domenica 2 febbraio 2020

MR ROBOT - quarta e ultima stagione (2019)

Lo avevamo detto fin dalla recensione della prima stagione: "Mr Robot è (potenzialmente) molto più' di quello che il suo battage pubblicitario (che spesso sfocia nel marketing virale) ci mostra". Difatti il primo ciclo di puntate ci avevano fatto presagire fosse una serie tv "piaciona" su una serie di hacker infallibili e ribelli, capaci di mettere il mondo sotto scacco, che si affidava a qualche citazione d'effetto ("Fight Club" e "Ritorno Al Futuro", tra i tanti) e qualche colpo di scena che facesse sensazione. Aggiungiamoci una generale accusa alle multinazionali veicolata attraverso qualche "complottismo" facilmente assimilabile dalla massa e il gioco era fatto. Ma questa era solo la superficie, il cavallo di "trojan" utilizzato per arrivare a più persone possibili prima di mostrare la sua faccia più originale e riuscita.

C'era molto di più

Qualcosa di molto più' complesso e sfaccettato, ma aveva bisogno di tempo per consolidarsi e mostrare la sua vera natura. Non è un caso che fin dalla seconda stagione una buona fetta di pubblico lo ha abbandonato: la serie stava mutando pelle, mostrandosi più' "psicologica", più matura, anche se ancora "imperfetta" (provate però a ripensare "all'autoesilio" del protagonista nella stagione due alla luce di quanto visto nell'ultima puntata della serie, acquisterà un senso totalmente diverso e più coerente). Pur non rinunciando a mostrare come questi smanettoni riuscissero a mettere in ginocchio il mondo intero solo attraverso un computer (molto realistiche comunque, e non è scontato, le sequenze di programmazione e il linguaggio tecnico usato) lasciava sempre intravedere molto altro, tante cose non dette, sotto la superficie che andavano addensandosi nel tempo, col passare delle puntate.

L'ultima stagione e l'ultima puntata ci mostrano come quell'inizio ingenuo, affascinante ma pieno di scene... "meh!", quei colpi di scena continui spesso apparentemente telefonati, facessero tutti parte di un disegno generale pianificato fin dall'inizio. Ci si è arrivati per gradi ma in maniera costante fino a consegnarci alla fine una serie tv non solo riuscita, che si chiude in maniera perfetta (e la cosa accade sempre più raramente) ma una delle migliori serie del decennio appena trascorso.

"A Natale puoi...essere quello che non sei stato mai. E' Natale e a Natale si puó hackerare di piú..."

E' divertente constatare come, dopo aver visto l'ultima stagione sorgano quindi 2 riflessioni:

coloro che avevano abbandonato dopo la prima stagione (o a metà della seconda) si sono persi tanto: una evoluzione perfettamente coerente eppure piena di sorprese. Ma magari a loro interessavano solo gli hacker ribelli e le strizzatine d'occhio ai social... e vabbe', pazienza.
- La quarta stagione riesce a contestualizzare perfettamente pure quei primi episodi, il finale riesce a dar loro un senso e, a posteriori, a giustificare certe ingenuità e sensazioni di banalità che facevano storcere il naso (inutile dire quindi che consigliamo a chi aveva abbandonato la nave per questi motivi di recuperarla). Quel fumo insomma proveniva da un arrosto, un arrosto che però doveva arrivare solo dopo averti fatto immaginare come poteva essere, dopo averne intravisto la sagoma. Quel fumo non era che una delle tante sfaccettature (personalità) della serie, importante ma non quella decisiva. 
Non solo forma insomma ma anche sostanza.

E non che la forma manchi, anzi, è sempre stata in primo piano e lo è fino alla fine (riguardatevi gli ultimi psichedelici minuti finali che rimandano, con i dovuti distinguo, a 2001 Odissea nello spazio), ma anch'essa ha mutato pelle per diventare più matura e affascinante nel corso delle stagioni. Alcuni esempi? Prendete la quarta puntata: una perenne notte di Natale che sta in mezzo tra "Una Poltrona Per Due" (nella prima stagione probabilmente ci si sarebbe limitati a questa citazione) ed un inquietante thriller psicologico. La puntata successiva? Totalmente muta o quasi: le uniche due frasi (antitetiche) vengono pronunciate nelle prime e nelle ultime scene della puntata. Vogliamo parlare della settima puntata? Girata in 5 atti come un dramma shakespeariano (e visti i risvolti di trama ci sta) e ambientata quasi tutta in una sola stanza. Il bello è che tutto questo era sempre perfettamente funzionale alla trama e mai fatto solo per "far scena" (e ce ne sono di registi e autori che per mascherare una mancanza di idee a livello di sceneggiatura utilizzano quanti più effettivi visivi e tecnici possibili per distogliere lo sguardo da quella). C'era un'anima dietro.

We are family, I got all my personalities with me, we are family, get all everybody and see

Messe da parte poi nel finale tutte le questioni "politico-complottistiche" la serie si concentra sulla sua natura più  intimista quella più' emozionante, quella che ha per oggetto Elliott e le sue personalità. Qui veniva la parte più difficile, quella che, se cannata, avrebbe fatto crollare tutta l'impalcatura.
In un ennesimo coupe de theater, Ismail ci guida in una doppia puntata finale onirica e filosofica che come al solito si diverte a giocare con le aspettative dello spettatore fino ad un ennesimo colpo di scena (non quello tutto sommato possibile ma banale che molti avevano immaginato), ma non lo prende mai in giro, non è mai sleale con lo stesso (resteranno dei punti oscuri, certo, ma il tutto sarà coerente con quanto visto dalla prima puntata e perfettamente ricollegabile). Tutto quanto visto è servito ad uno scopo, ad una destinazione finale: Elliot.
Elliot non riesce ad accettare la sua vera natura, non riesce a vedere il suo vero sé stesso per tanto tempo, per anni si e' nascosto dietro personaggi fittizi che lo aiutavano a dargli uno scopo, ad aiutarlo, a fargli dimenticare i suoi traumi. Ma chi era il vero Elliott? Quando ha smesso di esserlo? Dove era stato sepolto? 
L'ultima puntata ci mostra questo definitivo percorso di autoaccettazione, suo e nostro, un rito collettivo che coinvolge tutti e ci accomuna al protagonista. Anch'egli alla fine, come noi, è stato uno spettatore, fin dalle prime puntate, uno spettatore che assisteva all'ascesa di un hacker che voleva cambiare il mondo e combattere le ingiustizie, trasformare la rabbia in qualcosa di estremamente positivo, convogliare i traumi in una figura in grado di fare la differenza. Una personalità anarchica, solitaria, non disposta a stare in secondo piano e in grado di votare tutta la sua esistenza alla causa, sacrificando tutti gli affetti. Ma non importa se siamo eroi, persone problematiche, passeggeri destinati a lasciare solo una piccola traccia nel mondo, tutti in modo diverso siamo stati in qualche modo importanti. Così come l'hacker era solo una parte di Elliotallo stesso modo ogni telespettatore è stato solo una piccola parte del telefilm. Una parte importante e decisiva ma pur sempre una parte, anche quello che ha abbandonato dopo poco. Uno su milioni ma per i produttori e il regista ha fatto a suo modo la differenza, ha contribuito a rendere Mr Robot quello che è stato. Ora che il telefilm è finito anche quel singolo telespettatore, quella singola personalità, può abbandonare Elliot, lasciarlo andare per la sua strada e continuare la sua vita, spostandosi verso altri telefilm e altre esperienze

A volte si può cambiare il mondo anche solo essendo se stessi.

PRO

- Tutto quanto seminato nelle precedenti stagioni produce un raccolto ricco ed eccellente
- Alcune puntate visivamente e simbolicamente strepitose
- Il colpo di scena finale è non solo coerente ma dona nuova luce anche ad alcune scelte apparentemente discutibili delle prime puntate

CONTRO

- Alcuni personaggi forse non vengono approfonditi come avrebbero meritato (Tyrell)
- Resta qualche piccolo punto oscuro
- ...

Voto alla stagione 9--
Voto alla serie 8,5

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