Titolo esagerato? Non in un mondo che vive di passioni, riti e leggi non scritte. La più vecchia è quella del gol-mangiato/gol-subito seguita subito a ruota da: "se non la chiudi si apre" (forse questa l'ho inventata ora) e l'ha visto bene ieri la Roma. Una vittoria tranquilla per almanacchi futuri ma di paura nel suo presente, non tanto per fenomeni scientifici concreti, quanto per i suoi fantasmi: esseri soprannaturali che riesci a percepire solo se conosci certi meccanismi calcistici mai scritti.
I Green Boys affrontavano stasera una squadra che ha dimostrato di essere ben poca cosa, da qui la frustrazione di gettare alle ortiche occasioni d'oro con tiri centrali e telefonati al portiere che potevano farci uscire dalla Svezia con una goleada di salute. Trasferte, campi di patate (quando addirittura impraticabili), gol mangiati, sono gli ingredienti tipici delle nostre Champions e quando Morata prende quella traversa a porta libera, quella maglia verde inizi a vederla tingersi di giallorosso.
Una partita scorbutica contro un avversario che fungeva da allenamento per i falli e le lamentele che subiremo col Toro domenica prossima, all'insegna del "se non lo prendi falcialo". In più arbitrata da una vecchia Proença: l'arbitro della lotta nel fango di Instanbul che ci costò la qualificazione lo scorso anno. Un tizio protagonista secondario anche stasera, con tutti quei falli svedesi mai sanzionati col giallo che culminano in legge di Murphy quando poi il primo lo becchiamo noi.
Loro davvero poca cosa dicevamo. Fallosi, imprecisi come una di Lega Pro e persino lamentosi come la più becera delle italiane, dopo una partita in cui loro non fanno alcun tiro nello specchio, con ciabattate in curva che chiamarle tiri è un'offesa al calcio. Ecco che non vincere contro questi sarebbe stato davvero grave, come grave fù non farlo nelle trasferte danesi con Copenaghen e Nordsjaelland.
Come volevasi dimostrare ecco che già pesa quell'errore di Vidal dal dischetto, che stasera poteva darci già la qualificazione aritmetica. Invece no... noi no... noi siamo la Juve e dobbiamo vivere con questa perenne spada di Damocle sulla testa #finoallafine.
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