lunedì 4 gennaio 2021

#SerieA 20)21_15 #JUVENTUSudinese 4-1 – JuvevuJ


È una Juve palindroma. Con le sue discese ardite e le sue risalite. Come sulle le montagne russe continua il suo percorso da up and down tra vittoria e non-vittoria. Acuti e stecche di gioco e di sorte, e anche di gioco con la sorte. Persino nella stessa partita questa squadra è capace di invertire la propria entropia come in TENET. Il guaio è che lo fa continuamente senza trovare un minimo di soluzione. Spesso subisce un evento catalizzante (positivo o negativo) che inverte la sua direzione in avanti o all'indietro, durante le gare, e verso il basso o l'alto della classifica.

Come con la Fiorentina, tutto sembrava ripetersi con l'Udinese: un contropiede dopo pochi minuti, un buco difensivo e un gol subito al primo tiro in porta. Stessa porta. Stesso stadio. A pochi giorni di distanza ma in due anni diversi. La fine di uno e l'inizio di un altro. Le vacanze di natale come una porta girevole (quella sotto la nord) che sembrava farci rientrare da dove eravamo usciti.

Ma quando tutto pareva in salita saltavamo il dosso e iniziava la discesa. La stessa sorte ci veniva incontro, laddove prima ci aveva abbandonato. Come in dopo essere entrati nella porta girevole di inversione della Rotas, l'entropia diveniva negativa, il disordine del nostro gioco diminuiva così come la nostra sfiga. Dal nulla appariva il var e il gol di De Paul veniva annullato. Nessuno l'aveva visto, nè tanto meno l'arbitro, ma proprio su quella ripartenza c'era stata la mano dello stesso De Paul, la mano che di fatto gira la porta e inverte il flusso. Tutta la sfiga e l'errore piombano da noi a loro e su di lui e poco dopo è proprio da una sua palla persa che Ronaldo ci porta in vantaggio.

Un brutto primo tempo, fatto ancora di scorie e paure per la negatività, poi la presa di fiducia del secondo. Anche la mentalità dei giocatori diventa positivista e il nostro gioco ne risente in... positivo, appunto. La Juve prende finalmente coscienza di se e della sua arma migliore: il contropiede. C'è poco da fare, infatti, laddove pecchiamo rispetto agli scorsi anni (difesa, fiducia, esperienza, furbizia) acquistiamo rispetto al recente passato, nel quale tutto si poteva dire di noi tranne che fossimo dei maghi sulle ripartenze e nelle verticalizzazioni. Una sorta di scambio tra il presente e il passato che finora non è stato alla pari. Come se per avere quello che ci mancava avessimo ceduto tutto quello che avevamo.

Lo facciamo con Chiesa, lanciato da Ronaldo sul gol del raddoppio. Cerchiamo di riproporlo con Ramsey, lanciato da Chiesa, la cui caparbietà, sulla prima respinta del portiere ospite, si scontra contro il proprio braccio e il var gli annulla il 3-0. Ma si perpetua con Ronaldo, lanciato da Bentancur, che emula Chiesa e mette a segno l'ennesima doppietta personale in stagione. Si interrompe per un po' con lo sciagurato gol che che prendiamo, ma viene sigillata col 4-1 di Dybala. Tutto in verticale, tutto in velocità, senza l'enorme mole di passaggi che ci serviva in altri tempi per concretizzare.

E pure la fortuna gira, si passa dagli errori di La Penna ai salvataggi de la Traversa. Una sorte che non ha vie di mezzo. Una Juve che non ha vie di mezzo. Capace di passare per propria mano dal 3-0 esterno col Barcellona e lo 0-3 interno con la Fiorentina. Un risultato che resta simbolico anche quando non siamo noi a metterlo o a toglierlo dal tavolino. In questa trottola bianconera ogni partita è una puntata alla roulette e ogni sortita pare dipendere dal nostro libero arbitrio tanto quanto dalla nostra sorte.

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