Quest’oggi si recitano due De Profundis, entrambi nella lingua dei romani: antichi e moderni (laziali e romanisti) con concessioni al napoletano:
Uno per il campionato, prematuramente scomparso dopo otto gare senza nemmeno “l’inutile appello” delle trenta giornate rimaste (considerate troppo poche per rimontare cinque punti a questo Napoli).
L’altro per un genere speciale di juventini: quelli del “che ce frega dell’ennesimo scudo noi volemo a Coppa”. a quanto pare adesso lo scudetto non lo snobba più nessuno.
Così come d’improvviso giocare bene non conta più quanto il risultato. Juve dominatrice sciupona si piega ad una Lazio catenacciara che fa un tiro in porta e raccoglie due gol. Inzaghi al posto di Allegri sarebbe stato accolto da una coro di fischi dai soliti noti, invece sembra diventato meglio di Sarri. Ma questo è il nostro calcio. Che la fortuna nel calcio conti… conta solo se a dirlo non siamo noi.
Invece la fortuna o l'inerzia della gara, comunque vogliate chiamarla, gioca da sempre un ruolo fondamentale nel calcio e che sia un momento particolare per testa e "culo" l'abbiamo visto anche ieri. Sull’1-0 per noi la Lazio continuava ad arroccarsi in difesa come se fosse lei in vantaggio. Pareva la situazione ideale, invece ancora una volta è arrivato il black-out mentale e i nostri avversari hanno avuto il merito e la bravura di approfittarne. Due “luridi contropiede e la partita finisce” prima che noi ci si accorga che siam passati da cercare il raddoppio a cercare il pareggio.
Dalla sfortunata traversa del Pipita sulla zuppa di Strakosha, al palo di Dybala, passando dall'imperdonabile errore di Higuain all'insensato cambio di Allegri che toglie Lichtsteiner per Sturaro: personaggio sempre più avulso e indigesto, ormai con lui si gioca in dieci ogni volta. Quando arriva quel rigore al 94' io (e forse anche Allegri che guadagna gli spogliatoi senza vederlo) non credo alla sua realizzazione. Ecco che non rimango particolarmente stupito mentre Dybala rilascia la copia del tiro fatto contro l'Atalanta. C'è poco da fare, a volte capitano partite da dimenticare... giornate da dimenticare, nella quale in maniera speculare ed opposta va bene al Napoli, anche lui salvato da palo e traversa e lanciato dall'assist di De Rossi.
Bisogna prendere atto del momento no, in cui se qualcosa va già male finisce peggio. Uno di quei periodi in cui non sai se sia meglio consultare un bravo psicologo o ritrovare quel briciolo di fede lasciata nel taschino dell’abito della prima comunione e consultare un esorcista. Due partite che definire stregate è un eufemismo. Due rigori sbagliati, quattro punti persi. Dopo Bergamo di nuovo una partita ai confini della realtà come se qualcosa si fosse perso nello spogliatoio “ospite” dell’Atalanta. Il tonfo è grande e porta via con se l'imbattibilità interna che durava da 42 giornate.
La squadra capace di rimontare il doppio svantaggio di Genoa, e di superare le scosse dei VAR contro di inizio campionato diviene quella che non riesce a sfruttare i VAR a favore e si fa rimontare anche dai doppi vantaggi. Tutto pare si sia capovolto. Dybala che la riprende a Genova pare il fratello brutto di quello che la butta via a Bergamo e Torino. Una squadra che non riesce a gestire i nervi e che soprattutto spreca troppo. Non si può gettare al vento queste occasioni e sperare di farla franca.
Ora il silenzio è d'oro, ed anche se trenta partite sono davvero pochissime... chiamatemi romantico ma io non smetto di sperare.
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