venerdì 26 settembre 2014

The walking dead: the game - Telltale Games [© 2012-2014]

I videogiochi possono emozionare? E' una domanda che negli ultimi anni giocatori e addetti ai lavori si pongono sempre più di frequente, qualcosa di quasi impossibile da concepire per gli "estranei" al mezzo, soprattutto qualche decina di anni fa quando videogioco era sinonimo di divertimento o almeno era percepito principalmente così (per altri era uno "sfogo" per altri ancora addirittura mezzo per plagiare le giovani menti).

Videogiochi ed emozione negli ultimi anni a volte sono andati di pari passo e grazie al lavoro di game designer come David Cage (pessimo sceneggiatore ma bravissimo nel creare sequenze ad effetto e a far empatizzare con i personaggi da lui creati) o di piccoli studi creatori di videogiochi indie di tutto rispetto (ad esempio To the moon) non è più rarissimo far scendere una lacrimuccia dai videogiocatori.

Piuttosto ultimamente ci si è posti un'altra domanda, si può emozionare senza sacrificare il gameplay? Qui la questione è un po' più complessa, perchè se vuoi far scattare qualcosa nell'animo dell'utente devi costruire una storia credibile, profonda, devi dare spessore ai personaggi, devi creare un atmosfera il più possibile costante senza che il giocatore cominci a vagare a casaccio facendo cose a casaccio finendo per annoiarsi e far venir meno la tensione e la storia che i creatori avevano in mente.

Purtroppo quindi per dare un grosso impatto alla storia e dare sensazioni più profonde al videogiocatore qualcosa a livello di gameplay quasi sempre deve essere sacrificato, certo ci sono giochi che hanno una bellissima storia, anche profonda ed emozionante e riescono a mantenere un gameplay molto interessante e tutt'altro che banale ma finiscono per essere ricordati (a parte rari casi) per una sola delle due cose (ad esempio Bioshock Infinite, o anche Spec Ops:the line).

Per dare maggiore senso di partecipazione al giocatore quindi si può decidere di fargli fare delle scelte durante il gioco, più o meno importanti che vanno ad influenzare tutto il resto e danno la sensazione non più di vedere un film interattivo, con qua e la qualche tasto da premere come richiesto (Dragon's Lair), ma di essere artefici della trama e quasi protagonisti (in realtà quasi sempre le decisioni prese non saranno mai troppo fondamentali, ma la bravura sta nel non far accorgere al giocatore di questo).

The walking dead degli studi Telltale (fondati da ex dipendenti della LucasArts: Grim fandango, Monkey Island ecc.) rientra in questa categoria di giochi, avventure interattive che possono essere plasmate dal videogiocatore mediante le sue scelte.

La forza di un gioco come The walking dead sta però nel mettere il giocatore all'interno di un avventura non canonica: qui non ci sono enigmi complessi come nelle vecchie avventure grafiche, non ci sono quasi mai oggetti da trovare o sequenze da tps, c'è da scegliere. In un mondo ormai distrutto e invaso dagli zombie, dove gli umani sono ridotti a carne da macello, bisogna scegliere tra rischiare la pellaccia, tentare di restare il più possibile nascosti, scegliere di chi fidarci, scegliere chi salvare, scegliere cosa fare per salvare queste persone, come fargli meno male possibile, sia a parole che di fatto...

Come se tutto questo non bastasse, il videogame ci mette nei panni di un uomo dal passato oscuro che è costretto dagli eventi ad occuparsi di una innocentissima bambina di 8 anni che all'improvviso si ritrova catapultata in un incubo.

Dovremo quindi fare di tutto per tenere al sicuro questa bambina, non potremo fidarci di nessuno, a volte un po' di più di alcuni a volte decisamente di meno, noi stessi non siamo degli stinchi di santo.
E' in queste senzazioni contrastanti (prendere decisioni difficili, dure, rovinare amicizie, mettere in pericolo delle persone pur di salvare noi e la bambina in questione) che Telltale fa centro.
Se a tutto questo ci aggiungiamo una sceneggiatura sopraffina, che ci mette costantemente in situazioni di pericolo e particolari, che non esita a tirarci continuamente pugni nello stomaco con scene crude, realistiche (incredibile per un gioco che ha una grafica a tratti da fumetto), a tratti splatter, il quadro è completo.
Tutto alla fine si conclude come in un cerchio perfetto che ripensando al primo capitolo ci fa capire la genialità degli sviluppatori.

Ci sono tanti giochi horror pieni di mostroni e di sangue, The walking dead the game invece mostra l'orrore dentro ogni persona, la difficoltà di mantenere un aura di umanità all'interno del caos e della morte, quando si tratta di sopravvivere non c'è più possibiltà di pensare al prossimo, si tratta di scegliere in poco tempo il male minore in quel momento.

Che dire quindi, dopo tutto questo, dei bug non certo assenti? Nominiamo la mancata localizzazione in italiano rattoppata con discutibili patch piuttosto amatoriali? Facciamo cenno ad un gameplay che a volte si lascia affascinare da sequenze pseudo-fps o action?
No, non importa, la prima stagione di The walking dead si prefissa un obiettivo e lo porta a termine egregiamente, questo è l'elemento fondamentale, ci lascia qualcosa, lo ricorderemo a lungo e questo per un videogame (mezzo da sempre snobbato o ritenuto di serie b) ai giorni d'oggi è tanto, tantissimo.


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