giovedì 3 luglio 2014

Beyond: two souls - Quantic Dream


David Cage è uno degli sviluppatori di videogames più controversi e non è difficile capire perchè. Da sempre affascinato dalla regia e dal cinema il suo intento sembra essere sempre  stato quello di avvicinare i videogames a quest'ultimo, a costo di sacrificare quasi completamente il gameplay. Alcuni quindi si chiedono dove finisca il videogame e cominci il cinema, visto che in molti suoi giochi anzichè giocare si guarda.

Coloro che lo definiscono "un regista mancato" non hanno tutti i torti: spesso si lascia trasportare troppo dal suo sentirsi artista dimenticandosi che alla base di tutto ci deve essere il videogiocatore: se un gioco non diverte, non coinvolge o tradisce il suo spirito "ingannando" il giocatore (basta vedere la piega che prende la seconda parte di un gioco come Fahrenheit) alla fine delle critiche devi aspettartele.

Se c'è una cosa però nella quale Cage è bravissimo è nel creare empatia con i suoi personaggi e nell'emozionare: le sue creazioni sono magari non eccezionali a livello di trama ma riescono sempre a regalarci personaggi profondi e controversi.
I suoi giochi ci fanno sentire dentro la storia, giochiamo poco ma veniamo coinvolti maggiormente rispetto ad un film: il peso delle scelte da fare ci rende più partecipi delle vicende, sentiamo che dalle nostre decisioni dipenderà la sorte dei personaggi e della storia. Magari poi scopriamo che alla fine non è proprio deciso tutto da noi, ma Cage è bravissimo nel non fartene accorgere, ed anche qui sta la sua genialità.

Beyond era un gioco con un peso davvero importante: riuscire a replicare e a superare quell'Heavy Rain che forse era la vetta massima raggiunta dal game designer francese, un gioco che pur ricevendo delle critiche viene visto da molti come uno dei picchi raggiunti dall'industria videoludica.

Per poter andare oltre (Beyond appunto) le meccaniche dei suoi giochi necessitavano di alcuni accorgimenti, è in questo senso quindi che va la scelta di rendere questo videogame più "giocato", leggeremente più gioco che film, con delle meccaniche di gameplay più curate (ad esempio in Heavy Rain per far avanzare il protagonista bisognava premere un tasto, qui basta semplicemente muovere la levetta). L'introduzione delle fasi stealth e dell'interazione con gli oggetti attraverso l'entità risulta (sebbene non del tutto riuscita) un aggiunta interessante al gameplay.

Heavy Rain aveva una trama coinvolgente, appassionante, poco orginale ma ben studiata che avvolgeva il videogiocatore in una spirale fino a fargli fare cose che ad inizio gioco sembravano impossibili (la discesa nell'abisso di Ethan Mars, disposto a tutto pur di trovare suo figlio, o anche la caparbietà di Norman Jaiden e la sua lotta tra sete di verità e dipendenza dalle droghe). Non mancavano i buchi di sceneggiatura (nei giochi di Davide Gabbia bisogna farci il callo) ma la tensione si manteneva sempre alta.

In Beyond troviamo una scelta coraggiosa e a tratti riuscita: i capitoli della storia non sono lineari ma si passa da un periodo all'altro della vita della protagonista, Jodie Holmes, che hanno il compito di farci capire la sua psicologia, di vedere come la sua personalità si evolve, di renderci partecipi del suo rapporto con la strana entità che è legata a lei fin dalla nascita e non la lascia mai sola.

Purtroppo questa scelta ha un lato negativo: passiamo da capitoli pieni d'azione e banali, in cui i difetti di gameplay vengono ancora fuori, ad altri pieni di poesia e profondi, ad altri ancora che annoiano e non dicono nulla...

Tutto questo alla lunga finisce per disorientare il videogiocatore. Anche la trama risulta non particolarmente interessante, tenuta viva più dalle interpretazioni di Ellen Page e Willem Dafoe che da un qualcosa di davvero compiuto, sebbene nel finale Cage peschi il coniglio dal cilindro con una trovata stravista ma emozionante.

Insomma Cage migliora a tratti i suoi pregi ma ricasca nei soliti difetti, qui accentuati da una trama che risulta meno appassionante e dal solito fascino eccessivo  per il soprannaturale (di capitoli come Navajo ne avrei fatto a meno) che a tratti rischia di rovinare tutto.
Un gioco che merita di essere giocato da tutti i fan del game designer francese, ma che temo proprio non convincerà a cambiare idea coloro che lo trovavano insopportabile.

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