E' fuori di dubbio che la principale fonte di ispirazione per "Clair Obscur: Expedition 33" siano stati i classici Final Fantasy ed affini. I Jrpg di una volta insomma (non che nel corso degli anni siano cambiati così radicalmente): combattimento a turni, mappa di gioco vista dall'alto (a "volo d'uccello", con i personaggi minuscoli), il consueto gruppo di amici che parte per un viaggio per salvare il mondo (spesso con segreti vari che si tengono nascosti), ambientazioni peculiari e impalcatura fantasy con relative regole proprie sul funzionamento del mondo in questione ecc. Ci sono tutti i crismi insomma pure qui per il classico ed ennesimo RPG alla giapponese, genere che per anni ho detestato e solo in tempi recenti ho in parte rivalutato (grazie ai vari Persona e simili), pur non riuscendo ad avere lo stesso entusiasmo di molti altri nel giocarli. La noia e l'irritazione per gli incontri casuali sono tra le cose che ho odiato di più in un videogioco, una meccanica (oggi in gran parte superata) che letteralmente mi ha fatto abbandonare qualunque opera che la utilizzava (in pratica il 90% dei grandi classici dei giochi di ruolo orientali). Aggiungiamoci che molto spesso questa pratica richiedeva un approccio da grinding selvaggio, che portava a ripetere ancora ed ancora gli stessi combattimenti contro gli stessi nemici, con le stesse (lunghissime) animazioni non skippabili e con i combattimenti a turni che ad un certo punto si facevano lunghissimi e ripetitivi fino alla morte, solo per scoprire (dopo 1 ora di giocato) che il boss in questione aveva pure una seconda fase altrettanto lunga. Ah, naturalmente dopo aver sconfitto tal nemico dovevi sorbirti pure una lunghissima cutscene prima di poter arrivare all'agognato salvataggio. 2 dannatissime ore e mezza di tempo, se tutto ti andava bene, prima di poter essere sicuro di poter andare avanti (se invece avevi magari solo un'ora di tempo, o meno, per giocare ti attaccavi...al tram).
La trama poi. Molto spesso si trattava di plot davvero interessanti, con idee piuttosto originali, mondi di gioco misteriosi e con segreti tutti da scoprire. Peccato che tutto questo fosse annacquato da dialoghi chilometrici sul nulla (personaggi che discutono per ore sul vestito da mettere e cose così), divagazioni infinite su questioni totalmente secondarie e irrilevanti, missioni secondarie tra il tedioso e l'insulso. Anche le trame più complesse e mature molto spesso finivano sommerse da banalitá assortite ed infantilismi (leggasi risoluzioni stucchevoli e svogliate, se una storia è anche per bambini, ma è bella, va benissimo lo stesso). Risultato: giochi da 10/15 ore magnifiche che però di ore ne duravano minimo 60/70.
Clair Obscur però non è un JRPG. No, non lo è. E non perchè (e sarebbe un motivo sufficiente) banalmente non si tratta di un gioco giapponese. Non lo è perchè, sebbene ricopi quasi in maniera pedissequa buona parte della struttura di quei giochi, riesce a trasformare, eludere, rinnegare tantissime altre dinamiche fino a diventare qualcosa di profondamente diverso.
Innanzitutto via i combattimenti casuali. Ormai non li utilizza quasi più nessuno per fortuna. I nemici stanno lì e solo se ti avvicini troppo ci devi avere a che fare. Decidi tu insomma quando e come farlo.
Si combatte a turni, è vero, ma non si è mai completamente passivi. Nel turno avversario anzi è il momento nel quale bisogna prestare maggiore attenzione: le schivate e (soprattutto) le parate sono importantissime e richiedono coordinazione, senso del ritmo e orecchio. Si potrebbe quasi affermare che in questi casi il gioco si trasforma in una specie di Rhythm Game, dove premere i tasti nel momento più opportuno, come in una danza, facendosi guidare dai movimenti ed i suoni dei nemici. Parare è più difficile ma permette (grazie al relativo contrattacco) di colpire i nemici anche durante il loro turno. Schivare è più facile ma (sempre se fatto bene) ci evita solo il dover subire danni. Il tutto è insomma estremamente semplice, concettualmente, ma richiede comunque una certa strategia nel concreto: di fatto siamo noi a scegliere come gestire uno scontro. Possiamo scegliere l'approccio conservativo, osare continuamente o trovare un nostro equilibrio tra i due.
Le missioni secondarie poi...non ci sono. O meglio ci sono ma non vengono considerate come delle vere missioni secondarie. Sta a voi esplorare, scoprire i vari posti e i personaggi che li abitano e le loro eventuali richieste. Nessuna lista infinita di compiti stupidi insomma. Quello che vi va di fare lo fate o meno, alcune cose potreste scoprirle, altre no e va bene lo stesso così. Zero lungaggini. Questo si ripercuote anche in una durata del gioco sensibilmente ridotta rispetto a certi standard, vecchi e attuali. Ed è un bene: maggiore compattezza, coerenza, immersivitá e capacitá della trama di raggiungere il suo scopo. Perchè la trama è probabilmente la caratteristica migliore di questo videogame.
Basta con i soliti dilemmi adolescenziali, con personaggi che combattono per salvare il mondo ma che poi per il 90% del tempo discutono sulla loro prima cotta o su quanto stiano crescendo e vedono gli amichetti sempre più di rado. Non che siano questioni senza alcuna importanza ma cacchio, il mondo sta finendo, milioni di persone muoiono, c'è un tiranno che sta assoggettando l'intero universo e questi si mettono a discutere quasi solo di quanto sia dura abbandonare la scuola. E ciò accade in tantissimi giochi appartenenti al genere.
Clair Obscur è un gioco con un'impostazione totalmente differente. Non solo per una questione meramente culturale (è un gioco europeo, inutile scimmiottare certe giapponesità che non gli appartengono) ma proprio per approccio. La trama è molto più matura, non per modo di dire ma concretamente. Impossibile spoilerare per non rovinarne la scoperta, ma basti dire che qui siamo molto più vicini a robe come Silent Hill che ad un "Tales Of": morte, paura, distruzione, mostruosità, senso di colpa...Raramente ci saranno momenti più "rilassati" o scherzosi all'interno del viaggio dei protagonisti. Più si avvicinano alla meta e più si sentono consumati, disillusi, dubbiosi. Molto spesso le decisioni che appaiono più ovvie, quelle mosse da intenzioni nobili, si riveleranno le più catastrofiche. Raramente in un gioco percepiamo insomma che un finale canonico (su 2), quello più ovvio, è anche il più difficile da accettate e quello con conseguenze comunque tragiche.
Clair Obscur Expedition 33 è insomma una sorta di Jrpg horror, un gioco dove si percepisce costantemente il dolore dei protagonisti, che devono venire a patti con un mondo che non capiscono e che fa di tutto per annientarli. Personaggi continuamente messi di fronte a mostri terribili (reali e mentali) prove più grandi di loro e a segreti inimmaginabili. Il finale insomma non può non emozionare, anche grazie (e qui siamo di nuovo dalle parti di Silent Hill come intensità) ad una colonna sonora superlativa, che impreziosisce qualunque momento importante della vicenda.
Ci troviamo insomma di fronte a quello che è giá un classico, uno di quei videogiochi che poi ricordi anche a distanza di anni e ti restano impressi nella mente per il loro mondo di gioco e la loro trama, assieme ai vari BioShock, Silent Hill 2, Red Dead Redemption, Soma ecc. Magari non raggiunge certe vette (anche a causa di alcuni difetti che si trascina dietro dai titoli ai quali si ispira) ma per un opera che non è neppure un tripla A non si può davvero chiedere di più. Anzi una cosa si: possibile che i sottotitoli prevedano solo 2 dimensioni: ultraminuscola e microscopica?
Voto 9+
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