The Interview, ovvero il film che ha fatto incazzare Kim Jong-un, il dittatore della Corea del Nord. Il despota, dai capelli a doppio taglio, si è sentito talmente preso per
i fondelli, dalla trama di questo film, che è sbottato in preda all'ira. Sbattendo mani e piedi ha minacciato spietate ritorsioni, qualora il film fosse stato distribuito, degne del peggior incidente diplomatico.
Dopo aver subito persino un attacco hacker, il produttore Sony (non so quanto stupefatto da tanto trambusto) ha inizialmente annunciato di voler ritirare la
pellicola, rilasciandola però alla data stabilita in sole 300 sale indipendenti americane.
In Italia invece è uscito addirittura solo in DVD lo scorso 25 marzo. Non è che ci volesse poi molto a fare incazzare un dittatore - per antonomasia, gente senza il minimo senso dell'autoironia - ancor meno sarebbe servito a quello della Corea Del Nord. Ma che avranno mai fatto questi Goldberg e Rogen per scatenare le sue ire?
Nel film, un famoso anchorman americano di gossip (di uno di quei programmi popolarotti tipo Verissimo) scopre di essere seguitissimo anche dal dittatore della Corea del Nord. Gli viene allora l'ardimentosa idea di andarlo ad intervistare per lo Scoop del secolo. La sua possibilità di uscire dalla nomea di popolare ma ignorantello. La CIA prende allora la palla al balzo e gli commissiona il suo omicidio.
Nulla di diverso da quello che abbiamo già visto in commedie simili sui dittatori (come interpretato da Sacha Baron Cohen) farcite di gag più o meno politicamente scorrette, con qualche cameo autoironico di celebrità, tranne che stavolta le persone e i paesi in questione non sono di
fantasia o modificati ad arte. Il personaggio sbeffeggiato non è l'Adenoid Hynkel o il Benzino Napoloni del capolavoro di Chaplin, ma uno dei dittatori più permalosi del globo terrestre. Molti ci son rimasti male, aspettandosi chissà cosa, ma non è certo colpa sua se è stato caricato di simili attese.
Questo film si può dunque definire un corraggioso miscuglio di furbizia e fortuna. Sicuramente sarebbe rimasto un film spassoso, che regala attimi di risata e spensieratezza, ma che sarebbe stato dimenticato in fretta se non fosse stato per tutto il casino che s'è creato attorno. Un vero e proprio troll, che acquista visibilità dal suo essere controverso e che alla fine deve paradossalmente ringraziare Kim Jong-un per la promozione planetaria che ha fatto al film. L'uomo dai capelli a doppio taglio ottiene l'effetto opposto e gli Usa gongolano; confermando ancora una volta l'ignoranza della dittatura verso certe dinamiche di marketing e visibilità proprie dell'essere umano. Un po' come era accaduto (per citarne uno) con il Codice da Vinci: un film tutt'altro che eccezionale, sospinto dal gusto del proibito, causato dall'indignazione della Chiesa. O come la più recente operazione selle 50 sfumature.
The Interview diventa, involontariamente, un piccolo simbolo della libertà di espressione in tempi nefasti come questo, in cui si fanno stragi nelle redazioni dei giornali e si voglio assoggettare i popoli liberi della terra (di mezzo) al potere male. Diamo allora atto all'esplicita citazione (fatta per tutto il film) de Il Signore degli Anelli di essere stata quanto meno efficace e azzeccata.
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