giovedì 14 maggio 2009

Depeche Mode - SONGS OF THE UNIVERSE

© 17 aprile 2009
Ho ascoltato l’ultima fatica dei britannici Depeche Mode, uno dei pochi gruppi sopravvissuti al ciclone anni 80, Il Decennio della Bic Music (mi si passi il neologismo dal nome dell’inventore degli oggetti di plastica usa e getta) ricco cioè di gruppi dal facile successo nati come insetti, in conseguenza all’innovazione elettronica post-punk, e prestissimo eclissati o spariti. Anche se si formano musicalmente in quell’era i Depeche Mode (moda passeggera, come recita appunto la traduzione del loro nome) hanno da sempre imposto un loro stile riuscendo a dare un’anima ai freddi suoni dell’elettronica e sopravvivendo sino a giorni nostri.

Songs of universe è un lavoro incline con questa loro peculiarità, meno dark e sperimentale dei precedenti e con un solo pezzo strumentale (Spacewalker) ma con tutti gli elementi tipici del loro repertorio. Si avverte in questo album la transizione del gruppo dai noti fatti riguardanti la disintossicazione del cantante Dave Gaham, rimarcati anche dalle tematiche degli album scorsi, verso il raggiungimento della stabilità e la maturità artistica. Molte volte l’uscita da una crisi personale causa un appiattimento delle composizioni, poichè il dolore del compositore accresce la capacità di scrivere pezzi carichi di vere emozioni. Il primo singolo, Wrong, è già un hit radiofonico che ha spinto il suo cd in vetta alla classifica. Ad un primo ascolto spiccano tra le altre spiccano Hole to Feed, Little soul (in stile exciter), In symphaty e Peace (dal gusto tipicamente British). Non manca come da tradizione il pezzo cantato dal tastierista e autore Martin Gore (la romantica Jezebel). Certo non sarà Ultra o Exciter ma si difende bene. A volergli trovare una pecca risulta forse un pò ripetitivo e monotematico nei ritmi, ma mi sono ripromesso, come faccio con tutti i lavori degli artisti che mi interessano, di digerirlo meglio nel tempo per non fermarmi alle prime impressioni.

 

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