sabato 4 dicembre 2021

The Stand - serie TV (2021)


Tra tutti i libri di Stephen King, l'Ombra dello Scorpione (The Stand in originale) è probabilmente quello più complesso e difficilmente assimilabile. E' un romanzo massiccio (nella versione definitiva arriva circa alle 1200 pagine), epico, dal ritmo altalenante ma dalla grande forza descrittiva, che narra di una serie di sopravvissuti ad un'epidemia mortale che ha reso il mondo un deserto post-apocalittico. Ma è anche un fantasy che cita esplicitamente il Signore degli Anelli, un romanzo mistico soprannaturale e un racconto di formazione. Un ipotetico minestrone che invece di confondere avvince, convince, amalgamando tutti questi elementi apparentemente distanti tra loro grazie alla capacitá innata dello scrittore di immergerci nelle atmosfere e di farci appassionare ai personaggi, come di consueto costruiti con cura certosina. Non è insomma la trama (pur se godibilissima) il fulcro del romanzo, ma i personaggi e la loro evoluzione, le loro scelte, il loro schierarsi e battersi per una propria idea di mondo (il titolo originale è emblematico).

Cercare di tirarci fuori una serie TV insomma è opera complessa e soggetta a grossi rischi, soprattutto se scegli di metterci del tuo (ne uscì una trasposizione giá negli anni 90' piuttosto fedele ma anche piuttosto didascalica). Per quale motivo allora recuperare quel romanzo e trasporlo nel 2021? Se ne sentiva davvero il bisogno? Cosa è cambiato dagli anni novanta? Beh, da un paio di anni qualcosina è cambiata, qualcosa che conosciamo molto bene e che ha a che fare perfettamente col romanzo: una pandemia globale che ha cambiato totalmente il mondo come lo conoscevamo. Per fortuna gli effetti non sono stati esattamente gli stessi, ma è indubbio che molte delle intuizioni di King (fosse anche per coincidenza) si siano tristemente avverate. 
Sotto questo aspetto quindi un telefilm su L'ombra dello Scorpione oggi ha perfettamente senso, se non altro ci dá modo di scoprire quella perla, di riscoprirla, di assistere a qualcosa di rimaneggiato ed attualizzato. Peccato che, tolto lo spunto di partenza, sia quasi tutto il resto a non funzionare in questa serie TV, a cominciare dalle sue stesse fondamenta.


"Sicura che in questa serie non ci sono zombie?"


Si è detto della capacitá dei libri di King di avvincere lo spettatore grazie alla caratterizzazione dei personaggi e all'atmosfera. The Stand (il romanzo) era un lungo viaggio nella psiche umana, alla ricerca dell'essenza della vita e un'analisi profonda sui concetti di bene e male. La trama non era il fulcro dell'esperienza, lo erano i protagonisti della stessa e la loro crescita, la loro maturazione (in meglio o in peggio). Eri lì insomma a temere che un determinato personaggio facesse quella tale scelta e immaginavi come ci sarebbe arrivato. L'intera impalcatura era costruita sul senso di attesa, su una tragedia incombente, su un crescendo che conduce ad un epico scontro finale.

In questa serie invece si sceglie di abbandonare tutto questo fin dal principio, lasciandosi andare ad un costante e fastidioso utilizzo di flashback e flashforward per dipingere eventi e situazioni.
Appena ti imbatti in tale personaggio e cominci a conoscerlo ecco che ti schiaffano 2 secondi dopo una scena nella quale si è giá fidanzato con quell'altro personaggio (chi se ne frega di come ci si arriva e di cosa questo innesca).
Harold è un tipo "strano?" In barba a qualsiasi evoluzione o progressione (nel libro era una importantissima figura di raccordo tra le due fazioni e i due modi di pensare) te lo mostriamo in una scena successiva come il cattivo fatto e finito.
Nick? Chi è Nick? Ah, si, il sordomuto, facciamolo comparire in 2/3 scene contate, sicuramente la gente si appassionerá alle sue vicende. E' sordomuto no? Cosa altro serve?
Pattumiera, quello che è una specie di Gollum nel romanzo originale, figura fondamentale e tragicamente decisiva, te lo schiaffiamo in un paio di scene solo per farti vedere quanto è pazzo e naturalmente nella scena clou. Poi? Basta. Eh però dice "La mia vita per te" in quasi tutte le battute, ah allora lo spirito del libro di King è salvo.
Tralascio poi le figure leggermente "minori" (ma importanti per l'evoluzione dei protagonisti), quelli sono relegati ad una frase qua e lá.


"Voi mi direte, per quale motivo questo Stu dovrebbe essere il nostro leader? Cosa rende uno Stu qualsiasi una persona degna di considerazione? Il fatto che sono Texano"


Come si spera insomma ci si possa appassionare a determinati personaggi se li vediamo continuamente (e fin dalle prime puntate) sballottati avanti e indietro, in momenti diversi, apparentemente senza motivo? 
Dov'è la loro battaglia interiore, dove sono i loro sensi di colpa per ciò che hanno fatto o dovranno fare, dov'è il loro percorso?

Larry ad esempio nel romanzo aveva un ruolo molto importante e a lui era dedicata una grandissima parte del libro, era il personaggio che cambiava più di tutti nel corso della storia, evolveva, lasciava qualcosa al lettore. Qui passa semplicemente, in due secondi netti, da cantante sbandato e drogato ad un buono che si fa in quattro per aiutare la comunitá di Madre Abigail. Stop. A parte un paio di scene sul suo passato, assolutamente non esaustive, il nulla.
Tutto è insomma troppo semplificato, banalizzato, privo di fascino e di una costruzione adeguata. Viene meno tutto il senso di scoperta ed immedesimazione dello spettatore, che resta lì a guardare delle pedine piazzate fin dal principio ed incasellate in un certo ruolo. Perchè sono lì, come ci sono arrivate? Chi sono realmente? Due flashback e passa la paura. Mah.

Ne esce ridimensionata quindi pure la figura di Flagg, il villain del romanzo, lì presenza oscura che lentamente si insinua prima nelle menti e poi nelle vite dei personaggi. Figura indistinta, ambigua, non facilmente identificabile, qui (anche se ben interpretato) finisce per essere il classico cattivo da telefilm, che guida un manipolo di disadattati, criminali, reietti, destinato a fare una brutta fine e ad essere disconosciuto dai suo stessi adepti. Un po' meglio va, come caratterizzazione, con Nadine, se non altro si rendono meglio le sue diverse sfaccettature e la sua evoluzione. Ma la sostanza resta quella. 
Forse non è un caso che il personaggio più "simpatico", più riuscito e immediatamente inquadrabile sia quello di Tom Cullen, l'"handicapace" come si definisce lui. Tom è così come lo vediamo, non ha secondi fini, non ha ripensamenti o scheletri nell'armadio, non ha bisogno di un background elaborato, si affida solo all'interpretazione dell'attore che deve impersonarlo e grazie alla bravura e all'imponente presenza di Brad William Henke porta a casa il compito in scioltezza. 


"Seguimi e ti mostrerò un luogo meraviglioso, dove ci divertiremo un mondo: New Vegas. Ho rimediato una vecchia PlayStation semifunzionante, ci facciamo una partitina"


Il problema di questa trasposizione quindi è proprio concettuale, è il suo sradicare totalmente ciò che rendeva il romanzo quello che era e sostituirlo con un apatico saliscendi. Non è quindi nell'impossibilitá di mostrare tutto, di raccontare ogni evento del romanzo, quello sarebbe stato impossibile. La miniserie degli anni 90' fondeva due personaggi che non c'entravano nulla in una sola persona, per pura necessitá di minutaggio, figuriamoci.
Eppure anche sotto quel punto di vista questo The Stand opera scelte molto discutibili. E' comprensibile il voler rimaneggiare la trama, spostare qualcosa, perfino tagliuzzare o eliminare del tutto alcuni eventi, ma un conto è se lo fai per semplice spirito di sintesi, altro conto è se sacrifichi tutto questo per aggiungere cose superflue di sana pianta. Cosa pensare insomma dell'ultima puntata, oltre che anticlimatica, pure un po' noiosetta, fatta di scene "nuove" ma che non aggiungono nulla di rilevante (sia dal punto di vista emotivo che della trama)? Poco importa il fatto che l'abbia scritta King stesso. Non era meglio tenersi qualcosa dal romanzo originale ma più significativo? C'erano decine di cose tra cui scegliere. 

The Stand non è però una brutta serie, una di quelle che ti fa vergognare di averla guardata. Non è mal recitata, non ha punte di trash che ti fanno storcere il naso. Ha pure 2/3 discrete scene ad effetto. Perchè allora è deludente? Perchè non funziona: non aggiunge nulla e anzi banalizza all'estremo la fonte d'origine. Ne risulta un prodotto dalla struttura pericolante, mal ideata, che crea un effetto straniante e azzera l'empatia dello spettatore (sia i fan del romanzo che i nuovi arrivati) nei confronti dei personaggi. Non una bocciatura su tutti i fronti ma, pur con la consueta difficoltà nel trasporre le opere di King, era lecito attendersi molto molto di più.

PRO

- Tom Cullen
- L'immaginario di New Vegas funziona
- Alcune scene del romanzo ben riprodotte.

CONTRO

- Struttura della serie mal ideata e irritante
- Personaggi mal gestiti e sacrificati totalmente nel minutaggio
- Puntata finale superflua e irrilevante

Voto 6

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