domenica 17 febbraio 2019

RED DEAD REDEMPTION 2 - Redenzione senza compromessi (parte 3)

Se nella prima parte di questa "recensione trina" ci siamo occupati della discriminante cambiamento di stile di vita nel completamento di RDR2 e nella seconda abbiamo parlato dell'età, nella terza e ultima parte analizzeremo il concetto di frree roming.

3. Il concetto di free roaming per Rockstar Games

Ricordate i primi vagiti in 3d di Rockstar Games? Un inno al cazzeggio puro: trame sconclusionate, citazioni a pioggia, gameplay raffazzonato, grafica non così al passo con i tempi (GTA Vice City e GTA San Andreas anche all'epoca della loro uscita non erano così strabilianti a vedersi)...


Ogni cosa era funzionale a questa rappresentazione di un mondo estremamente caricaturale ed estremizzato nel quale giocare la parte del criminale. Tutto era sacrificato sull'altare della dissacrazione: riproposizione di scene prese paro paro da film di successo degli anni '80/'90 (Vice City altri non è che una parodia di Scarface), perfino più esagerate, missioni folli e totalmente sconclusionate, un gameplay estremamente semplice, soprattutto tanta tanta ironia. Non è un caso che per anni i giochi di Rockstar Games siano stati visti come opera del demonio in grado di plagiare le giovani menti dei ragazzini (i riferimenti ai politici dell'epoca, guarda un po', si sprecavano): "il videogioco dove si possono prendere a bordo di un auto le prostitute e poi ammazzarle", "potete investire i pedoni e poi rubargli i soldi"...Rockstar ci giocava con questo suo essere produttrice di giochi discussi (se ne parli, anche male, purché se ne parli si dice), costruendo la sua fama sulla capacità di suscitare polemiche (anche molto molto forti, vedasi Manhunt). Giochi che (per temi trattati) non erano indirizzati ai ragazzini ma che di fatto solleticavano proprio il gusto di quel tipo di pubblico: poca profondità e tanto divertimento. Videogiochi adulti fuori e un po' infantili (nel senso buono del termine, si tratta comunque di capolavori) dentro.


Ad un certo punto però qualcosa è cambiato. Certo, c'era stato l'esperimento Red Dead Revolver (sorta di prequel spirituale di Red Dead Redemption) ma Rockstar ci era quasi inciampata sopra per caso (il concept si deve a Capcom) e, soprattutto, si trattava di un prodotto profondamente diverso nello stile e nelle intenzioni: un action/adventure molto molto lineare (molto lontano dai free roaming alla GTA) e agli antipodi rispetto a quello che cercava di fare Rockstar all'epoca. Eppure, paradossalmente, proprio quel seme gettato con quel progettino collaterale finirà per fornire gli spunti per l'approdo definitivo al western che abbiamo assaporato con i capolavori successivi.

Il vero cambiamento concettuale però avverrà soltanto con GTAIV. Se San Andreas cercava un primo approccio simulativo (la possibilità di personalizzare il nostro alter ego, fino a farlo addirittura dimagrire o ingrassare a seconda dei gusti) che mal si associava ad una sceneggiatura ed un gameplay ancora più sconclusionati dei giochi precedenti (ufo, servizi segreti, poliziotti corrotti, un mare di clichè finivano in un minestrone di situazioni spesso senza capo ne coda), è con le avventure di Niko Bellic che ci sarà una prima svolta. Messe da parte le personalizzazioni (mero orpello privo di reale profondità da RPG), GTAIV ci mette nei panni di un emarginato con scrupoli di coscienza, che si muove disilluso in un'America che non conosce e non riuscirà mai appieno a comprendere. Tradito, usato, plagiato, cercherà la rivalsa personale nella vendetta. Non mancano i momenti folli e i personaggi bizzarri ma la sceneggiatura comincia già a compiere un balzo in avanti a livello di profondità e presenta più di un momento memorabile a livello di trama. Non è un caso che all'epoca buona parte della critica lo abbia incensato (anche al di là dei suoi meriti) mentre una buona fetta di pubblico lo abbia bollato come "noioso", un tipo di pubblico e di critica che ha più di un punto di contatto con quelli del recente RDR2.

Quando Rockstar se ne esce quindi con il primo Red Dead Redemption ha già ben in mente quello che deve fare: traslare questa sua voglia di crescere (a  livello di profondità) su un qualcosa di diverso e totalmente slegato da GTA, qualcosa che (pur con la consueta ironia) potesse commuovere più che far sorridere, immedesimare più che far provare il brivido della dissacrazione. Quale miglior modo per farlo se non ripescando dal suo stesso passato, donando nuova luce a quel progettino western ormai dimenticato da tutti? Non è quindi affatto un caso che del primo RDR tutti ricordino il potentissimo finale. La trama. Una costruzione lenta ma inesorabile (fatta anche di momenti apparentemente insignificanti, di cavalcate, caccia ai tesori, assedi...) ci porta ad empatizzare con John Marston e ad affezionarci a lui e a sposare la sua battaglia. Giochiamo a RDR insomma non per "cazzeggiare" (se ci si sforza lo si può pure fare snaturando il senso del tutto) ma per vivere l'epopea western del protagonista e seguire la sua vicenda. 



Rockstar, visto il buon successo dell'operazione, si sdoppierà quindi, tornando ad esaltare quello spirito giocherellone nel successivo GTAV (molto più colorato, esagerato e folle di GTAIV), portando con se però i miglioramenti e le conquiste ottenute col primo RDR: una trama (comunque molto meno riuscita e appassionante di RDR) meno lineare dei giochi precedenti della serie, una maggior cura per l'ambientazione e l'atmosfera, una miglior implementazione delle missioni secondarie nel mondo di gioco (più ristretto ma più coerente e rifinito). Era piuttosto evidente però che un nuovo Red Dead Redemption sarebbe uscito e sarebbe stato ancora più rifinito e profondo. E' proprio così infatti, RDR2 è come il predecessore ma ancora più estremizzato e profondo. La trama è ancora più sfuggente e meno lineare (scegliamo noi quando e come dedicarci alle varie missioni, quasi mai pressati da un evento impellente che cambierà tutto, se non nelle battute finali) e la sua natura di prequel ci fa già intuire perfino dove voglia andare a parare. Il colpi di scena ci sono, ma sono ponderati e contestualizzati, attesi: se nel primo RDR non sapevamo bene come il tutto sarebbe andato a finire, qui lo sappiamo ma siamo costantemente attirati dal vedere come ci si arriverà. 

Nel mondo di RDR2 tutto è giocato sulla "gestione": nessuno ti dice "vai lì e fai questo", sei tu a decidere quando andarci, se andarci, cambiando idea magari 20 volte per strada perchè attirato da un personaggio sconosciuto, una missione secondaria, un animale leggendario da catturare ecc. E' un gioco insomma molto più aperto, paradossalmente tanto aperto nel modo di approcciarsi al mondo di gioco e al concept quanto invece limitato e lineare nella risoluzione delle missioni primarie (ma non bisogna mai dimenticare che, per quanto di free roaming si tratta, non ci troviamo di fronte ad un gioco di ruolo, alcuni paragoni e critiche in questo senso appaiono quindi piuttosto pretestuose). Una scelta che rende il videogioco più "mattonesco" se vogliamo, meno immediato, più adatto ad una  necessità di dedizione totale da parte dell'utente ma (per quanto molti utenti ne verranno allontanati) una scelta precisa e ponderata. RDR2 insomma non è "noioso" perchè venuto male ma lo è perchè non siamo predisposti a farcelo piacere. Non tutto deve per forza combaciare con i nostri gusti, i nostri ritmi, le nostre necessità solo perchè "ci giocano tutti"o perchè ha venduto tanto ed è sulla bocca di tutti. Si sono lette critiche del tipo "non mi piace il western, l'ho abbandonato subito, pessimo". Ma cosa speravate di trovarci dentro? Va benissimo provare qualcosa che magari non rientra nei nostri gusti ma non si può considerare una caratteristica nota e fondante del gioco come uno dei suoi difetti. E' come dire "fa schifo Shining, è ambientato solo in un Hotel".

Red Dead Redemption 2 è insomma la maturazione definitiva delle ambizioni "adulte" viste nei precedenti giochi della Rockstar, la trasformazione in qualcosa di compiuto delle tante idee abbozzate in passato. Un prodotto perfetto? No, difetti ce ne sono e sono anche evidenti, ma ci troviamo di fronte ad un videogame che fa quello che vuole fare, che ha un'idea ben precisa e la porta avanti, che (forte dei dati di vendita sempre crescenti della casa produttrice) non cerca soltanto di compiacere un certo di pubblico con "effetti speciali". Un gioco insomma comprato da tutti ma forse per pochi.

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