Di esclusive ottime, per Playstation 4, Sony ne ha sfornate molte, così tante che a volte si finisce per dimenticarsi di alcuni titoli magari pubblicizzatissimi alla loro uscita ma che dopo qualche tempo si perdono nei meandri videoludici. Gravity Rush nacque in fondo su PS Vita e arrivò poi forzatamente su PS3 per poi sfociare anche su PS4. Non era un capolavoro, era un gioco interessante sviluppato su un concetto intrigante (e all'epoca poco sfruttato): mutare la gravità per risolvere problemi e sconfiggere nemici. Nonostante i tanti problemi (un sistema di controllo problematico e poco raffinato, zero missioni secondarie e anche poco interessanti...) si fece apprezzare, grazie al particolare stile visivo (a metà tra anime e cartone animato francese) e ad una trama molto interessante e piena di misteri, misteri che lasciava praticamente tutti in sospeso. Naturale che di lì a poco arrivasse un seguito e così fu, stavolta studiato appositamente per Playstation 4. Gli sviluppatori si saranno detti "visto che dobbiamo produrlo per l'ammiraglia, ingrandiamolo e pompiamolo rispetto al precedente" e in effetti ne è uscito proprio quello: un gioco "montato". Più grande (le metropoli da esplorare diventano ben 3), più longevo, con una grafica migliorata, con tante missioni secondarie. Il problema è che durante questa opera di pompaggio ci si è dimenticati di un piccolo dettaglio: la sostanza.
I primi problemi purtroppo cominciano proprio appena si comincia a giocare. Il sistema di controllo sarà pure migliorato ma, un po' per la mancanza di un vero lock on sui nemici, un po' per una telecamera che definire ballerina è un eufemismo, la maggior parte del tempo la passerete cercando di centrare i nemici che inevitabilmente finiranno per scansarvi e farvi finire chissà dove (e spesso senza punti di riferimento) a corto di energia e precipitare. La cosa diciamo che va avanti così per 20 ore minimo e il mal di testa è assicurato. Per quanto sia interessante l'aggiunta di 3 stili diversi di combattimento, questi non sono utilizzabili sempre (il gioco forzatamente spesso vi priva della scelta) e comunque la rudezza dei controlli rimane pressoché invariata. I comandi non sempre rispondono bene e spesso missioni che richiedono una certa accuratezza (camminare su passerelle striminzite, saltare su piattaforme...) finiscono inevitabilmente in un game over a causa di una mancanza di precisione cronica (è un gioco dove svolazzare e prendere a calci i nemici). A rincarare la dose ci si mettono pure molte missioni stealth (si, missioni stealth in un action dove si vola e si distruggono cose) che prevedono il game over istantaneo nel caso non si scelga esattamente il percorso ideato dagli sviluppatori (se volate troppo in alto siete fottuti, troppo in basso pure, se andate di qui invece che di là anche). E' un po' come se in un film di Steven Seagal vi ritrovaste ogni 20 minuti un intermezzo tratto dall'Amleto. A che pro? Allungare il brodo, anche a costo di rovinare parzialmente l'esperienza aggiungendo cose che non c'azzeccano nulla. Non si spiegano altrimenti la marea di missioni secondarie inutili o noiose che spesso richiedono di andare di là e prendere una cosa per poi portarla da qualche altra parte (e "prendere" significa intrappolare in un campo di stasi e volarci assieme: se finite l'energia siete fottuti, come sopra) come dei fattorini.
Purtroppo spesso le stesse missioni principali (oltre alle inutili missioni stealth di cui sopra) risultano lunghe e noiosette, con la protagonista che deve vincere magari un torneo di qualcosa ma che il gioco (per motivi di trama) fa perdere consapevolmente (e allora vi ritrovate e cercare di vincere sapendo che non potete) o ritrovare il classico oggetto che naturalmente sarà sempre e comunque nell'ultimo posto in cui cercherete. Problemi classici dei giochi di ruolo giapponesi, ma in questo caso sono presenti in quantità eccessiva.
Molto meglio invece le missioni che richiedono di far fuori determinati boss (al netto dei problemi ai controlli già elencati): giganteschi, ben ideati, esaltano la grafica del gioco e rendono alcuni scontri epici e appaganti.
Dal punto di vista della trama invece si fa un passo avanti ed uno indietro. I misteri del primo gioco (un cliffhanger col gioco intorno in pratica) vengono svelati a grandi linee, è vero, ma si parla veramente di questi solo nell'ultimo quarto di gioco. Durante gli altri 3 capitoli vi troverete davanti ad una specie di spin-off dove la protagonista si ritrova in un altro posto sconosciuto a dover salvare altri sconosciuti con vaghi rimandi qua e là che non accontentano il fan del primo capitolo e lasciano confuso chi si approccia a Gravity Rush 2 senza aver giocato il gioco precedente. E' fondamentale insomma aver giocato il primo capitolo della saga (e non solo) per capire tutto ma di fatto la trama creata dal primo non viene mai davvero approfondita se non nelle battute finali, che per fortuna lasciano abbastanza soddisfatti.
Sul versante della grafica invece (almeno in quello) non c'è davvero nessun appunto da annotare: meravigliosa, colorata, un vero e proprio anime da giocare, con città ricche di abitanti e di stili architettonici particolari (le città sospese in cielo poi mi hanno sempre affascinato, fanno tanto Miyazaki). Spesso vi ritroverete a divertirvi molto di più andando in giro a gironzolare che a fare missioni. Il che è un demerito ma alla fine pure un merito.
Gravity Rush 2 è insomma il classico contenitore grande e dal fiocco colorato e invitante ma che al suo interno contiene meno cose interessanti del primo. Le aggiunte non sono davvero sconvolgenti o rivoluzionarie, spesso causano altri problemi assenti in precedenza, a volte si ha la sensazione di allungabrodo e la noia e la frustrazione compaiono più di una volta. Tanto, troppo superfluo insomma in mezzo a quello che dovrebbe essere il cuore del videogioco: divertimento o riflessione. In definitiva si può dire che è un gioco più bello da osservare che da giocare.
Voto 6,5
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