giovedì 18 giugno 2015

Retrospettiva Steve Hackett - parte 3 (1994-2006)

Terza e ultima parte della retospettiva dedicata al chitarrista inglese (Vedi <1> e <2>)


Blues with a feeling ** (1994)
Dopo tanti lavori rock e classici Steve decide di comporre un album tutto dedicato al suo amore per il blues. Il risultato purtroppo non è quello sperato: i brani sembrano piatti, mancano appunto di feeling, finiscono per annoiare. A parte qualche ibrido come "Big Dallas Sky" o "A Blue Part of Town", i pezzi più propriamente blues risultano banali e strasentiti.
Qualche guizzo lo riservano la rabbiosa "Solid Ground" o "Tombstone Roller" che se non altro è piuttosto varia, in generale però ci troviamo di fronte ad uno dei peggiori lavori della carriera solista del chitarrista.

Canzoni migliori: Big Dallas Sky, A Blue Part of Town
Canzoni peggiori: The Stumble, Love of Another Kind, Way Down South, The 13th Floor, So Many Roads


Darktown ***1/2 (1999)
Dopo la poca riuscita incursione nel blues, Steve fa pace col suo passato e sforna un disco che omaggia il suo vecchio gruppo (Watcher of the Skies: Genesis Revisited), prima di sfornare l'ennesimo album di musica classica (A Midsummer Night's Dream).
Passano così 5 anni prima di poter ascoltare un nuovo album rock, Darktown.
Il lavoro in oggetto è davvero molto molto particolare (già a cominciare dalla copertina, una bara): un album oscuro, pessimista, amaro, come mai era accaduto in precedenza. Steve riflette sul passato e ne analizza i risvolti più tristi e desolanti: dagli amici che si sono persi per strada (Jane "Austen's Door"), alla tittle track Rise Again(sulla severa educazione delle scuole inglesi), fino alla storia meno recente "The Golden Age of Steam". C'è spazio perfino per incursioni metal ("Omega Metallicus") e per brani dalle sonorità crimsoniane (la lunga e tristissima "In memoriam").
Gli sprazzi di luce non sono tantissimi ma ci offrono dei brani davvero ottimi: la quiete di "Man Overboard" o il sognante viaggio di "Dreaming with Open Eyes" ci offrono dei piacevoli momenti di rilassatezza.
Tra le cose migliori dell'album sicuramente figura anche "Twice Around the Sun": un lungo strumentale che nel finale si distende e ci offre uno degli esempri di "nota sostenuta all'infinito" di Steve.
In definitiva un album ostico, non per tutti i palati, pieno di ottime cose, ma dal mood oscuro e poco rassicurante.

Canzoni migliori: Man Overboard, Dreaming with Open Eyes, In Memoriam, Twice Around the Sun
Canzoni peggiori: The Golden Age of Steam, Darktown Riot, Rise Again


To Watch the Storms ****- (2003)


Steve ha ormai definitivamente superato la fase di stanca e sforna un altro album che, seppur con qualche riempitivo di troppo, ne conferma il periodo di buona forma.
Messe da parte quasi del tutto il pop da classifica, il nostro ci offre un lavoro fatto di un prog rock "moderno", con influenze tra le più disparate (la mazurka di "Come Away").
In più di un'occasione si strizza l'occhio al progressive di una volta (la genesisiana "Strutton Ground", "Brand New" che nelle armonie ricorda gli Yes ma anche la Crimsoniana e jazzata "Mechanical Bride") e anche i consueti spunti classici non mancano: basti ascoltare ad esempio la bellissima "Wind, Sand and Stars" ispirata da Saint-Exupery.
C'è pero molto altro di apprezzabile: "Circus of Becoming" col suo andamento da marcia evoca proprio atmosfere circensi, "This World" è un piacevole pezzo pop, mentre "Rebecca" e soprattutto "Serpentine Song" (nella quale Steve ricorda la sua infanzia)  riescono ad emozionare.
Un lavoro molto vario ma pieno di ottime cose.
Esiste anche una versione speciale dell'album, con 4 brani inediti, tra i quali spicca la "schizzata" "Marijuana Assassin of Youth"

Canzoni migliori: Mechanical Bride, Wind, Sand and Stars, Serpentine Song, Circus of Becoming, This World
Canzoni peggiori: Fire Island, Pollution B


Wild Orchids ***1/2
A differenza del decennio precedente Steve negli anni 2000 è molto attivo  e, dopo il consueto album acustico (Metamorpheus), arriva il nuovo album: Wild Orchids.
L'album è ancora più vario del precedente, tanto che spesso forse il chitarrista esagera un po' troppo con le influenze e gli stili e in alcuni casi rischia di spiazzare troppo.
Se l'iniziale "A Dark Night in Toytown" si rifà ai pezzi classici dell'Hackett solista e "Set Your Compass" sembra un pezzo uscito da Defector, "A girl called Linda" rimanda al jazz, "Ego & Id" e "Wolfwork" (legata a doppio filo col successivo strumentale Why) sanno di hard rock. Che dire poi della quasi beatlesiana "Waters of the Wild" o del minestrone Down Street (il pezzo più lungo dell'album): ironica e allo stesso tempo oscura? C'è perfino spazio per una capatina nei pressi dei Pink Floyd di The division Bell ("The Fundamentals of Brainwashing") e per una cover di Bob Dylan (l'ottimo blues di "Man in the Long Black Coat").
Insomma tanti, tantissimi sapori, quasi tutti gustosi, qualcuno un po' pesante.
Così come per l'album precedente è disponibile una versione con 4 tracce aggiuntive

Canzoni migliori: Set Your Compass, Wolfwork/Why, The Fundamentals of Brainwashing, Down Street
Canzoni peggiori: Howl, Cedars of Lebanon, Until The Last Butterfly

Il resto della discografia potete vederla recensita su questo blog

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