venerdì 19 dicembre 2014

LO HOBBIT, La battaglia delle cinque armate - Peter Jackson [doppia recensione]

Scendono i titoli di coda sulla trasposizione cinematografica del mondo di Tolkien (pare che per ora di Silmarillion non se ne parli proprio). Sei film che ci hanno appassionato, commosso e divertito come non mai, da tredici anni ad oggi e che rimarranno di sicuro in eredità ai futuri cinefili, che si abbia o meno letto i libri. Per l'occasione sfoggiamo oggi una doppia recensione di snake e napoleone... buona lettura


Analisi di un epilogo
A cura di Snake Plissken
Il punto sulla saga
A cura di Napoleone Wilson
Terzo ed ultimo capitolo del primo libro di Tolkien che Peter Jackson tramutò in saga-prequel. La battaglia delle cinque armate è il capitolo meno fedele al libro di Tolkien messo in scena da Peter Jackson, ma in fondo tutto ciò era preventivabile visto che ormai alla storia originale restavano soltando una cinquantina di pagine. Un capitolo battagliero, nel senso letterale della parola, a tratti commovente e fortemente "politico", in cui però il nostro hobbit Bilbo è costretto a passare per lo più sullo sfondo.

C'eravamo lasciati col drago Smaug furioso e in volo verso Pontelagolungo, deciso a sterminarne la popolazione. La sua storia si conclude nella prefazione che precede l'inizio vero e proprio del film. Riconquistato il trono, il nano Thorin viene assalito dalla malattia di suo nonno, la stessa che ha tenuto il drago nella montagna per tutti questi anni: l'avidità. La sconfinata ricchezza delle sale di Erebor immette nel suo cuore l'oscuro desiderio di tenere tutto per se, senza onorare gli impegni presi sul suo traggito, ma attira, inevitabilmente, anche "mezza Terra Di Mezzo" (uomini, elfi, nani, orchi e mannari), con intenzioni tutt'altro che amichevoli. Si capirà dunque che il drago era forse il male minore...

Nel momento in cui si decise di "allungare il brodo" si sapeva che molti pezzi sarebbero stati creati di sana pianta dagli sceneggiatori. In questi casi i puristi storcono il naso già di principio, ma stavolta qualche ragione ce l'hanno. La battaglia dei cinque eserciti (o delle cinque armate) è un terzo capitolo meno incisivo del secondo (a differenza di quanto accadde con Il Signore degli Anelli) ma che nonostante questo riesce a difendersi bene.

Alcuni han parlato di fine inglosiosa del drago, ma chi conosce il libro e le intenzioni di Tolkien stesso sa che non è questo il problema del film, poichè il drago non è in realtà il vero nemico. Il vero drago è dentro di noi, è l'avidità. Thorin lo scoprirà a sue spese. Il vero tema di questo capitolo è piuttosto la battaglia politica per la spartizione dell'oro della montagna. Quante guerre si son fatte in nome del dio denaro? E' questo dunque il tema principale su cui si dipana la storia. La posizione strategica della montagna, ormai rimasta incustodita, attira inoltre le mire delle forze del male.

La mancanza del drago però si avverte molto più nel film che nel libro, per le cause traverse dovute al film. Qui si era costruito un personaggio carismatico, sapendo che l'investimento su di lui sarebbe durato poco e nel prosieguo della storia non si è riusciti ad inserire un elemento fisico che la renda memorabile. Magari si sarebbe potuto caricare più Bilbo di pathos narrativo, il quale dovrebbe essere il vero protagonista della storia,

Il suo pezzo forte rimane la battaglia: mai così lunga, mai così protagonista di un film, tanto da divenire il protagonista principale prima dei protagonisti stessi. In tal modo però la storia ne risulta un po' svuotata. Come accade per lo sbrigativo finale quasi totalmente privo di una appendice. Chi non lo ha letto, dovrebbe almeno sapere come sono andate a finire certe cose. In fondo Jackson ci da' cose nuove ma ci nasconde storie fondamentali sul dopo battaglia. Si forse questo potrà servire a chi (colpevolmente) non ha ancora letto l'opera, ma alla fine un po' il brodo lo si poteva allungare anche li'.

Resta comunque un'opera maestosa ed epica, sotto il profilo degli effetti speciali che mantiene la tensione per tutta la durata del film. Un'opera adrenalinica e coreografica che ci regalerà anche momenti di commozione, le cui componenti aggiuntive sono sostanzialmente i personaggi che nel libro sono assenti. Come Legolas, non ancora presente ne Lo Hobbit, che torna a regalarci momenti anche a limite del discutibile (come ormai ci ha abituato dopo quello "stair-board" al fosso di Helm) gettandosi sui giochi di piattaforma o Tauriel, personaggio inventato di sana pianta dagli sceneggiatori. Ma mentre Legolas sappiamo che lo rivedremo, Tauriel (per quanto possa essere antipatica o simpatica) resterà comunque una storia destinata a cadere nell'oblio narrativo, anche per come è stata concepita. Senza fare spoiler (per chi non ha letto il libro) su di lei qualcuno verserà la lacrimuccia, in fondo si è scelto di inserire un elemento romantico in una storia che non ne conteneva affatto.

Altri invece la lacrimuccia la verseranno su quella musichetta finale e sulla scena che fa da ponte narrativo musicale alla Trilogia del signore degli anelli. Pensando che stavolta forse è davvero finità, dopo tredici anni passati ad aspettare l'ennesimo capitolo.

Molti infatti sono i riferimenti all'anello, cose che nella storia originale non erano ancora state concepite, ma come detto di Silmarillion per ora non se ne parla, anche se qualche elemento è già stato sguinzagliato qui e lì nei tre film. Si inizia infatti a parlare di personaggi che da quel libro provengono, come Morgoth (il primo oscuro signore) o Radagast e si fa riferimento a fatti che troviamo in quei racconti. Certo però che un'opera come quella, molto simile alla narrativa della Bibbia (un'insieme di tanti libro-racconti) comporterebbe un dispendio creativo non da poco...

chissa...
Peter Jackson con Il signore degli anelli fece un mezzo miracolo: difficile se non impossibile rendere al meglio sul grande schermo un romanzo lungo, complesso e articolato come quello di Tolkien (che come noto presenta parti poco cinematografiche e molto descrittive) e allo stesso tempo non scontentare i fan dello stesso. Pur tagliuzzando qualcosa, aggiungendo qualcosina, limando delle lungaggini e rendendo certe scene più cinematografiche riuscì a regalare al cinema una delle trilogie più belle della storia del cinema (prima che una serie di trilogie pretestuose e inutili invadesse il cinema regalandoci discutibilissime saghe fantasy).
Proprio perchè Il signore degli Anelli fu opera maestosa e quasi "miracolosa" quando venne annunciato Lo Hobbit alla gioia e all'acquolina in bocca dei primi momenti seguirono un po' di scetticismo e di dubbi: Lo Hobbit è un piccolo libro di poco più di 300 pagine, dall'atmosfera tutt'altro che epica e oscura, è quasi una favola, come è possibile trasformale sul grande schermo in un qualcosa che si congiunge con l'opera madre e anzi ne assume le stesse caratteristiche (lo Hobbit fu scritto diversi anni prima)? Lo scetticismo non fece che aumentare quando fu annunciato che il film era diviso in due parti...anzi in tre parti, quasi un suicidio annunciato.

Tra cambiamenti vari e abbandoni (Del Toro per Jackson alla regia) alla fine la prima parte de Lo Hobbit arrivò nei cinema di tutto il mondo nel 2012 e, sebbene alcune lungaggini iniziali e un'epicità posticcia assieme ad alcune aggiunte fecero storcere il naso, si rivelò una pellicola riuscita, con una seconda parte magnifica e con effetti speciali di gran valore. Sorprendentemente fece ancora meglio il successivo, uscito l'anno seguente: La desolazione di Smaug, riuscì ad intrattenere, entusiasmare e appagare i sensi con una ricostruzione eccellente delle scenografie e soprattutto con un villain tra i più riusciti della storia del cinema, il Drago Smaug appunto.

I nodi però alla fine vengono al pettine: i fan del libro sanno benissimo che il romanzo originale aveva ancora non tantissimo da raccontare, forse il meglio viene detto prima e allora come costruirci su un film di 2 ore e mezza? Aggiungendo, aggiungendo senza ritegno, cambiando moltissime cose, inventandosi scene che nel libro sono completamente diverse. Non è una critica è un dato di fatto: per costruirci su un film di quella durata doveva per forza esserci un completo stravolgimento rispetto alla fonte originaria.

Non stupisce quindi il fatto che sia il film meno verboso (a tratti non e' di certo un male) dei tre: tanta, tantissima azione, una seconda parte veloce e diretta, senza tanti fronzoli. Alla fine si resta perfino spaesati nel constatare come oltre alle tantissime soluzioni originali ci sono parecchie cose lasciate un po' per strada: il finale sembra un po' affrettato, con una bella chiusura "circolare" ma senza alcune piccole chicche e poco esaustivo (Bard). Le stesse aggiunte non vengono approfondite e le vicende di alcuni personaggi restano e resteranno monche (Tauriel): se introduco un personaggio che non e' presente nemmeno nel film Il Signore degli Anelli quantomeno non dovrei dimenticarmene nel finale.
Insomma La battaglia delle 5 Armate spesso si lascia andare a troppi ammiccamenti al Signore degli Anelli, alle vicende di personaggi di poco conto, ad invenzioni, finendo per perdersi il centro della vicenda: Lo Hobbit. Bilbo se non e' una comparsa e' personaggio meno centrale e fondamentale del romanzo. Il "mezzuomo" riesce comunque ad avere la sua importanza ma si ha piu' di una volta la sensazione di non riuscire a vederlo, cosi' sommerso tra razze, fazioni, alleanze...
Le scene di Battaglia pero' avvincono, come al solito coreografate e ideate alla perfezione, piu' di una volta (come consuetudine con i film della saga) si rimane stupiti e meravigliati (con qualche eccesso ormai abituale riservato ad un certo personaggio).
Anche le vicissitudini di alcuni personaggi emozionano: la vicenda di Thorin giunge a conclusione e nonostante i timori di uno stravolgimento del personaggio (avevamo letto di una deriva verso la follia molto piu' accentuata rispetto al romanzo) sicuramente su questo versante e' stato fatto un buon lavoro. Alla fine piu' che di Bilbo quindi sembra quasi di assistere alla storia del nano valoroso che la brama di potere conduce alla pazzia (un po' come Frodo, quasi citato in un paio di occasioni).
Di Bard gia' detto: viene ben inserito nella vicenda ma la sensazione e' che non sia stato gestito benissimo nel finale.
Tutto il resto e' contorno (Gandalf, Legolas, Galadriel...) come e' giusto che sia.

La battaglia delle 5 armate e' insomma un film che funziona decisamente in superficie ma che si perde un po' nei dettagli e conoscendo quanta cura era stata riposta da Jackson in passato anche su quelli non possiamo che avere una punta di delusione. Un film controverso, probabilmente scontentera' molti fans, ma che contiene al suo interno momenti decisamente godibili ed emozionanti.
Se pensiamo al primo capitolo non possiamo che pensare a Gollum e i suoi indovinelli o alla scena dei Giganti di Pietra, il secondo ci porta subito a immaginarci Smaug e i dialoghi enigmatici con Bilbo, questo terzo probabilmente anche nel suo essere godibile manca di scene che possano imprimersi immediatamente nella memoria. Forse col tempo ce ne verranno in mente (Bella la battaglia finale tra Thorin e Azog), forse no, chi puo' dirlo

Tutto finisce probabilmente qui: 13 anni nelle Terre di Mezzo non si dimenticano in fretta. Ecco allora che il finale non puo' che farci tornare con la mente agli anni passati assieme a questi strani personaggi partoriti dalla penna di Tolkien. Magari la chiusura non e' stata eccellente quanto il viaggio, ma non e' forse piu' importante e divertente il viaggio rispetto alla sua conclusione? Happiness is the road.

voto 8

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