lunedì 31 ottobre 2016

MORTE A 33 GIRI - Charles Martin Smith. (Speciale Halloween - puntata 6)

Gli anni 80': l'unica epoca nella quale potevi permetterti di girare film scalcinati, raffazzonati, con effetti speciali, costumi e tagli di capelli discutibili, trame banali e riuscire comunque a sfornare qualcosa di gustoso. 
In molti film si respira tanta approssimazione quanta genuinita', a volte una singola idea bastava e avanzava per sfornare 90 minuti (massimo) di fuochi d'artificio, senza paura di cadere nel trash o nel ridicolo, spinti solo dalla voglia di raccontare una storia anche con mezzi limitatissimi. A volte bastava poco, un po' di sfrontatezza ed uno spunto affascinante e si poteva raccontare perfino qualcosa di lontanissimo dalla realtà.
L'ultimo film del nostro "speciale Halloween", Morte a 33 giri (Trick or Treat in lingua originale) , appartiene proprio a questo tipo di cinema: una pellicola piena di difetti, appunto, eppure tremendamente affascinante e pieno di chicche. Un cultissimo insomma.
Eddy e' un ragazzo che adora il metal, costantemente perseguitato da alcuni bulli, il suo unico sfogo e' il rock e il suo cantante preferito è Sammi Curr. Ne è così ossessionato che un giorno decide di scrivergli una lettera nella quale gli manifesta la sua frustrazione e gli chiede aiuto.

Un giorno però Eddy viene a sapere che Curr è morto in un incendio in un motel e così il mondo gli crolla addosso: il musicista era il suo unico eroe, l'unico che in un certo senso capiva la sua situazione e avrebbe potuto aiutarlo, l'unico che nei suoi testi esprimeva la sua stessa rabbia vendicativa...

Il film in buona sostanza e' piu' una parodia dei film horror che un horror a 360 gradi ed è soprattutto  un allegoria del metal e del rock in generale. Diciamo che un buon 80% del film lo fanno i costumi, le "pose" e soprattutto la colonna sonora (inutile dirvi quanto sia azzeccata nel contesto)
Si gioca sulle leggende metropolitane del rock, tipo quando muore un musicista e spuntano a pioggia persone che ti dicono "non è morto, è andato a vivere in Tibet e fa il pescatore di granchi" (E' impossibile? Ecco, appunto). Si ironizza sul fanboysmo cieco dei fan nei confronti del proprio idolo musicale (visto quasi come un dio incarnato, un essere soprannaturale al quale mostrare devozione incondizionata), sul famoso rock come "musica del diavolo" (abbiamo pure un un simpatico siparietto di Ozzy nel ruolo di un predicatore anti-rock, robe da pazzi)

Davvero il copione prevede che io affermi che "tutti dovrebbero ascoltare solo Gigi D'Alessio"?

Non manca naturalmente uno scimmiottamento scherzoso alla famosa pratica dei messaggi registrati al contrario, messaggi che celerebbero chissà quali apocalittici e indicibili significati reconditi, anzi "subdoliminali" (si, tipo il rutto di Nicko McBrain in "Still life" degli Iron Maiden, che magari chi lo sa, al contrario un rutto significa  "convertiti al diavolo").

Di fatto siamo davanti ad una fiaba halloweenesca che nasconde anche una morale, magari banale ma efficace: no, non quella che potrebbe sembrare (il rock è cattivo, sentitevi solo Gigi D'Alessio) ed il film in questo è abbastanza chiaro (è un omaggio al metal mica una demonizzazione). La morale di fondo è che sono i fan che rendono famoso e celebrato un musicista, e' lui che dipende da questi ultimi, non il contrario, quindi non scontentare mai i fan o non farli incazzare. Certo poi questa morale il protagonista magari te la spiattella perfino in faccia (vabbè che il target è quello che è, ma non è che siamo tutti dei deficienti) e non ha tutta sta profondità, ma ci accontentiamo.

Chi te lo ha detto che nel rock non si può cantare l'amore, quel cazzone di Ozzy? "I was made for loving you baby", senti come suona bene?
Peccato per il poco coraggio nello spingere davvero sull'accelleratore dell'horror: certo si passa da omaggiare Christine, a scivolare quasi in una versione anni '80 di Carrie, fino ad un finale che vira quasi sul fantascientifico, ma purtroppo i veri momenti orrorifici e splatter sono davvero pochi e poco esaltanti. Si poteva fare di piu', la "cattiveria" insomma e' piu' parodistica e "parlata" che effettiva. La figura iconica di Sammi Curr (interpretato da un ottimo Tony Fields) avrebbe meritato qualche momento in piu  di gloria gandguinolesca (anche se 2/3 scene ad effetto non mancano: dalla ragazza posseduta dal demone in auto, alle "chitarre assassine", alle apparizioni di Sammy Curr ogni volta che parte la sua canzone)...

Quando si dice "musica che spacca"

E' probabile che negli anni '80 il film facesse un effetto decisamente maggiore: in piena epoca hair metal, con tutte quelle cassettine e vinili, senza internet che oggi impedisce alle leggende metropolitane di risultare credibili ai più creduloni (mmm, no, come non detto). Visti da un "regazzino" di oggi è probabile che susciti al massimo mezza risata per i costumi, è un qualcosa di adatto a chi ha vissuto, anche di sfuggita, gli anni '80 e '90.

Insomma Morte a 33 giri è un film da consigliare più agli appassionati di metal e  del rock che agli amanti dell'horror, lo splatter e i momenti "da paura" sono davvero pochi, è un film che gioca molto sull'iconografia dell'horror più che sulle atmosfere dello stesso, regalandoci scene dal delizioso retrogusto videoclipparo. Se amate il rock e siete disposti a passare sopra qualche difettuccio avrete di che divertirvi.

Dolcetto o scherzetto? Bibita al gusto di vinile

Voto 7+

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