martedì 1 marzo 2022

Lupin -serie TV - prima e seconda parte (2021)


Chiunque sia cresciuto con i cartoni animati giapponesi leggendo il nome Lupin non può non associarlo immediatamente alle vicende del simpatico ladro nipponico. Colui che che, assieme ai fidati Jigen e Goemon, grazie alla sua astuzia e ai suoi travestimenti era in grado di rubare qualsiasi cosa (facendo del frattempo impazzire l'ispettore Zenigata) salvo quasi sempre rimanere con un pugno di mosche per i motivi più bislacchi.
Naturalmente però non si trattava del vero Lupin, il Lupin originale, ma di un suo emulo: da qui l'aggiunta del 3 di fianco al nome, visto che si trattava di suo nipote. Il nonno naturalmente era nientepopodimenochè Arsène Lupin, il ladro gentiluomo, protagonista dei romanzi di Maurice Leblanc e, altrettanto naturalmente, non era giapponese ma francese.

"Vuoi essere la mia Fujiko?"


Non può che far sorridere quindi il modo piuttosto ridicolo col quale è stata accolta la serie Lupin, uscita su Netflix, da coloro che non conoscevano la fonte di ispirazione o non sapevano nulla di ciò che ci avrebbe mostrato. Se qui da noi ci si è limitati a qualche "ma dov'è Zenigata?" e cose di questo tipo, tra gli spettatori d'oltralpe (dove quei romanzi sono decisamente più conosciuti) molti si sono avventurati direttamente in poco simpatici commenti sul colore della pelle del protagonista. "Ma è nero? Abbasso il politically correct che tutto rovina". Beh, peccato che bastava guardare anche solo mezza puntata della serie TV per scoprire che, esattamente come il personaggio dell'anime giapponese, non si trattava proprio di quel Lupin, magari "aggiornato" ai giorni nostri, ma di un suo "imitatore"

Assane Diop non ha infatti nessuna parentela con il ladro gentiluomo descritto da Leblanc ma è solo un suo grandissimo fan, un uomo che è rimasto affascinato da quella figura fin dall'adolescenza, quando suo padre gli regalò uno di quei romanzi. La tragica morte del genitore, vittima di un complotto, lasciò Assane solo e con una serie di domande insolute, domande che cominceranno a trovare delle risposte proprio grazie ad alcuni indizi nascosti nel libro regalatogli anni prima dal padre. Da lì partirá la sua vendetta, una vendetta nella quale troveranno spazio furti pirotecnici, fughe in grande stile, travestimenti improbabili e strane alleanze.


"Sono un ladro, ma gentiluomo. Gli ho fregato lo smartphone ma gli ho lasciato un biglietto con l'indirizzo di un negozio di elettronica, così può comprarsene un altro"


La serie si diverte molto a giocare con le citazioni e i rimandi, utilizzando la fonte originaria solo come spunto per mostrarci le peripezie di un ladro molto simpatico e abile nel travestimento. Omar Sy ci offre un'interpretazione divertita e puntuale, forse più a suo agio nelle parti più leggere che in quelle drammatiche (dove la sua fisicità imponente e la sua recitazione non sempre gli risultano congeniali). Per fortuna le prime sono decisamente preponderanti sulle seconde. La serie quasi sempre sceglie il registro brillante pur non facendoci mancare qualche sequenza commovente.

La sceneggiatura asseconda il protagonista, scegliendo sempre di far prevalere il ritmo sulla plausibilità, concedendosi perfino qualche superficialità ai limiti del blooper (con personaggi che si trovano in un posto e immediatamente dopo in un altro a chilometri di distanza). Ci si affida molto spesso ai classici colpi di scena appartenenti al genere, che appaiono poco originali ma perfettamente inseriti nel contesto e che sono un po' la cifra stilistica di qualsiasi heist movie. Questi momenti si alternano ad un massiccio uso di flashback che ci mostrano il passato del protagonista, ci aiutano a capire il suo percorso e spesso ci rivelano poco alla volta il suo piano finale. Non sono quindi inseriti, come spesso accade in molte serie TV, come approfondimento spesso superfluo o come riempitivo, ma sono anzi fondamentali per capire l'evolversi delle vicende e sono sempre profondamente intrecciati con gli eventi del presente.


"La libertà è il bene più prezioso dell'uomo, ma per te Lupin la libertà è finita. E ora non mi puoi più sfuggire, quanto è vero che mi chiamo Zenig...hem...Guedira"


Ne escono purtroppo un po' sacrificate le figure di contorno, che agiscono solo in funzione del carismatico protagonista, ma era piuttosto prevedibile che fosse così. Lupin è un po' il centro di tutte le vicende, sempre e comunque ed è naturale che il suo spazio fosse preponderante su tutto il resto.

Tutto sommato ci troviamo quindi di fronte ad un prodotto di puro disimpegno. Divertente, godibile, mai pesante ma neppure mai troppo ingenuo. Una serie che non dice nulla di nuovo ma che attualizza e rimescola il passato aggiungendo qualcosa di suo (la critica al razzismo, l'accusa verso certe figure legate al potere) ad un personaggio letterario sempre affascinante. E va bene così.

PRO

- Il carismatico protagonista
- I piani architettati da Lupin sono ingegnosi e appassionano
- I flashback sono fondamentali e non mero riempitivo

CONTRO

- La trama a volte si fa un po' troppo implausibile, pure per gli standard del genere
- Omar Sy è bravissimo ma forse nelle parti drammatiche non da il suo meglio
- Personaggi secondari piuttosto sfumati

Voto 7,5

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