Dispari, difettivo, idoneo, felice, fortunato, congruente, odioso, ma soprattutto PRIMO... proprio come noi. Sono le proprietà matematiche del numero sette. In Juve-Milan mi sono soffermato sulla numerologia del numero quattro, parlando del ricorso che tale numero ha avuto in quella partita sin dalla coreografia sugli spalti, ma non c'è numero più magico del sette. Dalle sette meraviglie del mondo a i sette cavalieri dell'apocalisse. Dai sette mari ai sette nani. Dai sette re di Roma al sette re di Roma.
Quattro giorni dopo il 4-0 che ha portato la quarta Coppa Italia consecutiva nella bacheca bianconera, la Juve torna all'olimpico per festeggiare il settimo sigillo tricolore consecutivo. Come qualcuno ha detto lo stadio di Roma è sempre più "il locale che la Juve affitta per festeggiare i suoi trofei". Pareggio che era nell'aria e pareggio è stato, data la voglia di non farsi del male di due compagini che avevano ormai di fatto raggiunto il loro obbiettivo. La Roma in Champions matematicamente dopo la sconfitta interna dell'inter col Sassuolo (ex Scansuolo) la Juve con l'ultima bega burocratico/aritmetica di sedici gol di vantaggio sul Napoli in differenza reti, che la separava ancora dal settimo scudetto e quarto double consecutivi.
Anche senza farlo apposta la numerologia vien fuori da sola in qualsiasi cosa che si pensi. Persino la partita passa in secondo piano e diventa la tradizionale gita a Roma, farcita giusto dall'espulsione di Nainggolan e con la Juve che rinuncia ad approfittarne, perché a cosa sarebbe servito? E pensare che qualche settimana fa questa doveva essere tutt'altra partita, prima che il Napoli si dimenticasse sbadatamente lo scudetto in albergo. Eppure gli sarebbe bastato non piangere per renderla tale, vincendo con Fiorentina e Torino. Pensate, proprio quella Fiorentina e quel Torino che ci odiano tanto quanto loro. Come facciamo allora a non goderci questo scudetto come se fosse il più bello della nostra storia?
Il primo campionato col VAR, quello che doveva segnare uno "spartiacque" col passato e riequilibrare le sorti storiche della Serie A (come doveva farlo mandarci in B?) e farli finalmente vincere. Ave Var che tu sia lodato e guai a chi ti critica, che guarda caso son sempre gli stessi. Mentre, di domenica in domenica, silenziosamente aumentavano gli iscritti al partito delle lamentele. Partito tanto forte che prima della fine raccoglie anche la loro firma più illustre. Quanto male fa la fine si un sogno? Quanto male fa sentirsi dire "ve l'avevo detto cari Juventini che il VAR non sarebbe servito a renderci più simpatici, come da voi ingenuamente pronosticato"?
Ecco che il sette, questo numero apotropaico, vi scaccia come un esorcismo. Si fa beffe di chi, in sfregio alla sua stessa atavica legge scaramantica, festeggia e spara i fuochi per poi sbattere i piedi, facendo più baccano dopo che prima. Ecco perché questo scudetto è forse il più bello della nostra storia, perché dimostra che vi lamenterete sempre e comunque e che finché vi lamenterete e piangerete e strepiterete, per altro per episodi di poco conto considerati quelli su cui avete costruito ponti tra passato e futuro e avete continuato a percorrerli con le vostre pacchiane carovane, noi continueremo a vincere. Il vostro odio è il carburante che ci tiene vivi e scalcianti, anche dopo un finale di stagione in cui la Juve è parsa stanca e molle, sia fisicamente che mentalmente.
Stoico è Chiellini in tal senso in una intervista a Premium Sport. Un'intervista in cui Chiello si presenta come nuovo leader e capitano del post-Buffon. In questo manifesto c'è essenzialmente l'ammissione di quanto quella sera a San Siro, si sia riusciti a tirar fuori le residue energie grazie all'orgoglio, in risposta al pubblico ostile. Giorgione ne ha per tutti, per Insigne, per i media, per tutti gli addetti ai lavori che avevano venduto la pelle della zebra ferita dopo Juve Napoli.
In fondo il bello deve ancora venire e molti di questi si stan nascondendo persino dietro questo 7, come se fosse il numero totale dei nostri scudetti (manco fossimo la Pro Vercelli). Inutile usare gli scudetti consecutivi come "scudo" per difendervi dal fatto che sono 36. Omettendo, glissando giustificando e giustificandovi con ogni mezzo possibile. Guardate che se continuate a darci il vostro odio come carburate tra quattro anni si riproporrà la questione della quarta stella (ancora il quattro, sempre lui!), con voi che continuerete a dire che sono X-2 e con noi che aumentiamo di anno in anno la variabile X.
Intanto Matteo ha 7 anni, tifa Juve e non ha mai perso uno scudetto da quando è nato, né in culla, né all'asilo, né alle elementari e né tanto meno negli alberghi di Firenze.
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