But our FEAR denies it
While the papers stir it
The colours of the flag we wave
Were and will become blood red again"
While the papers stir it
The colours of the flag we wave
Were and will become blood red again"
E' molto di più ciò che ci lega di ciò che ci divide
Ma la nostra PAURA lo nega
Mentre i giornali la rimescolano
I colori della bandiera che sventoliamo
Erano e diventeranno di nuovo rosso sangue
Ma la nostra PAURA lo nega
Mentre i giornali la rimescolano
I colori della bandiera che sventoliamo
Erano e diventeranno di nuovo rosso sangue
(Marillion - Fear)
Viviamo in un mondo dominato dalla paura, un sentimento talmente forte da essere utilizzato da sempre per dominare le masse: che si tratti della classica catena di Sant'Antonio a tema allarmistico o della paura del diverso utilizzata a scopi elettorali (o, peggio, per fini delittuosi) negli ultimi anni abbiamo assistito ad una vera e propria escalation della "paura". Nessuno si sente più al sicuro e meno una persona si sente al sicuro più è disposta a compiere scelte estreme e poco oculate, scelte di pancia e poco ponderate.
Non è un caso che anche a livello politico i partiti più estremisti stiano prendendo sempre più il potere: si prendono la briga di incanalare la rabbia e la paura delle persone quando non la alimentano essi stessi per i propri fini.
Non è un caso che anche a livello politico i partiti più estremisti stiano prendendo sempre più il potere: si prendono la briga di incanalare la rabbia e la paura delle persone quando non la alimentano essi stessi per i propri fini.
Le elezioni politiche americane che hanno portato l'ascesa assolutamente inattesa di Donald Trump seguono questa deriva, questo flusso che sta conducendo il mondo ad assumere posizioni sempre meno concilianti. Spesso il tutto si riduce ad una mera questione di denaro o di potere (come sempre quando c'è di mezzo la politica) ma a volte dietro tutto questo c'è la figura di uno psicopatico dal forte carisma che in qualche modo riesce ad canalizzare
questo timore e questa rabbia e creare vere e proprie "sette" capaci di pensieri ed atti
assolutamente inimmaginabili dal singolo (spesso i pensieri di questi leader sono talmente assurdi che è difficile immaginare come possano "attecchire", ma lo fanno). Per dirla in breve "la paura genera mostri"...ma naturalmente anche i mostri generano paura e quale spunto migliore può esserci quindi per una serie horror?
American Horror Story nella settima stagione sceglie quindi per la prima volta un approccio più maturo al terrore, più politico, meno diretto. Ma fa paura?
"Trump non è immondizia, è la mosca che l'immondizia ha attirato"
American Horror Story nella settima stagione sceglie quindi per la prima volta un approccio più maturo al terrore, più politico, meno diretto. Ma fa paura?
"Trump non è immondizia, è la mosca che l'immondizia ha attirato"
Ma in questo momento chi stavo impersonando? Jim Jones, Charles Manson, Kai Anderson...non mi ricordo più. Mi sa che stavolta abbiamo un po' esagerato |
Ally ha molte fobie ma ne ha due in particolare: i pagliacci e Donald Trump. In pratica la stessa cosa.
Il giorno delle elezioni è disperata: ha vinto quello che per lei è il male assoluto, il settarismo, la disciminazione, l'isolamento, la paura. Lei, che è sposata con un'altra donna e ha un figlio che intende crescere con concetti "aperti" vede in tutto questo il segnale di un mondo che sta cambiando in peggio e sta portando la discriminazione al potere tanto da rendere spesso folli le persone. Proprio questa follia finirà però per bussargli alla porta e per distruggere tutte le sue certezze. Si imbatterà infatti in una strana setta che ha per capo uno psicopatico intenzionato a prendersi il potere con ogni mezzo e a diventare un importante esponente politico. Dovrà anche lottare contro le sue fobie e i suoi principi per scamparla.
Tra
una citazione qua e là alle stagioni precedenti (il ritorno del
pagliaccio Twisty in un cameo o la citazione di un personaggio di Asylum) e a film/telefilm del passato (It, Halloween, The Purge, ma perfino a The mentalist vah, non scherzo guardare la prima puntata per
credere), in questa stagione non si fa che indagare sul concetto di "seguito", di "culto" appunto. Si strizza pure più volte l'occhio a Fight Club, soprattutto nella seconda parte, mostrandoci come pensano ed agiscono alcune "associazioni" e il modo col quale riescono a creare un seguito (naturalmente qua è tutto molto più annacquato rispetto al film di David Fincher).
Cosa spinge quindi una persona apparentemente equilibrata a far parte di una setta? Cosa spinge invece una persona apparentemente normale a diventare un "divino sovrano?". La paura si è detto. E' solo quella però o ci sono tante altre componenti? La serie cerca di fornire qualche risposta e qualche indizio ma lo fa nella consueta maniera spesso discutibile e senza mezze misure.
Cosa spinge quindi una persona apparentemente equilibrata a far parte di una setta? Cosa spinge invece una persona apparentemente normale a diventare un "divino sovrano?". La paura si è detto. E' solo quella però o ci sono tante altre componenti? La serie cerca di fornire qualche risposta e qualche indizio ma lo fa nella consueta maniera spesso discutibile e senza mezze misure.
L'orrore |
Si parte infatti dalle elezioni americane e i risvolti sulla vita delle persone fino ad arrivare ad un'escalation di sangue e violenza che ha per tema le sette fino ad una lotta tra fazioni e a una "battaglia finale". Si rischia insomma di perdere, come di consueto, il bandolo della matassa, tanto da chiedersi "ok, ma gli autori dove volevano arrivare?"
Insomma spesso il messaggio risulta un po' rozzo, abbastanza banalotto e contraddittorio, ma il tentativo di costruire una serie un po' più "matura" (per quanto possibile visto il progetto) ha un certo effetto (ma serve una grossa sospensione di incredulità). Almeno ci si prova a fare qualcosa di diverso insomma.
A questa ricerca di una maggiore "maturità" contribuiscono i consueti flashback che stavolta si riferiscono a figure reali del passato e non a "personaggi del folklore": si passa insomma con scioltezza (e con troppa superficiailità) da una Valerie Solanas, ad un Jim Jones, ad un Charles Manson...peccato che l'affidare l'interpretazione di questi personagg sempre agli stessi attori (pratica già utilizzata in passato) finisca solo per rendere tutto più "macchiettistico" e meno profondo. Se già una pecca della serie è proprio quella dell'eccessivo riciclo degli attori tra le varie stagioni il continuare a riciclarli ancora e ancora anche all'interno della stessa stagione ammazza la tensione e il coinvolgimento.
Quella faccina disegnata sullo sfondo mi ricorda qualcosa... |
La settima stagione di American Horror Story insomma funziona come serie che vuole far riflettere (anche in maniera abbozzata e stereotipata) sulla situazione attuale, purtroppo però non funziona come serie horror, o meglio non lima i consueti difetti ormai irrisolvibili della serie (sceneggiatura lacunosa e personaggi particolarmente incoerenti e schizofrenici). Dopo 6 stagioni una svolta era più che necessaria ma non sappiamo quanto questa svolta abba dato effettivamente i suoi frutti (per quanto sicuramente si supera agevolmente la noiosa passata stagione). Se quindi (almeno dalla terza stagione in poi) la cifra stilistica era stata la forma sopra la sostanza, qui si prova a fare l'opposto ma la sostanza è solo discreta.
PRO
- Tematiche più attuali e interessanti
- Molte citazioni riuscite
- Maggior "maturità" rispetto alle serie precedenti
CONTRO
- Caratterizzazione dei personaggi al solito lacunosa
- Riciclo eccessivo degli attori
- Sceneggiatura non impeccabile
Voto 6,5
Nessun commento:
Posta un commento