Tratto da una storia vera, grottesca critica al sogno americano, o meglio, all'interpretazione distorta che in molti ne hanno. Questi criminali impacciati e principianti, che suscitano simpatia anziché disprezzo, sono tre palestrati classici, cresciuti col mito del corpo a discapito di quello del cervello. Una sorta di stereotipo da steroidi, in chi tra cultura e culturismo non si è avuto dubbi su cosa scegliere. Attorniati da falsi miti e falsi ideali i nostri tre ragazzoni non possono che non continuare a scegliere sempre la strada più breve per ogni cosa. La loro filosofia è ispirata alla prima norma di Finagle: "Prima tracciate le curve che vi servono, poi trovate i punti che corrispondono". L'importante non è il piano d'azione, ma il punto di arrivo e per poter arrivare il più presto allo scopo non si può perdere tempo prezioso in lunghe pianificazioni. Il delitto perfetto deve richiedere poco tempo, la vita va vissuta in fretta e al massimo. L'altare del "tutto è subito" richiede però a volte sacrifici umani.
Il piano, che sta nella trama, è in sostanza questo: rapire un riccone e farsi intestare tutto sotto tortura, meglio ancora se poi questo riccone è un tipo odiato da tutti, chi avrà mai compassione per lui? Dovrà essere quasi un atto eroico nei confronti dell’umanità, o quanto meno dell’America. Piano che a dirlo così può apparire semplice, soprattutto agli occhi dei nostri tre "sempliciotti", ma la vita è altro dal “copione di un film” e come lo stesso Finagle afferma nella sua quarta legge, che anticipa la norma sopra enunciata, in realtà “Una volta che si è pasticciato qualcosa, qualsiasi intervento teso a migliorare la situazione non farà altro che peggiorarla”.
Pain and Gain è un film spassoso e cruento al tempo stesso, in stile "quei bravi ragazzi" in salsa "Burn After Reading". Il titolo originale, come sempre violentato da quello italiano, che per fortuna qui rimane solo in sottotitolo, è il motto del Fitness “no pain no gain” (nessun dolore nessun guadagno), cioè in sostanza il nostro: “chi bello vuole apparire un po’ deve soffrire”. Con questo film di “denuncia” dunque Michael Bay, si spoglia da regista di film su eroi patinati (Armageddon) e macchine antropomorfe (saga Trasformers) e ci da una visione del sogno americano visto in uno specchio deformato. In cui l’autorealizzazione personale è l’unico scopo di vita di un uomo che pretende la cima della piramide di Maslow. Gli attori sembrano adattarsi bene nella parte che dovrebbe di fatto ridicolizzarli, tipo quella di The Rock, la montagna di muscoli senza cervello pieno di droghe e steroidi, poco sembra importare loro se qualcuno potrebbe accomunarli coi personaggi che interpretano. In gergo tutto questo io lo chiamerei non prendersi troppo sul serio e il risultato ne guadagna. Vinta la diffidenza iniziale della locandina il film è davvero ben fatto e per nulla stupido e caciarone, anzi ridicolizza anche il genere in alcuni tratti. La commistione di generi poi è davvero azzeccata. Da non perdere.
voto 7,5
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