sabato 21 ottobre 2017

IT - Andrés Muschietti

Credevate di esservi lasciati alle spalle le paure dell'infanzia? Ebbene no, dovrete riaffrontarle da adulti se non volete galleggiare anche voi... 

Accompagnato da un marketing virale fatto di palloncini rossi appesi ai tombini di alcune grandi città mondiali o alle poltrone dei cinema metropolitani, nella stessa frequenza del capolavoro letterario di King, It ritorna dopo 27 anni dal suo riadattamento per la TV e stavolta sbarca sul grande schermo, facendo sua la massima di Sutter Cane (Il Seme Della Follia - John Carpenter): non avete letto il libro o visto la miniserie? Vedrete il film... e a questo punto i successivi Blue-ray, Streaming e quant'altro. 

Nessuno scampo dunque, nemmeno per le nuove generazioni. Non vi tocca che tenete ben chiusi gli infissi in vista della stagione delle piogge.

Quando nel 1990 Pennywise il pagliaccio arrivò sul piccolo schermo il mondo scoprì la propria paura per i Clown. La simpatica icona colorata e bizzarra che attirava i bambini al circo (io ci andavo quasi esclusivamente per quello) ritornava il demone originario, legato alle antiche origini della figura di Arlecchino. Un’intera generazione cresciuta con l’avversione indotta per la figura del clown, grazie a quel trauma da tubo catodico che in casi estremi sfocerà in vere e proprie patologie psichiatriche; e chissà quante bestemmie avran tirato giù i proprietari circensi mentre attaccavano all'ingresso una foto di Stephen King con la scritta: “io non posso entrare”.

Anche se per me è ormai da tempo passata l’era in cui un horror mi spaventava, oggi scelgo di evitare di andarli a vedere al cinema, proprio per non sorbirmi i fastidiosissimi brusii e la caciara che accompagna le orde di ragazzini scalmanati i quali nel tentativo di evitare il temuto silenzio e l’incontrollabile e inconscia voglia di sdrammatizzare, rovinano sistematicamente la visione del genere. Meglio allora guardarli in casa, magari con le tapparelle abbassate. Ma per King questo ed altro, si resiste anche a questo, tanto più che avendo da poco finito di leggere il libro (1300 pagine divorate in poco meno di un mese e mezzo) non potevo esimermi dall'andarlo a vedere appena uscito.

Per mia fortuna stavolta i “cacacazzi” erano un paio di file avanti, anche se mi è stato impossibile evitare il sussurrato commento del lettore nerd di turno, alle mie spalle. E per fortuna che ero “andato già letto”…

Il film parte con l'ormai celeberrima scena del piccolo George in impermeabile giallo, che dopo aver rinforzato assieme al fratello maggiore Bill la sua barchetta di carta, con una spennellata di paraffina, esce in strada a giocarci. Le impetuose acque piovane la portano via con se nel tombino. Qui Pennywise gli appare, presentandosi al grande pubblico e iniziando il suo pranzo con la prima portata. Inizia così la guerra dei Sette per estirpare il male da Derry, una cittadina completamente soggiogata dal suo antico demone che si annida nelle fogne nella completa omertà dei suoi cittadini, i quali si limitano ad organizzare qualche coprifuoco qua e la in mezzo ad una miriade di bambini scomparsi. Quasi una metafora sulla mafia.

Mentre il telefilm cercava di rimanere abbastanza fedele al romanzo, cercando il più possibile di riprodurne gli episodi più significativi, il film si discosta sin da subito dalla trama originale (ci troviamo nel 1989 e non nel 1957), pur mantenendone l’ossatura principale. Il fatto potrebbe un po' spiazzare i fan più fedeli ma sinceramente sarebbe stato peggio riproporre la copia di una copia. Il regista invece ha voluto dare in taglio personale alle vicende, a volte cambiando le situazioni altre volte invertendo qualche ruolo, altre volte ancora inserendo cose che il telefilm aveva tralasciato, fungendo quindi da completamento all'opera totale. E proprio in questo contesto che la scelta di questo nuovo IT risulta a mio parere azzeccata. Chi rimane più sacrificato è invece il personaggio di Mike, nel romanzo lo storico del gruppo, qui sono un amico aggregato.

Dal punto di vista tecnico, decisamente un lavoro meglio confezionato e non poteva essere altrimenti visto la diversità di mezzi e di tecnologie. Una migliore caratterizzazione dei personaggi e una qualità maggiore della recitazione dei ragazzi si nota subito. Il risultato finale riacquista quella forma di avventura giovanile tipica del romanzo, che era più vicino a Stand-by me o alla recente rivelazione di Netflix Stranger Thing, che ad un horror puro. Non a caso il regista sceglie nel ruolo di Richie Tozier l'attore Finn Wolfhard, il Mike di S.T. stesso.

Dal punto di vista della tensione invece questo è decisamente un horror più spaventoso e impattante, girato alla maniera degli horror moderni. Quelli, per capirci, che puntano sullo spavento e sull'apparizione improvvisa. Il pagliaccio è ancora più oscuro e cattivo di quello interpretato da Tim Curry e in questo è si avvicina di più alla figura descritta dal romanzo. Volendo fare un parallelismo tra Pennywise/Curry e Pennywise/Skarsgard possiamo usare un’analogia piuttosto azzeccata paragonandoli rispettivamente al Joker di Nickolson e a quello di Ledger. Il primo più teatrale e, da questo punto di vista, caratteristico, il secondo più attinente e oscuro e carismatico.

Proprio come i ragazzi del romanzo anche noi (che all’epoca avevamo più o meno la loro stessa etá) siamo cresciuti. Molti “dimenticando”, altri superando, altri ancora ridendoci su. Ecco che adesso la sala ci chiama a superare le nostre paure pre-adolescenziali. Poiché Pennywise è solo una forma di IT, quella che usa che adescare i bambini, la sua vera natura è celata e molto più spaventosa. Esso veste delle paure delle singole vittime, trasformandosi nei loro incubi peggiori. Proprio per questo IT e il film di paura per eccellenza. In cui il protagonista è la paura personale di ognuno. I demoni che ci portiamo dietro sin da piccoli

Altra differenza nei confronti del romanzo è stata dividere le due ere, girando prima quella coi protagonisti ragazzini e lasciando al successivo secondo capitolo (previsto per il 2019) il trattamento dei fatti che avvengono ventisette anni dopo. Il finale di questa versione lascia poi spazio a qualcosa inerente all'antagonista che potrebbe evolversi diversamente.

Per loro dunque passeranno ventisette anni per noi "solo" due, ma per qualcuno sarà come aspettare lo stesso numero di anni perché l'attesa potrebbe divorarci, prima che lo faccia Pennywise.

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