Nella serata delle polemiche su Conte e i suoi paragoni (della serie: quando i problemi non ce li creano gli altri siamo bravissimi a fabbricarceli in casa). Dopo un weekend costellato di pareggi (anche illustri). Una partita avviata ampiamente verso le reti bianche, viene risolta da uno che in questi anni ci ha abituato spesso a tirare
fuori questi conigli dal cilindro. Altro Pogboom, proprio quando si era
lì, in casa, contro una piccola e con il tabellone che piangeva. Uno di quei gol belli e importanti, di cui ci si si ricorda nel cammino verso un titolo.
Bello perché scrolla via
sofferenza e l'impazienza, di 82 minuti (che sembrano 82 anni) passati ad aspettarlo.
Importante perché è il gol che porta Max al vantaggio max (+11 sui capitolini).
Allegri azzecca il pronostico. Il volpone livornese l'aveva detto: "all'almanacco basta l'1-0, non accetto repliche se alla fine il risultato dovesse esser questo". Ed 1-0 è stato. Perché anche lui sapeva che, in questo momento particolare, proprio non potevamo mancare un altro match ball per la volata - anche se, a dire il vero, le altre volte è spesso arrivato con una settimana di ritardo, grazie al solito pareggio della Roma - dovevamo azzannare questa Lupa in agonia. Non importava come, l'unica cosa che contava era la vittoria.
Allegri azzecca anche la mossa: rilancia definitivamente Pepe, mettendolo in campo assieme a Llorente. e
rischia il 4-3-3 sul finale; che già la nostra pressione era cresciuta per tutto
il secondo tempo. Ed è proprio Pepigno a fornire al Polpo l'assist, per
un gol che è già storico. Di questi tempi si prende tutto quello che passa il convento, senza fare gli schizzinosi.
Sconfessando ogni suo credo zemaniano il Sassuolo, del romanista Di Francesco, fiutava il nostro momento di appannamento e si presentava allo Stadium insolitamente arroccato in difesa, deciso ad accontentarsi del pareggio o magari di una vittoria di rapina in contropiede. Noi con tutti i titolari ma con Storari in porta (causa febbre di Buffon), mettevamo in scena tutte le svogliatezze del periodo, con quella mentalità molle e quel lieve calo fisiologico che ogni anno è di cadenza in ogni squadra. Loro con gli spauracchi Berardi e Zaza, fermi a quella loffia punizione (Domenico) o a litigare costantemente con l'arbitro per tutto il campo (Simone).
Ora lo scudetto è cosa nostra... nel senso che dobbiamo esser bravi a gestire il grande vantaggio a nostra disposizione, approfittando anche dei nervi a pezzi di quelle che ci inseguono. Ora che tutti i nodi iniziano a venire al pettine, a Roma si inizia a farla finirta di frignare (anche dalle colonne del Corriere de Trigoria) e ad ammettere (anche quest'anno) che al di là delle scuse messe su troppo presto (come un ciclista che vuole tirare la volata dopo appena 6 chilometri) una qualche differenza c'è, tra loro e questa Juve. Una squadra che da quattro anni fa schiattare fegati in Italia.
A Napoli invece, la frustrazione di essere a 15 punti sotto, le occasioni perse per agganciare la Roma e l'arrivo della Lazio alla sinistra del volante, porta alle solite sceneggiate delaurentiane. Un tentativo di giustificarsi per nostra luce riflessa, puntando su una piazza che a queste cosa facilmente abbocca. Basta mettergli davanti l'esca grossa: "a Sky non ci andiamo che "chillo" è juventino" (riferito a Massimo Mauro) come se noi domani rinunciassimo ad andare in Rai perchè Varriale è della curva B.
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