Se dovessimo riuscire a portare a casa il settimo scudetto consecutivo, quella di ieri resterebbe la serata simbolo della stagione bianconera. Una di quelle sere da: "non fare il gufo finché non ce l'hai nel sacco", che narra del sonnacchioso scorrere della partita di Roma e della fibrillante attesa di Napoli, e di come, nel calcio, basti un uomo e un attimo per capovolgere due pianeti di emozioni.
L'uomo è un certo Paulo Dybala, profeticamente soprannominato la Joya, che in spagnolo significa gioiello ma che da noi suona più come gioia (giubilo). Spesso è erroneamente la cattiva traduzione ad essere utilizzata per fare giochi di parole italici, ma dato il peso e il valore del gol messo a segno contro la Lazio, davvero in questo caso il suo nomignolo si presta bene ad entrambi significati.
L'attimo è quello che ci separa dal triplice fischio finale, la fine dei tre minuti di recupero assegnati dall'arbitro, quando ormai ci si era già rassegnati ad uno scialbo pareggio a reti bianche e senza tiri in porta. Mentre a Napoli, Alvino & company, stavano girando uno dei più clamorosi e inconsapevoli video auto-comici della storia della Serie A. Una perla AV che non si vedeva dai tempi del pareggio (fantasma) di Cesena.
Davvero mai un post-partita sarà tanto più memorabile della sua partita stessa, come lo è questo. Un Match insipido tra stanchi e acciaccati, tra i reduci delle fatiche di coppa e i reduci di infermeria. Una Juve senza attaccanti di ruolo e senza punti di riferimento offensivi, incapace di impensierire Berisha per una partita intera, Con Mandzukic a tenersi su con il nastro isolante e Dybala a sacrificarsi senza avere i novanta minuti nelle gambe.
Una serata che che stava consegnando al Napoli un potenziale vantaggio di sei punti sulla seconda... sì, ok, sempre che gli stessi azzurri fossero riusciti a far loro la partita con la Roma, ma sapete com'è questa gente: si sente lo scudetto sul petto con un solo punto di vantaggio e si dispera con lo stesso stato delle cose, anche se la Juve ha una partita in meno. Una partita che comunque dobbiamo recuperare, quindi teoricamente e praticamente aperta a qualsiasi risultato. Questo detto, perchè anche tra i nostri c'è gente simile: che si sentiva già fuori dai giochi. Che noi se adesso questi dovessero addirittura esaltarsi ora più del dovuto.
E mentre il San Paolo era intento a far la ola, in attesa che il loro gufaggio andasse a segno, un omino stanco, in ombra per una partita intera, si inventa letteralmente il gol vittoria. Resiste persino ad un fallo da rigore di Parolo, quasi sentendo su di se la sua e la nostra paura di un altro eventuale errore dagli undici metri, e la insacca per la gioia nostra e la disperazione di Alvino. A Napoli si passa dalla gioia al dolore in un secondo.
Fortuna, sfortuna, gioia e tristezza, tutto può cambiare in una sera... in un attimo. Strano ricordare come il Karma fino ad ora abbia sempre ripreso o restituito. Ricordando la partita dell'andata, quando invece fummo noi ad essere sfortunati. In una girandola di emozioni (esattamente il contrario della partita di ieri), fatta di pali, traverse, parate miracolose di Berisha e un rigore sbagliato da Dybala, la Lazio espugnò lo Stadium. Ieri lo stesso Dybala, pessimo e non pronto, in campo solo per emergenza si riprende da solo quella vittoria, mentre a Napoli speravano nel loro concittadino Immobile, che all'andata firmo' la doppietta. Perciò quando parlerete della nostra fortuna ricordatevi anche di quello che successe all'andata.
Cosa significa il Calcio! Questo strano sport che è tutto e il contrario di tutto. Che contiene nel suo tifo sia il bene che il male, la genuinità e la violenza. Che narra di chi si esalta tanto per una squadra da considerarla come un fronte di guerra in cui difendere una città, invece che uno sport ed una occasione per vivere opinioni autentiche e pure, senza retro-pensieri. Ma in fondo sto parlando di una mia utopia, in un modo che forse oggi dovrebbe anche riflettere su questo. Oggi che Astori ci lascia e la serie A si ferma, qualcuno dovrebbe davvero iniziare a riflettere sul fatto che la vita vera è quella che si gioca fuori dalla parentesi, ricreativa, di un campo di calcio. E' lì che dobbiamo amare e difendere ciò che amiamo, perché la vita, quella vera, è solo una e va difesa.
Ciao Davide.
Ciao Davide.
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