Sono lontani i tempi nei quali una serie TV era sinonimo di lunghissime stagioni, fatte di 20/25 puntate, ognuna a se stante, da guardare rigorosamente una volta a settimana. L'avvento di Netflix e soci, con il formato streaming ci ha messo a disposizione "tutto e subito", sdoganando il fenomeno del binge watching che ha distrutto totalmente il "senso di attesa" per la puntata seguente ma ha reso possibile un modo totalmente nuovo di fruire i prodotti seriali. Non che non esista ancora chi resta ancorato ai vecchi stilemi, ma ormai le grandi produzioni sembrano aver abbandonato quel format.
Complice però la crisi di ascolti e di ricavi negli ultimi anni si è sempre più moltiplicata una terza via: la stagione in due parti. Quella che a metà si ferma dopo il cosiddetto mid-season finale e torna dopo un po': un mese, due, sei...In questo modo si limitano i costi e si mantiene alta l'attenzione del pubblico nei confronti di una serie per un tempo maggiore.
Lo abbiamo visto recentemente con serie come Ozark o Better Call Saul, ma per Stranger Things le cose sono andate un po' diversamente.
Innanzitutto come fai a dividere in due una stagione che ha solo 9 puntate? La tagli dopo la quarta? La quinta? No, Netflix ha pensato bene di regalarci una prima parte di 7 puntate ed una seconda di...2. Eh? Già, c'è da restare perplessi, è accaduto pure ad un certo Stephen King quando si è imbattuto in questa quarta stagione.
A guardare la durata delle puntate poi salta all'occhio il fatto che nessuna scenda sotto l'ora e 3 minuti, in pratica ognuna potrebbe essere una sorta di film, se non fosse che comunque la struttura resta tipicamente da piccolo (o piccolissimo) schermo. L'effetto è un po' strano, alcuni episodi sembrano eccessivamente diluiti, si ha l'impressione che le stesse cose si potessero dire (come giá fatto in passato) anche in 45/50 minuti. Anche perché Stranger Things ormai ha una sua fisionomia ben definita, non è qualcosa di nuovo che ha bisogno di tempo per mostrare la sua vera natura. Anzi, al contrario, per certi versi alcune puntate ripetono una formula già vista nella scorsa stagione (amici che diventano grandi e "dimenticano" gli altri, Undici e gli esperimenti, le classiche cotte che fanno dei giri e tornano al punto di partenza ecc.) come se si fossero scordate di aver sviscerato già esaustivamente in precedenza certe situazioni.
Questa quarta stagione insomma in prima battuta lascia un po' perplessi, ci sono delle cose che sembra stridano e rendano il tutto meno "fresco", meno scorrevole rispetto al passato. Sarà che ormai dopo 3 stagioni svanisce un po' la magia della "scoperta"? In parte.
"In caso non fosse troppo chiara l'ispirazione di questa stagione vi schiaffano direttamente lui per rendervelo ancora più esplicito" |
Perché si, ok la ripetitivitá, il senso di meraviglia che scema, l'effetto novità che sbiadisce, ma fortunatamente Strangers Things è una di quelle poche serie che sa costruire scene ad effetto e potentissime, che uniscono l'aspetto visivo, musicale ed emozionale come poche altre. Prendete ad esempio il meraviglioso finale della quarta puntata: un incubo rosso sangue di 10 minuti nel quale Max si dibatte per cercare di tornare nel nostro mondo sulle note di Running Up That Hill Di Kate Bush. Semplicemente perfetto. A metà tra il videoclip, l'horror ottantiano, il sogno psichedelico.
Oppure la settima puntata, l'ultima della prima parte, che in circa 1 ora e quaranta (una durata monstre, ma le ultime 2 stabiliranno nuovi record, vedrete) ci mostra un po' tutte le caratteristiche migliori della serie. Riesce a costruire abilmente la tensione, dapprima con delle semplici sequenze action che hanno per protagonista Hopper e i suoi "salvatori" (quelle ambientate in Russia) per poi stupirci con effetti speciali in un finale pirotecnico: una lunga e tenebrosa discesa nei ricordi più oscuri di Undi, che ricorderà cose che avrebbe preferito cancellare dalla sua mente e mostrerá al pubblico rivelazioni inquietanti e affascinanti su alcuni aspetti molto importanti della mitologia della serie. Il tutto si chiude con un colpo di scena molto potente e efficace (anche se nel corso della puntata ci si arriva molto prima rispetto al classico spiegone) che porta ad un ovvio cliffhangerissimo finale che (manco a dirlo) lascia con l'acquolina in bocca. E' qui che il fascino della creatura dei fratelli Duffer risplende al suo meglio e ci fa dimenticare qualche falla di troppo. Ci fa dimenticare pure che stiamo recensendo una prima parte, una serie monca, e non una stagione fatta e finita. Bravi, bravissimi. Quando volete. E allora chiudiamo pure noi la recensione senza mettere voti o giudizi definitivi, stiamo al gioco.
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