L'ultima parte di una trilogia, si sa, è quella più complessa da ideare. Se nella prima ti puoi sbizzarrire inserendo personaggi, eventi del passato che non hai fretta di spiegare, gettando pezzi del puzzle alla rinfusa, nella seconda puoi comunque tenerti da parte il grosso degli eventi, depistare lo spettatore, mantenere molto in sospeso, Nella terza no, in quella dovrai essere bravo a far confluire tutto e a non lasciare buchi di trama, a continuare a divertire ma offrendo una complessità decisamente maggiore. Ah, e naturalmente non devi scordarti il finalone epico e pieno d'azione da non sbagliare a tutti i costi, pena il crollo dell'intero castello costruito fino a quel momento. Trollhunters riesce a fare tutto questo e a farlo bene.
Non che avessi grossi dubbi visto che dietro il progetto c'è lo zampino di Del Toro (che nel fantasy ci sguazza come un pesce nell'acqua) ma si sa che non sempre le ciambelle riescono col buco: un'altra sua serie ad esempio, The Strain, pur risultando interessante e piena di ottime cose non si era rivelata certo un capolavoro. Qui invece il crescendo, richiesto dalla trama, ci ha portati nel corso del tempo da scenari scolastici con incursioni fantasy (alla Stranger Things) ad un racconto epico fatto di battaglie, momenti drammatici (più affine a The Hobbit come stile), perdite eccellenti. Non è una cosa facile e nemmeno banale da fare se ti devi muovere all'interno di un prodotto "adatto a tutti".
"Fata Morgana Ha già cambiato ogni profilo" (in pratica è un altro tipo di troll) |
Di solito, infatti, sotto l'etichetta "adatto a tutti" o "per famiglie" si cela semplicemente il classico prodotto banale, oseremmo dire "solo per bambini", di quelli che scivolano via tra una stucchevolaggine e l'altra, che mascherano dietro un ottimo uso della computer grafica qualcosa di vuoto. In Trollhunters invece abbiamo avuto sempre un ottimo equilibrio tra divertimento e profondità, dialoghi (volutamente) stupidi alternati ad altri dal grande effetto epico (e del Toro conosce i suoi polli).
Il rischio era quello di andare "sul sicuro", lasciandosi cullare semplicemente delle animazioni, a cura della Dreamworks, mettendo da parte qualsiasi velleità. Qui invece è l'esatto opposto: è come se solo in questa terza stagione, nel finale epico, ci accorgessimo della grandezza degli effetti, della cura per i dettagli visivi, della fluidità del tutto. Prima eravamo molto più concentrati a seguire le vicende dei protagonisti. Erano state, anzi, tutte quelle strizzatine d'occhio ai prodotti precedenti di Del Toro a colpirci: tra un mondo dei troll che rimanda a Hellboy o un'iconografia che per certi versi ricorda Il labirinto del fauno... In questa terza stagione però abbiamo avuto il pieno compimento quello strano ibrido Dreamworks/Del Toro che auspicavamo. Non è difficile trovare, ad esempio, nell'incedere finale e nella temuta "notte eterna" più di una somiglianza con quella simile vista in The Strain, solo che qui è ideata molto meglio (grazie anche alla possibilità di ricreare tutto al computer anziché affidarsi ad attori in carne e ossa).
Il rischio era quello di andare "sul sicuro", lasciandosi cullare semplicemente delle animazioni, a cura della Dreamworks, mettendo da parte qualsiasi velleità. Qui invece è l'esatto opposto: è come se solo in questa terza stagione, nel finale epico, ci accorgessimo della grandezza degli effetti, della cura per i dettagli visivi, della fluidità del tutto. Prima eravamo molto più concentrati a seguire le vicende dei protagonisti. Erano state, anzi, tutte quelle strizzatine d'occhio ai prodotti precedenti di Del Toro a colpirci: tra un mondo dei troll che rimanda a Hellboy o un'iconografia che per certi versi ricorda Il labirinto del fauno... In questa terza stagione però abbiamo avuto il pieno compimento quello strano ibrido Dreamworks/Del Toro che auspicavamo. Non è difficile trovare, ad esempio, nell'incedere finale e nella temuta "notte eterna" più di una somiglianza con quella simile vista in The Strain, solo che qui è ideata molto meglio (grazie anche alla possibilità di ricreare tutto al computer anziché affidarsi ad attori in carne e ossa).
La crescita, a livello di ambizioni nella terza stagione, va di pari passo con la crescita caratteriale dei personaggi e del micro-mondo di Arcadia (in continua espansione anche grazie alle serie tv collegate). Jim non è più un ragazzino spaventato che si ritrova catapultato in un mondo assurdo che non capisce, da nascondere a tutti gli altri. E' ormai a tutti gli effetti un vero cacciatore di troll, è consapevole del suo ruolo, dei rischi che questo comporta e agisce con cognizione di causa. In questa "maturazione" possiamo ritrovare più di un punto di contatto con quella dei classici Frodo o Bilbo e lo stesso accade per i suoi "compari".
In un epoca nella quale ormai il fantasy è diventato terreno di battaglia ideologica da quattro soldi (come un po' tutto verrebbe da dire), Del Toro ci restituisce la quintessenza del fantasy classico: un racconto di formazione epico che ci insegna che grazie a chi ci sta vicino possiamo superare le avversità più grandi e che "anche la più piccola delle creature può cambiare il mondo". Messaggi che potranno sembrare banali ma che affrontati nel giusto modo possono arricchirci. La morale non è sinonimo automatico di moralismo spiccio, anche se ultimamente tendiamo a dimenticarcene troppo spesso.
In un epoca nella quale ormai il fantasy è diventato terreno di battaglia ideologica da quattro soldi (come un po' tutto verrebbe da dire), Del Toro ci restituisce la quintessenza del fantasy classico: un racconto di formazione epico che ci insegna che grazie a chi ci sta vicino possiamo superare le avversità più grandi e che "anche la più piccola delle creature può cambiare il mondo". Messaggi che potranno sembrare banali ma che affrontati nel giusto modo possono arricchirci. La morale non è sinonimo automatico di moralismo spiccio, anche se ultimamente tendiamo a dimenticarcene troppo spesso.
Tu saresti Merlino? Mi sembri un po' diverso da quello della spada nella roccia |
Trollhunters, insomma, con la sua terza stagione chiude con grande stile un racconto perfettamente riuscito e ci regala l'ennesima perla "Del Toro style": comica, divertente ma anche commovente ed epica, come tutti i grandi racconti fantasy dovrebbero essere. Non male per un "prodotto per famiglie". Peccato che tutto si chiuda qui, ma d'altronde, proprio come quei grandi racconti appartenenti al genere ci insegnano, tutti i grandi viaggi prima o poi finiscono e quando finiscono (qui si replica il finale dolce-amaro de Il Signore degli Anelli) ci lasciano quella punta di amarezza e la consapevolezza che nulla più sarà come prima.
P.S. Quest'ultima stagione è giustamente dedicata ad Anton Yelchin, doppiatore del protagonista scomparso durante la programmazione della serie (in questa terza stagione viene sostituito da Emile Hirsch). Siamo sicuri che questo gran finale gli sarebbe piaciuto un sacco.
PRO
- Il gran finale di un ottimo racconto epico
- Tanti ribaltamenti e colpi di scena ma nessun buco di sceneggiatura o stucchevolezza
- Ottima la computer grafica
CONTRO
- Un paio di puntate sottotono
- Alcuni villain non hanno lo spazio che meritavano
...
Nessun commento:
Posta un commento