martedì 21 aprile 2015

Shadows of the damned - Grasshopper Manufacture [© giugno 2011]

Nei videogames spesso l'Hype uccide quasi quanto i proiettili. Ti prospettano un gioco che vede tra i suoi creatori Mikami (Resident Evil) e il folle Suda (Killer 7), con la colonna sonora di Akira Yamaoka (Silent Hill) e non puoi che aspettarti il capolavoro. Ma un opera non è semplicemente la somma delle sue parti, è un amalgama delle caratteristiche di chi la crea, bisogna vedere come tutte le componenti riescono a coesistere.

Risultato? Il gioco all'uscita venne distrutto e nessuno se lo filò. Porque? Se definisci un gioco "un horror psicologico" e poi te ne esci con una specie di miscuglio tra "La Casa" e un film di Tarantino tanto bene non ti pubblicizzi e finisce che il pubblico si aspetta una cosa e ne trova un'altra (Ricordate The Village di Shambalambalam?).
Qui di horror ce n'è (ma il punto di riferimento come detto è Raimi, non Cronenberg), è lo psicologico che latita, a meno che non si voglia considerare qualche rimando di Suda alle sue opere precedenti o qualche spruzzatina qua e là di risvolti di trama poco chiari.

Taste my Big Boner
La trama in due parole: c'è un messicano che tornando a casa non trova la sua ragazza perchè è stata rapita dal Demone supremo degli inferi e deve andare a salvarla. Tutto qua? Ma che è, Dante's Inferno o Castlevania con le battute sconce? Si. No.
Se pensiamo però ai videogames del passato il primo che ci viene in mente (ma questo è dovuto anche alle tante citazioni) è Ghosts 'n Goblins: linearissimo, privo di colpi di scena ma con tanto tantissimo stile.
E le battute sconce? Praticamente i dialoghi sono fatti quasi solamente di quello (e non solo i dialoghi, pure gli stessi livelli e le armi dalle forme ambigue), quando non lo sono è perchè si ironizza su qualche film del passato o su qualche videogame. Tanta tanta demenzialità, spesso le battute sono ai livelli di un bambino delle elementari (Cacca, pupù, che ridere) ma ci si diverte, questo è lo scopo e questo riesce a fare.

Considerando tutto quindi è ovvio che se parli di horror psicologico ti prendono a pernacchie. Detto questo viene un po' da ridere a pensare a coloro che se ne uscirono/escono con "Ma che horror è, fa ridere invece di fare paura, ridicolo". Si ridicolo, ridicolo chi pensa di capire cosa sia un film horror e poi evidentemente non sa manco dove "Splatters" o "La casa" stiano di casa (gioco di parole pessimo e voluto). Qualche momento di tensione c'è ma sostanzialmente il gioco è un horror demenziale.

Spara ad una capra e vedrai la luce
Il Gameplay? Avete presente Resident Evil 4? Ecco, una specie, però qui non è in vigore una legge secondo la quale "se si spara non si cammina" e ci sono anche delle sezioni da sparatutto sui binari oltre che puzzle (banalotti) e combattimenti in cui si deve gestire bene l'armamentario e la situazione (nell'oscurità non si può uccidere, nella luce si, perchè? Perchè si).

I boss qui anzichè essere semplici fantocci sono persone finite all'inferno per qualche oscuro motivo, che verrà svelato da degli appositi e geniali libri-favola che nel gioco verranno letti dai due protagonisti. A proposito i protagonisti sono appunto un messicano che ogni 3x2 dice "Pendejo" e un teschio-arma che non smette mai di fare battute, a volte anche in momenti che in teoria dovrebbero essere seri. Due personaggi totalmente fuori di testa, soprattutto il secondo.

Insomma Shadows of the damned è un gioco ingiustamente sottovalutato e ormai dimenticato, l'hype e la pubblicità pessima hanno creato un circolo vizioso tale da relegare il gioco nell'inferno videoludico (grazie anche a recensioni fuorvianti e eccessivamente negative). Se volete giocarci fateci anche voi un viaggio, magari vi piacerà.

Voto 8

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