Tra la seconda e la terza stagione di True Detective sono passati la bellezza di 4 anni, che nell'unità di misura seriale corrispondono quasi ad un'eternità. Come è noto, dopo i primi fortunatissimi 8 episodi, la serie si "inceppò" nella seconda stagione fino ad essere praticamente demolita (a torto) di critiche. Il motivo? Troppo diversa dalla prima stagione, troppo confusa e dalla sceneggiatura traballante (in parte vero), senza interpretazioni recitative all'altezza. Ma è inutile girarci intorno, gran parte delle persone fecero smorfie solo perchè si trovavano davanti a una serie tv che proponeva una formula alternativa e più sfaccettata (meno riuscita, questo si), le stesse persone che più o meno hanno attaccato questa terza stagione perchè "è una copia della prima". Insomma non frega nulla del fatto che si tratti di una serie antologica, la gente voleva esattamente True Detective 1, niente di diverso, niente di simile, voleva la stessa identica cosa. Ovvio quindi che qualsiasi altra cosa sarebbe stata criticata a prescindere.
E quindi com'è questa terza stagione? Un copia della prima appunto. Come tutte le copie non siamo al livello dell'originale ma a tratti ci si avvicina.
La parte di Matthew McConaughey la faccio io perchè ho vinto l'oscar...e poi sono più alto |
Cestinata l'idea di un trio di protagonisti si torna quindi alla classica cop(p)ia come nei primi 8 episodi, una trama lineare e un caso "classico" (laddove Farrell e soci si scontravano con questioni molto più complesse e "in grande"), si torna alla struttura flashback/flashforward/interrogatorio, con uno dei protagonisti che ha problemi familiari e un rapporto di amore/odio con la moglie e l'altro non sembra avere legami...Ci troviamo pure nello stesso universo narrativo della prima stagione, con più di un rimando esplicito a quel vecchio caso. Ma qualcosa di diverso ci sarà? Si, uno dei detective è nero.
Più che nelle (ingombranti) similitudini esterne, quello che ha cercato di fare in realtà Pizzolatto è riportare la serie alle sue origini a livello concettuale: la risoluzione del caso è meno importante del percorso per arrivarci, il "colpevole" è nascosto nella banalità degli eventi, non c'è nulla di assurdo o "più grande", niente complotti. Ad essere indagata è la natura dei due detective, ad essere messa in discussione è la loro vita e le loro scelte, il loro diverso modo di approcciarsi all'esistenza, agli affetti e alla professione. Il caso sul quale i due devono indagare (la morte di un ragazzino e la scomparsa di sua sorella) diventa quindi solo un mezzo col quale raccontare la loro storia e il modo nel quale quel tragico evento ne ha segnato per sempre l'esistenza. Il titolo, True Detective, d'altronde non è mai stato casuale.
True Detective è quindi (come la prima stagione) in fondo una storia di amicizia duratura (vedere le scene finali che ci riportano idealmente a quelle del primo ciclo di episodi: lì molto più esistenziale, qui più intimista) tra due persone diversissime (e non solo per il colore della pelle) laddove i 3 protagonisti della seconda stagione si incontravano e scontravano spesso incidentalmente. Le persone che incontriamo ci influenzano e ci cambiano, forse per sempre, ma i veri legami vanno al di là delle piccole scaramucce e incidenti di percorso.
Singolare il fatto che in questo caso le due personalità dei protagonisti risultino ribaltate: non è "l'uomo senza legami" a trovare nell'amicizia con "l'uomo famiglia" un porto sicuro, ma è l'esatto opposto: Wayne Hays è alla ricerca di qualcosa, per tutta la sua vita, qualcosa che non sa bene dove trovare e come trovare. Un qualcosa che probabilmente era sempre stato vicino ma che non era in grado di vedere perchè troppo impegnato a cercare, tanto da sacrificare tutto e tutti e rimanere irrimediabilmente solo fino a quasi la fine dei suoi giorni. Roland West invece, in teoria il suo contraltare, dedito al lavoro e perennemente "scazzato", apparentemente disposto a più di un compromesso per far carriera, è in realtà un uomo profondamente leale, che crede nell'amicizia e non porta rancore anche quando avrebbe il diritto di farlo. I punti di contatto con i due detective della prima stagione insomma sono tanti ma allo stesso tempo spesso i ruoli si invertono, riuscendo a dare a questa terza stagione una sua personalità ben distinta.
Senti, non abbiamo tempo da perdere, non ci sono più il poliziotto buono e quello cattivo, li abbiamo fatti fuori noi |
Messe da parte quindi le velleità di trasformare la serie, con questa terza stagione di True Detective si torna "a casa", situazioni ed eventi che rimandano immediatamente alle origini. Le sperimentazioni vengono messe da parte e si sceglie di concentrarsi su quello che si vuole raccontare più che sul come si vuole raccontarlo, adottando una struttura classica sulla quale si inseriscono le figure dei due detective scandagliati nell'arco di 8 episodi.
Basta questo per sfornare un capolavoro degno del nome che si porta appresso? No, però quando si entra "in sintonia" con i protagonisti e ci si appassiona alle loro vicende è comunque un bel vedere.
Pro
- Tanti punti di contatto con la prima stagione
- Mahershala Ali e Stephen Dorff non avranno l'appeal di Matthew McConaughey e Woody Harrelson ma se la cavano alla grande
- Ottima caratterizzazione dei personaggi, anche quelli secondari
Contro
- Troppi punti di contatto con la prima stagione
- Forse il "caso" poteva essere gestito un po' meglio
- Qualche questione lasciata per strada (altre invece sono volutamente poco approfondite)
8--
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