martedì 24 maggio 2022

Clark - miniserie (2022)


Perché si dice "Sindrome di Stoccolma"? No, non cosa significa, quello è ormai fin troppo ovvio (la dipendenza psicologica della vittima nei confronti del proprio auguzzino, tanto da arrivare perfino a provare amore per lo stesso) ma perché si chiama così? Cosa c'entra Stoccolma? Perché non si chiama invece più banalmente col nome della persona da cui ha tratto origine? Vai sapere...
Comunque Stoccolma in qualche modo c'entra: la definizione trae origine infatti da un noto caso di rapina e sequestro avvenuto negli anni '70 nella capitale svedese ad opera dei fuggiaschi Jan Erik Ollson e Clark Oloffson (già noto per le sue imprese criminose). Ebbene i sequestrati nel corso dei giorni di prigionia arrivarono ad empatizzare con con i sequestratori tanto da fidarsi molto più di loro che della polizia e da considerare i primi come dei salvatori. Come è stato possibile? Fascino per il crimine? Carisma irresistibile dei due rapinatori? Inettitudine delle forze dell'ordine?

"Puoi fidarti di me, ti ho mai mentito una sola volta? Ecco, appunto, non solo una, tante volte, ma l'ho fatto per te, per noi, per amore"


Clark non è il solito biopic su un noto criminale, la classica storia di ascesa e caduta, di anarchia estrema che alla fine si fa compromesso se non addirittura collaborazione con la polizia. Si parla dell"inventore della Sindrome di Stoccolma"? E allora è la serie stessa a diventarne incarnazione estrema, vittima, succube. Clark Oloffson ci viene proposto come personaggio bello e dannato, irresistibile, infallibile, capace di ingannare ed ingraziarsi qualunque persona gli capiti sotto tiro: le donne se ne innamorano all'istante e credono a tutto quello che dice, gli uomini lo temono o lo ammirano. Le forze dell'ordine appaiono incapaci di tenerlo a freno, di ingabbiarlo, di dargli una pena congrua (una velata critica al sistema carcerario di quelle zone molto più "permissivo"): per ben 17 volte evaderá come nulla fosse. 

Tutto questo però ci viene mostrato non (come ad esempio nei vari Blow e affini) sotto una lente drammatica ma attraverso un registro prettamente farsesco, come se tutto si trattasse di una burla (il disclaimer iniziale è fin troppo esplicativo: "basato su verità e bugie"). Tutte le situazioni e gli eventi sono perennemente esagerati, enfatizzati, eccessivi,  sempre costantemente sopra le righe. I momenti di riflessione o quelli che potrebbero scivolare nel drammatico vengono continuamente "evasi" (a parte un paio di situazioni nella puntata finale), anche a causa di un montaggio veloce, psichedelico, pirotecnico: nelle puntate spesso assistiamo a momenti da videoclip alternati ad altri stile musical e ad altri ancora che utilizzano il cartoon. Ricchissime e onnipresenti quindi le musiche, molto anni '70, oseremmo dire molto prog (anzi osiamo eccome visto che la colonna sonora è opera di Mikael Akeefeldt, mente degli Opeth).    

"Dici sempre che siamo amici, che siamo partner e poi non vuoi fare qualcosa per me? Che ti costa? Tu non sei nessuno, io sono il grande Clark, dovresti essere onorato anche solo di morire per me e invece ti comporti come se io non fossi nessuno"
             

I riferimenti e gli spunti a livello tecnico insomma sono davvero tantissimi e ricchissimi, forse per compensare una trama una sceneggiatura piuttosto esile e a tratti ripetitiva (forse un simile tipo di operazione si sarebbe prestata poi meglio ad un formato da 30/35 minuti a puntata piuttosto che al doppio e anche oltre). Nel corso delle puntate Clark si limita a fare una rapina, innamorarsi di una nuova ragazza, finire in prigione e ricominciare da capo, in loop. Tutta l'impalcatura della serie insomma si regge unicamente sulla capacità del protagonista di catturare il pubblico, sulla sua parlantina,il suo essere detestabilmente simpatico, sul riuscire ad accettare le sue stronzate e le sue bugie continue nei confronti di tutti coloro che gli stanno intorno, come se si chiedesse anche a voi di essere vittime della nota sindrome.

Per fortuna la scelta del protagonista si è rivelata perfetta: l'ottimo Bill Skarsgard è stato bravo a costruire un personaggio camaleontico e poliedrico, decisamente sfaccettato (molto intelligente ma che si comporta da stupido, dal grande potenziale ma sprecato, con dei fantasmi interiori ma quasi sempre nascosti, menefreghista, affabulatore, opportunista...). Ma non avevamo dubbi, d'altronde buona parte della riuscita del remake di IT era anche merito suo e della sua interpretazione magnetica del pagliaccio assassino (in una puntata di Clark c'è pure una mezza citazione fin troppo evidente).


"Era la donna della mia vita, eravamo innamoratissimi, volevamo avere una famiglia e trascorrere tutta la vita assieme ma purtroppo il destino aveva deciso che fossi l'uomo più famoso di Svezia, non potevo fare una vita banale e noiosa come quella degli altri"


Clark è insomma una serie TV che non si prende quasi mai sul serio pur trattando tematiche serissime, che basa tutto il suo repertorio su una comicità fracassona ma piena di stile, mai nonsense o stupida. Il ritmo elevatissimo e ipereccitato compensa una non grandissima varietà di situazioni ed evoluzioni (Clark resta Clark dall'inizio alla fine: scordatevi cambiamenti da parte del protagonista), mentre lo stile è forse la sua caratteristica migliore.

Pro
 - Bill Skarsgard regge in piedi da solo tutta l'operazione con un'interpretazione istrionica
- Stile da vendere e montaggio camaleontico
- Musiche di alto livello

Contro
 - Visti genere e intenzioni forse un'ora a puntata non è esattamente il formato migliore
- Poco varia sotto l'aspetto delle situazioni e dei risvolti di trama
- Personaggi secondari spesso relegati a mere macchiette

Voto 7,5

Nessun commento: