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Visto che per poter assaporare il tanto agognato nuovo album dei Marillion dovrò aspettare ancora qualche giorno, mi sono dirottato sul nuovo album degli "emuli" Pendragon, che usciva proprio in questi giorni: Pure.
Una delle accuse principali al gruppo di Barrett e soci è sempre stata quella di essersi fossilizzati troppo su sonorità consolidate, di rinnovarsi poco, di essere noiosi, di diluire troppo i pezzi anche quando non è necessario. Vediamo se con questo lavoro riescono a limare i vecchi difetti oppure ormai dovranno tenerseli a vita.
Il primo brano (Indigo) sembra cominciare come i soliti dei Pendragon, ma è solo un'impressione: quasi da subito infatti veniamo aggrediti da un muro sonoro e sembra che i Pendragon si siano vitalizzati, siano più aggressivi di quelli passati.
Il brano scorre bene e si lascia ascoltare, fino agli ultimi 4 minuti finali dedicati ad un assolo meraviglioso di Barrett come al suo solito (forse c'è qualche accenno a Sorrow dei Floyd, ma non è così fastidioso). Insomma come inizio non c'è male, non certo un pezzo da storia del rock, ma almeno nei suoi 13 minuti e passa non è noioso. (voto 7)
Ereaserhead comincia sulla stessa falsariga, pure "peggio": le ritmiche sono ossessive, metaleggianti, così come le chitarre di Barrett in grande spolvero (Scott Higham, il nuovo batterista insomma si fa sentire).
La voce di Barrett purtroppo è quella che è, e ci abbiamo fatto l'abitudine, ma il pezzo non è così male, anzi gli ultimi 3 minuti sono davvero coinvolgenti e trascinanti. Stavolta i 9 minuti si fanno sentire maggiormente, ma non parlerei di noia, il btano è abbastanza vario (voto 6,5)
Arriviamo così alla suite in 3 parti Comatose e subito dall'introduzione capiamo di trovarci di fronte al "pezzo" del disco. Inizio del pezzo (View from the seashore) molto delicato: pianoforte, voce, qualche violino. Niente male.
Quasi ai 3 minuti un sussulto: chitarre graffianti, ritmiche brutali: grandi! standing ovation (voto 10)
La seconda parte (Space Cadet) è meno "originale" ma resta sempre su altissimi standard, e finalmente cominciamo a pensare che il disco possa essere una piacevole sorpresa (voto 8).
La terza parte della suite torna di nuovo a sonorità consolidate e più tipicamente pendragoniane, ma ancora una volta si lascia ascoltare con piacere (voto 8)
La suite in fin dei conti quindi è più che riuscita (voto 8,5)
Il penultimo pezzo (Freakshow) è davvero godibile, con un ritornello che ti si stampa in testa e non è mai noioso.
Le sonorità ancora una volta sono "dure" e inusuali. Niente male (voto 8)
La conclusiva It's only me è il classico dolcissimo pezzo finale dei Pendragon (non ne sbagliano quasi mai uno), con degli assoli e delle parti di chitarra davvero stupende (voto 9)
In conclusione se se non si amavano i Pendragon prima, non li si amerà di certo adesso, se invece già apprezzavamo il gruppo questo lavoro sarà una piacevole sorpresa.
Brani più compatti, meno peso dato agli assoli di Barrett (bellissimi ma a volte sivrabbondanti), più tastiere (Nolan torna in grande stile), più "dinamica" e meno fronzoli (l'album dura poco più di 50 minuti).
Peccato per la voce di Barrett (che quasi comicia a stancare pure i fan più incalliti come me).
Forse si poteva osare di più date le premesse, ma per ora va già bene così.
Voto 8--
Scusate la prolissità tipica del fan.
by Napoleone Wilson
7 commenti:
Non sarà un capolavoro tipo "Dark side of the moon" dei Pink Floyd,
però rimane ugualmente un affascinante ed emozionante lavoro!
Bravi Pendragon, avanti così!
necessita di verificare:)
La ringrazio per Blog intiresny
La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu
molto intiresno, grazie
La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu
good start
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