venerdì 21 ottobre 2011

THIS MUST BE THE PLACE – Paolo Sorrentino

Quando capita che ci sia molto da dire o ci si blocca o non si sa da che iniziare. Dalla fotografia? Dalla colonna sonora? Dalla sceneggiatura? Innanzitutto mi aspettavo di peggio, ero un po' scettico sul fatto che il binomio rockstar anni 80-Sean Penn potesse funzionare davvero, invece vedendolo ho capito come lo stesso Penn possa essere stato folgorato da Sorrentino...
…"qui nessuno lavora più, tutti fanno qualcosa di artistico…", dice Cheyenne in un bar al tatuatore tatuato. Lui invece sta cercando di fare il percorso inverso, un'involuzione basata sulla sostanza, che lo porti ad uscire dal guscio di una vita ibernata all'infanzia.

Lui, vecchia Rockstar ormai ritirata e fuori moda, per far questo dovrà affrontare il passato e porsi domande che non ha mai voluto farsi. Ed  proprio come una statua di ghiaccio che si muove per il mondo, col cuore freddo nel tentativo di capire cosa sia quella cosa che "lo disturba", quel raggio caldo che timidamente tenta di aprire una breccia e che nel farlo “smuove” e fa male, come usare di nuovo un muscolo rimasto fermo da molto tempo.

Truccarsi il volto serve allora sia per coprire il pallore di una figura cadaverica che per nascondere l'età, e con lei tener lontana la morte... Già, proprio quella morte che tanto ha evocato in vita, forse per anestetizzarsi nell’attesa di essa o credere di averla già superata, perchè in realtà ne ha una paura fottuta.
Da quest'analisi si può dunque capire a ritroso cosa creò quel movimento dark che vide tra i suoi maggiori esponenti Robert Smith dei Cure, da cui totale ispirazione trae il personaggio del film persino nello pseudonimo che usa nel suo viaggio. E’ dunque un film che tocca le corde del sensibile questo This Must Be The Place, con una splendida fotografia e un grandangolo straordinario, oltre a una colonna sonora magnifica che offre il cameo di David Byrne dei Talking Heads. Un film musicale dunque (non un musical) che del viaggio (spirituale e sonoro) ne fa una ragione di sceneggiatura. Ogni dialogo sembra studiato per accordarsi a tale arte, con frasi che ben descrivono la poesia di questa vita. Un film catalogato come drammatico ma che non si piange addosso, come han fatto altre collaborazioni Italia-Usa (vedi Muccino), con un’ironia sottile e pungente come la strana risata del protagonista.

Sorrentino testimonia ancora una volta che c’è del talento in questa terra, anche se questo talento il più delle volte è costretto ad emigrare e a sposarsi con il cinema americano per poter essere apprezzato e notato.

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