mercoledì 27 febbraio 2019

10 canzoni dei Talk Talk

Qualche giorno fa se ne è andato Mark Hollis, ex leader dei Talk Talk. Non un semplice cantante e compositore ma un vero e proprio simbolo degli anni 80'. E' proprio a quel decennio infatti che si deve la sua maggior fortuna, un decennio fatto di luci, colori, apparenza sulla sostanza, proprio quello che paradossalmente Hollis mal sopportava, tanto che, fin dalla fine del decennio, dapprima scelse di allontanarsi sempre di più dalla musica che gli aveva dato la notorietà (per abbracciare uno stile molto più etereo e sfuggente) e poi abbandonò progressivamente del tutto le scene. Un musicista sottovalutato forse proprio a causa di questo suo modo di essere, eppure capace in una manciata di album e di canzoni di definire un decennio e ispirare una miriade di gruppi (alcuni impensabili). Noi di Poi Si Risolve vogliamo omaggiato scegliendo quelle che per noi sono le 10 canzoni più belle dei Talk Talk.

Talk Talk.
Tratta dal primo album l'omonima canzone è tutt'altro che epica: è anzi ancora pienamente inserita in quel contesto plasticoso da anni '80. Difficile credere che si tratti dello stesso gruppo che sfornerà in seguito Laughing Stock. Eppure oltre al titolo emblematico ha questo ritornello che ti entra in testa, contagioso.

Dum Dum Girl
A tratti musicalmente ricorda It's my life (non a caso è contenuta nello stesso album) ma risulta più "leggerina". Tuttavia il ritornello, che a tratti ricorda alcune cose degli Human League, porta il tutto su binari più new wave e anche il finale conferma questa sua anima, attraverso un ampio utilizzo di tastieroni in funzione di assolo più che di accompagnamento.

Such a Shame
Scelta obbligata e non può essere altrimenti. Uno dei pezzi più famosi e, soprattutto, più immediatamente riconoscibili degli anni '80. Di facile presa eppure allo stesso tempo cangiante e pieno di piccole scelte musicali che hanno fatto la storia: da quel riff di tastiere nel ritornello (che rivaleggia con quello di The Final Countdown) all'inizio percussionistico quasi tribale, al finale "stoppato", senza dimenticare la voce di Hollis e uno tra i video più divertenti dell'epoca (onnipresente per tutti gli anni '80). Colpo di fulmine per un bambino dell'epoca come me.

Tomorrow Started
Un pezzo che sta tra il pop-prog dei Marillion di Steve Hogarth (all'epoca ancora lontani) e un certo jazz di classe di facile accessibilità. Il cantato di Hollis è dapprima dimesso ma si "apre" durante il ritornello accompagnato da tastiere incombenti che creano un crescendo commovente. Nella seconda parte i fiati arricchiscono il tutto donando al brano una nuova dimensione. L'esempio perfetto del pezzo alla Talk Talk: poche variazioni e note ma una serie di giochi ad incastri tra tastiere, chitarre e  voce (oltre a volte ad altri strumenti) che allontanano il tutto dal pop e dalla banalità.

Renèe
Inizio musicale "a singhiozzo" con un Hollis che più Hollis non si può (una specie di Brian Ferry più malinconico e dalle sfumature vocali più acute), ritornello condotto ancora una volta dalle tastiere mentre il cantato si fa più arioso senza rinunciare a quell'aura di malinconia iniziale. Un pezzo semplice eppure molto affascinante, come molti dei Talk Talk, dolce e jazzato.

Life's What You Make It
Sicuramente tra i pezzi più famosi del gruppo e tra quelli musicalmente più di facile presa. La strofa ,con il classico basso pulsante, conduce ad un crescendo che esplode nel roccioso riff chitarristico (irresistibile) del ritornello. La poca varietà del pezzo non pesa affatto, questi pochi ingredienti sono sufficienti per costruire qualcosa di caratteristico e che si stampa subito intesta e non ne esce più.



It's my life 
Probabilmente il pezzo più famoso (assieme a Sush a Shame) in assoluto del gruppo, generatore perfino di cover anch'esse di buon successo. L'introduzione con suoni che assomigliano ai gabbiani, le tastiere liquide, il videoclip con gli animali contribuiscono a donare al pezzo questa atmosfera esotica. E poi il ritornello è proprio indovinato e memorabile. Forse un po' inflazionata ma imprescindibile.

I Believe In You 
Il gruppo è ormai pienamente immerso nella sua seconda fase più "eterea" eppure sforna questo pezzo che, anche se molto diverso rispetto a quello degli esordi, risulta accessibile. Chitarre liquide fanno da sottofondo ad un cantato "sfuggente" in un pezzo che sta a metà tra quelli dei primi tempi e quelli più spiaccatamente d'atmosfera della seconda fase. Un affascinante ibrido pop-prog che influenzerà più di qualcuno

Living In Another World
Il coro che ripete il titolo nel ritornello si stampa subito in testa fin dal primo ascolto. Ma siamo già lontani dai pezzi pop dei primi album e il gruppo si avvia già verso la seconda fase. Il cantato di Hollis è più dinamico e sfoggia un registro vocale più ampio. Anche il brano musicalmente è più "aggressivo", con chitarre più presenti rispetto ad altri pezzi e insistenti assoli di armonica. Poi c'è pure come ospite un certo Steve Winwood tanto per essere chiari.

I Don't Believe In You
Altro pezzo prettamente pop, che si giova stavolta del contributo di David Rodes (non è un caso che un po' tutto l'album risulti più rifinito ed "adulto", vista anche la mole degli ospiti presenti). La canzone è quasi tutta costruita sulla vocalità di Hollis, con un sottofondo strumentale di classe e chitarre che dipingono scenari malinconici.

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