giovedì 9 ottobre 2014

SIN CITY, Una donna per cui uccidere (A Dame to Kill For) - di Frank Miller e Robert Rodriguez

Una lunga attesa durata nove anni che finisce per caricare l'opera di molte aspettative, non del tutto evase... Ma andiamo per ordine.

Torna la "Città del peccato" di Rodriguez e Miller, stavolta orfana di Tarantino. Sempre crudele e ancor più "fumettosa", "un posto in cui entri tenendo gli occhi aperti o non ne esci più", un luogo in cui i concetti di giusto, sbagliato, bene e male si mischiano ma nel quale giustizia e vendetta sono sinonimi. Qui non v'è legge infatti che può fermare il corso di una giusta-vendetta, poiché coloro che la ostacolano "sono tutti colpevoli" (citando Mickey "Marv" Rourke), non di meno quelli che la legge dovrebbero farla rispettare ma che sono schiavi del potere (preso nel termine più generale possibile).

In questo universo parallelo da noir caricaturato - in cui cioè violenza, machismo,  femmes fatales, scenografie dark (tipici di un noir) sono portati così all'estremo tanto da risultare assurdi (da fumetto appunto) - il mondo non è governato dalla morale ma dall'istinto.

Partiamo dall'aspetto strettamente tecnico: chiaro che l'evoluzione tecnologica ha giovato, in tal senso, all'impatto visivo, rendendo il film ancora di più un fumetto in movimento. Il punto forte della pellicola sta dunque in questo, nella sua fotografia e nel suo montaggio. Nei bianchi e neri marcati e nei colori forti messi a contrasto per evidenziare i particolari di un vestito o del biondo dei capelli. Nelle riprese ad effetto del giunonico corpo nudo di Eva Green, che si staglia davanti alla luna e si tuffa a specchio orizzontale nella piscina della sua villa. Insomma un esercizio visivo davvero notevole.

Li dove il film un po' perde è forse nella trama (se paragonato a quella del primo capitolo). Non è che sia di fatto male, ma rimane ancorata alla sua linearità con ramificazioni che talvolta sfociano in storie senza scopo, se non stilistico. Come le storie di Jessica Alba e Bruce Willis, personaggio un po' posticcio e messo li apposta solo per il film (non c'è nel fumetto) in una specie di auto-citazione del Sesto Senso. O quella di Joseph Gordon-Levitt, evento collaterale che alla fine non solo non aggiunge nulla alla storia (come scene tagliate di un dvd) ma che sfocia in un epilogo che non porta a nessuna apparente conseguenza, come un fucile di cechov scarico. Azzeccato invece il Cameo di Christopher Lloyd.

In complesso però si può affermare che sia un film che vale la pena di andare a vedere, magari dopo aver visto e apprezzato il primo o magari da prendere a spunto per vedere il primo, se non lo si è fatto, in modo tale da non sembrare sprovveduti come quel tizio che mi sedeva davanti è che alla fine del film esclamava all'amico: "vedrai che faranno il secondo" ... Bravo, tu si che ha capito come funzionano queste cose!

Voto 7+

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