempre sperare nella prossima stagione, anche se i primi segnali che trapelano non sono positivissimi.
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