10’ Iaquinta (J), 51’ Morimoto (C), 91’ Poulsen (J)
La frase di Sandro Ciotti, entrata ormai da 40 anni nel dizionario calcistico, riadattata oggi nella stessa citta a questa partita che ha dell’incredibile.
Sembrava un discesa invece era una cunetta. Pareva che finalmente la Juventus avesse cambiato direzione e la grinta di inizio gara aveva prodotto il vantaggio di Iaquinta, poi d’improvviso il caos. Iaquinta si toglie la maglia nell’esultanza e si fa ammonire banalmente, poco dopo compie un fallo a centrocampo e sembra che Morganti gli dica in ascolano: “Dagghië, dagghië..., la cëpolla dëventa agghië” Secondo giallo ed espulsione. Passi che per me la seconda ammonizione è alquanto esagerata rapportata all’intervento, la partita per forza di cose ha assunto una direzione ben definita. In dieci la Juventus lascia avanti un Amauri che soffre di solitudine. L’impotenza offensiva che ne consegue abbatte il morale dei nostri che tornano nella loro depressione sportiva, fatta di passaggi sbagliati e azioni pasticciate. Il Catania allora ci crede e grazie ad una papera difensiva a cui contribuisce anche Buffon ecco la frittata, 1-1 ed equilibrio spostato. Così gli attacchi degli etnei assumono quasi i toni di un assedio che, si per l’arbitro (con un rigore non concesso) ma soprattutto per loro incapacità, non producono il vantaggio. Poi accade che con un contropiede di Amauri che quasi segna la Juve si dica: Cavolo proviamo un pò a vedere se ce la facciamo. E dopo una densità di azioni offensive e calci d’angolo ecco che un uomo, uno strano uomo, la sponda di centro campo Poulsen si fa trovare nel posto giusto (davanti al portiere) al momento giusto (su un errore della difesa catanese) ed è vittoria in zona cesarini.
L’esame anticrisi naturalmente è di nuovo rimandato. In undici la partita poteva andare in modo diverso e il processo alle intenzioni è inutile. Un’altro sospiro di sollievo dopo quello di Juve-Napoli.
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