Come lo fai lo sbagli. E' questo che viene in mente quando ci si approccia alle valutazioni di coloro che giudicano la trasposizione sul grande o piccolo schermo di un'opera complessa. Il problema dei tre corpi è tra le massime espressioni di questo concetto. Parliamo di uno dei romanzi di fantascienza (una trilogia a dire il vero se consideriamo i due "seguiti") più celebrati degli ultimi anni, il primo libro asiatico a vincere il celebre premio Hugo.
Ma, seppur di grande successo, si tratta di un'opera sfaccettata, profondamente radicata nella cultura orientale, piena di tecnicismi, riflessioni filosofiche, scientifiche (il fantomatico titolo "Problema dei tre Corpi" deriva appunto da un problema di astrodinamica) e che ha necessitato di una operazione di adattamento non indifferente giá nel doverla riconvertire per il pubblico occidentale prima di pubblicarla. Figuriamoci farne una serie televisiva su Netflix. Parliamo insomma quindi di un'operazione semi-impossibile, da premiare giá solo per il tentativo. Immaginatevi ad esempio di dover ideare un telefilm sulla trilogia di Valis di Philip Dick. Non vi viene il mal di testa al solo pensarci? Ecco.
Naturale quindi che per forza di cose in questi casi bisognerà inventare di sana pianta personaggi, rimaneggiare il contributo di altri, allungare determinate sottotrame, restringerne altre, spostare degli eventi da un momento ad un altro ecc. Un'opera televisiva non è e non potrá mai essere uguale ad un romanzo, per motivi fin troppo evidenti. Troppo puristi per sopportare una cosa del genere? Leggetevi i libri e fermatevi lì.
Solo dopo aver fatto chiarezza su questo punto fondamentale e imprescindibile, ci si può concentrare su Il Problema Dei Tre Corpi, la serie, con la mente più sgombra e con meno partigianeria e valutarla per ciò che è: un prodotto televisivo.
Risolto quindi il primo problema (la trasposizione) possiamo passare all'analisi del secondo: l'adattamento. Qui le cose, se possibile, si fanno ancora più complesse. Il Problema dei Tre Corpi è un'opera profondamente legata ad una cultura orientale si è detto. Ma se vogliamo trasformarla in qualcosa di guardabile anche dal telespettatore occidentale meno scafato e più occasionale possibile bisogna innanzitutto scegliere un compromesso. E gli autori sotto questo punto di vista ce l'hanno messa tutta. Tra le necessarie vicende ambientate effettivamente in Cina (narrateci sotto forma di flashback), un cast che, seppur per gran parte occidentale, presenta comunque attori di origine cinese (solo origine, sia ben chiaro, e su questo la serie ci scherza anche su, nel corso di alcuni dialoghi), un ripensamento delle ambientazioni e della struttura culturale (qui siamo per gran parte del tempo in Inghilterra, che non è la Cina, ma neppure l'America) un evidente traslazione di concetti e una semplificazione generale di altri, hanno giocato tutte le carte a loro disposizione. D'altronde parliamo di David Benioff, D. B. Weiss (qui coadiuvati da Alexander Woo), che giá non avevano avuto il timore di adattare per lo schermo "Le Cronache del ghiaccio e del fuoco" di George R. R. Martin, diventate poi il famoso Game Of Thrones televisivo. Anzi, a detta di tutti, l'apice della serie fantasy coincideva proprio con le stagioni che riprendevano il romanzo originale, salvo poi andare avanti per conto loro.
Non è quindi poi molto strano che parte del cast provenga proprio da quella serie. E come in Game of Thrones, tra l'altro, spesso i personaggi da loro interpretati fanno una brutta fine in modo improvviso.
Lo stile sembra a tratti simile, per quanto veicolato attraverso le dinamiche del racconto di fantascienza, invece che del fantasy. Alla fine però questo strano ibrido funziona, perchè tutto sommato, a ben vedere, la storia non parla solo di una singola nazione o una singola cultura ma dell'intera razza umana e su come questa dovrà affrontare il futuro che le si presenterà nei decenni a venire. Le tematiche fondanti della trama sono insomma globali e tali restano.
"Lo so benissimo che non sapete neanche quanto fa 2+2. E' per questo che ho scelto tutto voi. Gli alieni non si aspetterebbero mai che il destino del mondo sia in mano a dei totali incapaci" |
Si arriva così al terzo problema: raggiungere un pubblico più vasto possibile. Anche chi non ha mai letto i libri o addirittura di chi non è nemmeno un grande fan della fantascienza. Come ci si riesce? Beh, con la classica strategia di marketing aggressivo (si vede che Netflix punta molto sulla serie): per restare qui da noi in Italia, ad esempio, abbiamo assistito ad un bombardamento di messaggi sui cartelloni delle stazioni ferroviarie con scritte come "siete insetti". Tra paure di un attacco hacker russo, denunce, indignazioni, qualcuno scoperto l'inghippo se l'è legata al dito, criticando poi la serie a prescindere, in maniera a volte pretestuosa perchè "se cerca di farsi pubblicità in questo modo vuol dire che è poca roba", dimenticando che è accaduto giá in passato ad altre serie celebrate. Una a caso? Mr. robot. Ricordate? Quindi?
Com'è allora alla fine questo problema dei 3 corpi? Di che Parla? Sostanzialmente ci troviamo di fronte ad un telefilm sfaccettato che parte in maniera abbastanza tranquilla ed arriva a dipingerci un'apocalisse imminente, nell'arco di sole 8 puntate. Una particolarissima "invasione", che affascina non per ciò che racconta (la lotta contro gli alieni è forse la tematica più inflazionata in assoluto nel suo genere di appartenenza) ma per come lo fa. L'atmosfera è opprimente, si avverte costantemente la sensazione di qualcosa che sta per accadere ma che è al di fuori della comprensione, con un senso della tensione sempre molto alto. I misteri ci vengono presentati in maniera affascinante e coinvolgente, i vari flashback e cambi di ambientazione ci raccontano la stessa problematica vista da diverse prospettive, facendoci capire la portata di ogni decisione nel quadro generale.
"Io vedo solo numeri e lettere a caso. Sicuri che sia una formula? Sembra più lo scontrino della spesa" |
Si avverte a ben vedere una eccessiva velocità nel raccontare come avvengono certi fatti, una eccessiva precipitazione nello scegliere di compiere determinati gesti, senza farci sentire a volte il patos o la sofferenza di alcuni personaggi. Altre cose vengono buttate lì, senza tanti preamboli, non dando il tempo necessario per farci sentire il peso delle scelte compiute da questo o quello. Ma sapete che c'è? Che se si è grandi appassionati di fantascienza non si può non restare totalmente avvinti dallo svolgersi degli eventi. Le citazioni, le costruzioni logiche, le congetture, i misteri legati all'astrofisica non possono non catturare totalmente. Talmente tanto che per il 90% del tempo ci si scorda del resto, dei difetti, della recitazione, dei personaggi a volte non caratterizzati alla perfezione. E' il potere della hard sci-fi. Aggiungiamoci una fotografia decisamente competente, che esalta determinate scene e ci regala (purtroppo non tanto spesso) scorci pittorici di grande bellezza. Mi riferisco soprattutto alle scene ambientate all'interno del videogioco, che durante le prime sequenze non potranno non farvi pronunciare il classico "ma che..."
Il Problema dei 3 corpi è in buona sostanza un progetto troppo particolare per piacere a tutti: troppo fantascientifico per chi non mastica il genere, troppo semplice per chi magari ama perdersi nelle teorie e questioni dell'opera originale, troppo diverso dai romanzi per chi non riesce a rinunciare alla sua fissazione per la purezza del materiale di partenza, non eccellente dal punto di vista recitativo per chi è interessato solo all'aspetto puramente tecnico e legato al medium. Il problema è che il suo scopo è raggiungere tutte queste persone, farsi vedere da un pubblico più ampio possibile. E incredibilmente alla fine ci riesce comunque, perchè è il succo che conta e qui il succo c'è ed è pure sostanzioso. E' una sorta di paradosso, un problema irrisolvibile, ma che alla fine milioni di persone, volente o nolente, proveranno comunque a sondare.
PRO
- Affronta una miriade di questioni affascinanti come solo la migliore fantascienza può fare
- L'atmosfera e il costante senso di pericolo opprimente e incombente
- La fotografia e le sequenze ambientate nel videogioco che non possono lasciare indifferenti
CONTRO
- Se non accettate che si tratta di un rifacimento più che di un adattamento non potete che storcere il naso
- I personaggi non sono caratterizzati in maniera certosina e spesso compiono scelte che appaiono affrettate o prive del necessario patos
- Sviscerare certi concetti in sole 8 puntate è impresa titanica e spesso si nota che la serie fatica un po' a farci star dentro tutto.
Voto 8+
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