Pellicola ad alto tasso patriottico, il nuovo film di Clint Eastwood prende l'ex "leone notturno" Bradley Cooper e lo trasforma in "cane da pastore" palestrandolo ben bene, per raccontarci la storia di eroe realmente esistito: Il cecchino americano dei Navy Seals, Chris Kyle, e la sua leggendaria mira.
Il bovaro texano Chris riceve da suo padre una retta educazione "americana", fatta di tori da cavalcare e cervi da cacciare, imparando a dividere le persone in tre generi distinti di animali. Le pecore, deboli e mansuete, esposte ai pericoli anche inconsapevolmente. I lupi, che le attaccano, e i cani da pastore, che hanno il compito di difendere i primi dai secondi. Il diligente Chris mostra subito gradi doti da "cane da pastore" (sia per indole sia perché il padre, al contrario, gli avrebbe spezzato le gambe) oltre ad avere una mira portentosa col fucile. Smosso dagli attentati alle ambasciate americane di Kenya e Tanzania (1999) capisce che può mettere a disposizione il suo talento per servire il suo paese e si arruola nei Navy Seals.
Ciò detto con il dovuto rispetto, trattandosi di un eroe di guerra realmente esistito (sicuramente poco famoso in Italia) ma in definitiva il protagonista è questo. Un uomo semplice e senza malizia, che si è fatto in testa una netta distinzione tra il bene ed il male... o almeno così è come ce lo descrivono. Al contrario di quanto avveniva in Mystic River (in cui i confini tra il bene e male apparivano a volte indistinti) American Sniper scorre dunque su questa falsa riga: L'eroe americano e il macellaio iracheno, senza ambigui giochi di specchi. Qualsiasi dubbio e solo accennato sulla bocca di chi lo incontra e subito spento da una sua parola.
L'intendo di Eastwood resta allora quello di omaggiare il personaggio, a volte mitizzandolo (qualcuno dirà eccessivamente) senza entrare nel merito delle diverse interpretazioni sulla guerra. Un film che resta fedele al politicamente corretto sino alla fine, con il suo epilogo condotto in punta di piedi e senza blasfemie di sorta.
Resta però la cruda visione della guerra con le sue atrocità, dalla quale non si esce vivi, anche se si torna a casa con le proprie gambe. Un film ben condotto sotto l'aspetto registico e della storia, che riesce a mantenere intatto il suo pathos e la sua tensione. Sicuramente da annoverare tra i cosiddetti minori di Clint Eastwood (paragonato ad esempio al capolavoro Mystic River) ma niente affatto brutto.
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