Basta aprire un vocabolario d'italiano per riassumere questa partita. L'illusione di quell'estivo 3-0 della prima giornata si scontra contro la rigidità e il rigore del nostro inverno calcistico. Una rigidità tecnico tattica che impone rigore nei commenti. Dopo sette mesi di Motta, infatti, in campo continua a scendere la solita Juve di Allegri, ottenendo addirittura meno risultati della Juve di Allegri. Tutto questo mottismo e calcio champagne non si sono ancora visti. Se mai sono esistiti, anche solo concettualmente, all'atto pratico stiamo assistendo solo ad aborti e a parti deformi. Per partite intere si è incapaci di imbastire trame offensive (e non passaggetti sterili) che non si esauriscano dopo due o tre passaggi, mentre agli avversarsi ne bastano un paio per raggiungere la nostra area di rigore. Questo è lo stato delle cose e non serve un'eccessiva rigidità morale per ammetterlo.
La Juve la spunta a Como col più classico dei cortumusismi. Quelli che negli ultimi anni abbiamo visto spesso, su campetti di periferia come questo, e che sono costati ad Allegri soprannomi, insulti e alla Juve il tifo contro da parte di alcuni juventini. Una rigidità feroce nelle critiche, da parte di questi ultimi, che oggi chissà perché, spesso viene meno. Anche se, più i mesi passano, meno restano coloro che fan parte di questa cerchia.
La spunta solo grazie ad un uomo e al suo momento di grazia. Un esordio da record che recita 5 gol nelle sue prime 3 gare italiane. Tre punti d'oro che rischiano di far nascondere sotto il tappeto l'ennesima scialba prestazione contro una piccola, che stando ai numeri non meritava affatto la sconfitta. Meno male, dunque, che il calcio non funziona come ce lo racconta Adani. Il gioco senza la finalizzazione da meno risultati del cortomusismo. Il cortomusismo invece, senza gli uomini adatti, resta senzamusismo.
La spunta anche grazie agli episodi. Quelli influenzati dalle fumose e poco standardizzate regole sui falli di mano in area, ad esempio, che creano solo polemiche e confusioni. In uno sport disegnato per la polemica, che sin dalla sua invenzione ha sempre avuto regole più legate all'interpretazione che al rigore della norma e che negli ultimi anni si continua a pasticciare. Naturalmente mi riferisco al fallo di mano di Gatti che ognuno, a seconda del suo lato della barricata, giudica in maniera diversa. A parti invertite molti di noi si sarebbero incazzati se non ce l'avessero dato, ma che, sono pronto a metterci la mano sul fuoco, se al posto di Gatti ci foste stato uno del Como e l'avessero dato, lo stesso Fabregas avrebbe mugugnato. Quel Fabregas che ormai si è integrato benissimo in Italia, tanto da assumere già i suoi usi e costumi, non tanto quando grida allo scandalo ma quando candidamente ammette che è la prima volta che parla di arbitri. Indovinate contro quale albero abbaiano sempre i cani in Italia? Bene, questa gente merita di subire torti da qui alla prossima partita con la Juve, quando finalmente potrà sfogarsi.
Il rigore è dunque quello che ci tira fuori dal lago, quasi per i capelli, quando il portiere frana sullo stesso Gatti, e già aveva rischiato su Kolo Muani in precedenza, uscendo come un tir fuori dal deposito. Un portiere che è parso tutt'altro che irresistibile, se solo avessimo avuto una squadra in grado di tirare in porta. Un calcio che si dimostra ripetitivo anche negli errori. i comaschi continuano a collezionare sconfitte per 1-2 (Atalanta, Milan, Juve) e 0-2 (Inter, Bologna) e Fabregas ci dice che devono migliorare. Ma dove l'ho già sentita questa cosa?
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