martedì 7 aprile 2009

INTO THE WILD – Sean Penn (USA 2007) [recuperafilm]

Vale la pena spendere più di una parola su questo grande film di Sean Penn. Uno di quei film che ti rimangono dentro, anche se idealmente sei molto lontano dal suo protagonista, analizzandolo da una prospettiva che forse è più vicina a quella del regista che a quella dei lettori del libro o gli stessi fan del film.

La felicità è reale solo se condivisa, è la fase che il suo protagonista scrive su un libro e che risuona più come piccolo rimorso e presa di coscienza finale che come summa delle proprie esperienze. Il film, basato sul romanzo di Jon Krakauer Nelle terre estreme, narra la vera storia di Christopher McCandless, un giovane di famiglia benestante che, Nauseato dal consumismo e dagli ipocriti segreti dei propri genitori, dopo la laurea decide di tagliare i ponti col proprio passato e di partire per un solitario viaggio nei luoghi più incontaminati e selvaggi dell’America. Così Chris fa perdere le proprie tracce e sceglie per se lo pseudonimo di Alexander Supertramp. Nel corso del suo vagabondare avrà occasione di incrociare sulla sua strada persone che da lui trarranno e che a lui restituiranno amore ed esperienze umane, ma che poi abbandonerà puntualmente spinto dal suo sogno egoista, forse nella paura di non costruire qualcosa di troppo simile ad una famiglia, che tanto l’aveva deluso nella sua adolescenza, Alexander Supertramp non si legherà mai pienamente a nessuno tranne che alla propria esistenza e al suo sogno di raggiungere l’Alaska. Come un figlio della civiltà che cerca asilo ed adozione nella natura Alexander vaga nelle terre selvagge solitario, scalando vette, affrontando rapide e cacciando animali selvatici per nutrirsi ma si accorgerà ben presto di essere come un cuculo in un nido ostile e che questo nuovo mondo non appartiene più agli uomini da tempo, come Chris stesso ammetterà.

In questo processo di iniziazione tra il neo uomo Alexander e la natura vi è per tutto il film la figura di un giudice neutrale, la cui presenza può essere percepita nei splendidi scenari del film, parlo cioè di Dio, che alla fine viene addirittura chiamato in causa più volte dai personaggi. Nel suo viaggio Chris (Alexander) mostra alla natura tutte le sue appartenenze alla civiltà. Lavora per procurarsi i soldi necessari al suo viaggio, caccia col fucile e non riesce a salvare il proprio cibo dalle mosche e dai lupi che ne banchetteranno a sue spese. Sino a non prevedere la formazione dei fiumi dalla neve che si scioglierà in estate e lo intrappolerà nelle terre selvagge.

Nella sua fuga dalla civiltà quel pulmino abbandonato che userà come casa apparirà sempre più come un rifugio trovato in esilio, o un’ambasciata in terra straniera. Tutto questo la natura lo condannerà non accogliendolo come suo figlio. Chris che fugge in cerca di asilo politico viene così accoltellato alle spalle, avvelenato da un erba che credeva commestibile perché si era ancora una volta sbagliato nel trovarla con i mezzi umani come quelli di un libro. E nella sua ultima alba Dio gli si rivela suggerendogli le lezione: La felicità è reale solo se condivisa. E tutti quei suoi simili, compresi i suoi genitori e sua sorella, che lui aveva sbrigativamente catalogato come esperienza non fondamentale per la sua vita tranne che per le proprie esperienze gli appaiono la vera felicità, quella che tanto aveva cercato sfuggendo paradossalmente da essa.

voto 8,5

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