mercoledì 5 ottobre 2022

Dhamer: Mostro - La storia di Jeffrey Dhamer - Miniserie (2022)


Prima che diventasse eccessivamente inflazionata e priva della potenza delle prime stagioni, American Horror Story fu, a suo modo, una delle serie TV più interessanti e ingegnose. Anche perchè portava sugli schermi televisivi un genere, l'horror, che all'epoca era ancora poco presente sul piccolo schermo e che (assieme a quel The Walking Dead arrivato solo qualche mese prima) contribuì a sdoganare.
Il suo formato da serie antologica gli permise di affrontare nel corso delle stagioni tanto tipi diversi di orrore, dalle semi-leggende metropolitane ad eventi invece molto più reali e agghiaccianti, spesso aventi ad oggetto degli efferati assassini. Quei serial killer che su Netflix hanno spesso trovato spazio attraverso le tantissime docu-serie o telefilm rilasciate dal colosso di streaming. Ci si chiedeva quindi perchè i due percorsi non si fossero ancora incontrati.
Dhamer: Mostro - La storia di Jeffrey Dhamer (o più semplicemente Dhamer) non è una nuova serie di American Horror Story e allo stesso tempo lo è: non ne ha il nome ma ne contiene l'essenza iniziale, la "cattiveria", la sovversivitá, la capacitá di sconvolgere e scioccare, di far discutere e innescare polemiche (la storia del "mostro di Milwaukee" è piuttosto nota ma mai ci è stata raccontata così profondamente dal suo punto di vista, con una tale capacitá di immersione nella sua psiche).


La somiglianza c'è


Evan Peters, attore feticcio di Ryan Murphy, rappresenta forse il punto di collegamento maggiore con la fortunata serie, ma appare qui molto più convincente rispetto alle sue prove in American Horror Story. Laddove lì risultava quasi costantemente gigionesco e sopra le righe, qui invece lavora per sottrazione, risultando apatico, freddo, imperscrutabile. Il suo Jeffrey Dhamer è un personaggio inconoscibile. Vorremmo capirlo, vorremmo trovare un qualche appiglio per risolvere la sua esistenza ma non ci riusciamo mai. Vorremmo un perchè o almeno ci accontenteremmo di sapere che ci troviamo di fronte ad un semplice "mostro" (come da titolo della serie), quasi non si trattasse di una persona ma di un demonio o magari avremmo almeno preferito trovarci di fronte un uomo talmente disturbato da non accorgersi di ciò che aveva commesso. La risposta a tutte queste "speranze" invece è molto più agghiacciante.
Perchè al di lá di un'infanzia ed adolescenza abbastanza problematiche non vi sono soluzioni al suo puzzle mentale. Forse è sempre stato così (come dice lui stesso in una delle puntate), non c'è mai stata nessuna molla, nessun innesco. Dhamer è quindi male puro come  un Michael Myers in carne e ossa?
La serie spesso ci porta su questo sentiero, grazie a musiche e montaggio che rimandano agli horror alla Halloween, ed è in questo che Dhamer può considerarsi una sorta di stagione mai rilasciata di American Horror Story, una specie di spin-off. Allo stesso tempo però Jeffrey non ha la lucida e disumana spietatezza di Mike Myers, fa quello che fa ma non sa darsi una risposta, si nasconde dietro mille scuse ("mi dispiace" e "non lo so" saranno le due frasi più ripetute in assoluto nel corso delle puntate), sembra provare rimorso, cercare di cambiare, ma non è nella sua indole farlo, non può. E' un personaggio costantemente ambiguo, sul filo.


"Signora, mi spiace, stavo guardando Manhunter ad alto volume, ha presente? Quel film sull'assassino cannibale Hannibal Lecter? Mi scusi, siccome mi piace molto lo guardo a volume alto. Le prometto di fare meno rumore"



Ma Dhamer, la serie, al di lá dell'analisi sulla psiche del personaggio principale è in fin dei conti anche un atto d'accusa contro la cecitá delle forze dell'ordine, delle istituzioni e dell'ambiente familiare. Spesso quando si avvertono cose che possono risultare spiacevoli o pericolose si sceglie di voltare la testa dall'altra parte (una madre lunatica e volubile, un padre abbastanza presente ma poco predisposto ad accorgersi davvero di come stanno le cose, una nonna troppo lontana anagraficamente dal nipote e che crede che tutto si possa risolvere con la preghiera). Se almeno una volta i poliziotti che avevano fermato Jeffrey si fossero fatti più domande anzichè liquidare il tutto con "ha fatto una ragazzata" oppure "sono cose da gay, non voglio approfondire". Se scuola, esercito, datori di lavoro avessero ascoltato di più...non avrebbero salvato Jeff ma alcune sue vittime probabilmente si. Perchè in fondo Dhamer è soprattutto una storia di solitudine: una solitudine estrema, la solitudine di un uomo che non è un semplice figlio lasciato solo dai genitori, un omosessuale, un disadattato, un outsider, o una persona problematica come altre escluse dalla societá. E' uno che pensa e compie azioni che nessuno riuscirebbe a concepire o immaginare. Non c'è insomma alcuna possibilitá di trovare con lui un punto di contatto, una qualche via per connettercisi. Ma andava ascoltato.

Dhamer è stato un mostro e questo anche nella serie appare chiaro e fuori di dubbio (ha ammazzato 17 persone, mangiandone i resti, non potrebbe essere altrimenti). Non ci sono veri ripensamenti definitivi o consapevolezza in lui, se non quella di essere diverso da tutti gli altri e di non riuscire a stabilire alcun contatto o legame col mondo. Ma in lui vediamo comunque sempre un essere umano. Non c'è alcuna possibilitá di immedesimazione o di comprensione, sia pure virtuale, tutto ciò che accade ripugna e disgusta, eppure affascina perchè è inconoscibile, senza soluzione, contraddittorio.


"Signor giudice, io in realtá non sono cattivo,mi hanno disegnato così, mi spiace"


Ci troviamo poi di fronte ad una serie che mette angoscia ed è, di fatto, puramente horror anche senza bisogno di mostrare scene particolarmente cruente o sangue a fiumi (gli omicidi avvengono quasi tutti off screen, lo spettatore è giá abbastanza atterrito e messo a dura prova da parole, allusioni, risvolti psicologici) Quando un horror mostra troppo sangue spesso vuol dire che non riesce a catturare abbastanza l'attenzione dello spettatore con la storia e la tensione psicologica. E in questo caso Murphy (altrove invece eccessivamente e splatterosamente vuoto) sembra qui seguire questa importante lezione da maestri come John Carpenter. Solo che qui quello che accade è (quasi) tutto reale. Ed è qui che sta il lato più agghiacciante e orrorifico di questa serie TV.

PRO

- Evan Peters molto credibile
- La serie spaventa senza bisogno di mostrare scene eccessivamente cruente
- Non offre facili soluzioni consolatorie, ma è un vero pugno nello stomaco

CONTRO

- Per alcuni potrebbe risultare troppo eccessiva e non facilmente digeribile
- Forse 10 puntate sono troppe
- Ritmo non sempre costante 

Voto 8+

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