martedì 11 agosto 2009

Mettiamoci in gioco, settima puntata – Shadow of the colossus

Una new-entry, una videogame che non credevo potesse entrare in questa classifica fino a poco tempo fa. Shadow of the colossus è un gioco molto particolare, anomalo, molto semplice nella struttura, quasi banale, che a primo impatto sicuramente lascia interdetti: perchè mai un gioco così scontato (a parte la grafica stupefacente) è giudicato da molte riviste specializzate come uno dei migliori di tutti i tempi?
In buona sostanza lo schema è sempre lo stesso: trova il colosso, uccidilo e così via per 16 volte (non ci sono altri nemici o altre persone oltre voi, il vostro cavallo, una principessa priva di vita e i colossi. Qualche animaletto lo troverete nella landa deserta, ma non sarà di grandissima compagnia). Un gioco vecchio stampo insomma, dove il cavaliere deve attraversare una terra piena di nemici per salvare la principessa. Non è proprio così. Le prime avvisaglie le avvertiamo quasi subito: perchè dobbiamo uccidere questi giganti, che in realtà se ne stanno in disparte e non intervengo fino a quando non vengono disturbati? Se in un primo momento li vediamo come nemici da abbattere, che si frappongono tra noi e la vittoria, verso la metà del gioco la soddisfazione per la loro uccisione si trasforma in pena. Si, ad un certo punto l'uccidere i Colossi si farà sempre più difficile, quanto all'apparenza inutile e pieno di pietà nei loro confronti.
Immense figure che molto spesso non appaiono come dei conquistatori, piuttosto come le rovine di qualcosa di antico che noi disturbiamo e finiamo di distruggere. la trama rimane piuttosto ambigua fino alla fine, e praticamente nulla ci viene rivelato fino alla sequenza finale: chi sono in realtà i Colossi, chi ci ha promesso la "resurrezione" dell'amata in cambio della loro distruzione, chi siamo, perchè la principessa è morta, perchè questo essere è in grado di resuscitare i defunti? Più ci avviciniamo al finale è più cominciamo ad essere dubbiosi: è davvero giusto quello che facciamo? Ne varrà davvero la pena? Intanto cominciamo a cambiare nell'animo e nell'aspetto, finché il nostro destino si compie.
L'ultima sequenza chiarisce molte cose, e alla fine più che soddisfazione proveremo tristezza e rassegnazione: i nostri tristi presagi erano fondati.
Shadow of the colossus insomma parte davvero in sordina, per arrivare al culmine nella sequenza di chiusura ( è sicuramente voluto), dove resteremo immobili a gustarci uno dei finali più belli mai comparsi in un videogame. SOTC non è un gioco infinitamente divertente, ne con un gameplay straordinario, non è vario o originalissimo, non ha una trama dettagliata, eppure è un capolavoro. E' un gioco che ha come arma migliore l'atmosfera, il senso di qualcosa di incombente, il timore che i presagi di sventura siano reali, insomma va vissuto più che giocato. La ciliegina sulla torta poi sono le allusioni e le citazioni tanto ad Ico (Shadow of the colossus è più giovane di qualche anno, ma ne è il prequel in buona sostanza) quanto alle sacre scritture (Dormin, l'essere soprannaturale che ci guiderà, sarebbe l'anagramma di Nimrod: l'essere che costruì la torre di Babele e i cui pezzi furono sparsi per la terra, costretto a parlare un linguaggio incomprensibile tanto quanto quello del gioco in questione).
Un videogame insomma che ha un sapore di antico, di storia legata ad antiche leggende o al sacro, un opera che pochi avranno (purtroppo) la possibilità di gustarsi come merita (molti dei quali scoraggiati da un inizio poco promettente).

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